Spending review: OK dal Senato, ma nel Pdl aumentano i frondisti. Preoccupazione dell’industria ICT

di Raffaella Natale |

Stefano Parisi (Confindustria Digitale): ‘Si rischia che le resistenze delle burocrazie e le logiche di parte frammentino l’azione riformatrice’.

Italia


Mario Monti

Passa in Senato il decreto legge sulla spending review, sul quale il governo ha posto il voto di fiducia. Il maxiemendamento, che contiene le modifiche al decreto approvato in Commissione e il contenuto del dl sulle dismissioni del patrimonio pubblico, è passato con 217 voti favorevoli, 40 contrari (Idv e Lega) e 4 astenuti. Il testo ora passa alla Camera, per essere convertito in legge giovedì o venerdì.

 

La prima fase operativa della spending review assicura allo Stato risparmi di poco superiori a 4 miliardi di euro nel 2012, a 10 miliardi nel 2013 e a 11 miliardi nel 2013. Con le risorse raccolte, il governo rinvia al secondo semestre del prossimo anno l’aumento delle aliquote Iva previsto per il prossimo mese di ottobre, assicura il pensionamento anticipato ad altri 55 mila esodati, finanzia spese “indifferibili” per oltre 2 miliardi nel prossimo anno e destina 1 miliardo sia nel 2013 sia nel 2014 alle zone terremotate di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.

 

Tra le modifiche di rilievo introdotte dal Senato, la facoltà per le regioni di aumentare dal 2013 all’1,1% dall’attuale 0,5% l’addizionale Irpef. Ma anche nuove regole sulle prescrizioni di farmaci generici e il tetto per gli stipendi dei manager delle società non quotate partecipate dallo Stato.

 

Per il segretario nazionale della FIMMG, Giacomo Milillo, “Il nuovo provvedimento sulla prescrizione dei farmaci bloccherà totalmente il Sistema della ricetta online“.

“Dopo tanti ritardi e difficoltà di applicazione in molte realtà – ha spiegato – bisognerà ripartire da zero in quanto i Sistemi di Accoglienza Regionali (SAR) e Centrale (SAC) sono destinati a ‘saltare’. Così com’è attualmente impostata, infatti, la ricetta elettronica non prevede l’inserimento del principio attivo, ma esclusivamente del farmaco. Dunque, oltre al danno la beffa”.

 

Il capitolo dismissioni prevede la cessione alla Cassa depositi e prestiti delle società a controllo pubblico Sace, Fintecna e Simest. Poiché Cdp è fuori dal perimetro della pubblica amministrazione, l’operazione porterà entro il 2012 a ridurre il debito pubblico di circa 10 miliardi.

 

Il testo elimina anche il meccanismo automatico, per la messa in liquidazione o privatizzazione delle società in house, comprese quelle Ict.

 

Stamani il premier Mario Monti, in partenza per Parigi dove incontrerà François Hollande, in un’intervista radiofonica ha parlato di spending review, spiegando che “ha l’inconveniente di venire in inglese come terminologia, ma ha un grande significato”.

Nella strategia di risanamento “siamo molto, molto avanti nel fare ciò che ci eravamo ripromessi”.

Per Monti non si parla, infatti, di una manovra di tagli lineari ‘fatti in modo cieco’.  Il presidente del Consiglio rivendica al governo di aver compiuto “un’analisi di dettaglio, fatta dal commissario straordinario Bondi che ha evidenziato grandi differenze di costi dalle singole amministrazioni pubbliche per l’acquisto degli stessi prodotti e quindi si sono potuti identificare gli eccessi di spesa non giustificati dalla qualità del servizio ma solo, in molti casi, dalla insufficiente attenzione ai costi”.

 

Intanto si allarga la fila, nel Pdl, di quanti annunciano voto contrario o astensione sul provvedimento della spending review. Ieri era stato, tra gli altri, il senatore Francesco Bevilacqua ad annunciare l’astensione, in dissenso contro il gruppo parlamentare. Oggi sono stati Dorina Bianchi (per lei voto contrario), Domenico Gramazio (che non voterà per gli ulteriori tagli che il provvedimento comporterebbe per la sanità del Lazio), Marcello Pera e Antonio D’Alì ad annunciare l’astensione dal voto di fiducia. No anche da Giacinto Boldrini, Antonino Caruso, Carlo Giovanardi e Filippo Saltamartini.

 

In una nota dedicata alla spending review, il Presidente di Confindustria Digitale, Stefano Parisi, ha espresso la preoccupazione dell’industria Ict di fronte al pericolo che “la fretta, le resistenze delle burocrazie e le logiche di parte frammentino l’azione riformatrice, producendo un quadro normativo contradditorio, limitante la libertà d’impresa e, in ultima analisi, incapace di un produrre efficienza, modernizzazione e risparmi effettivi nella macchina pubblica.

 

Parisi parla di risparmi per circa 7,5 miliardi di euro all’anno che si potrebbero realizzare con la digitalizzazione dei servizi della PA. La riduzione dei costi dell’amministrazione pubblica, spiega Parisi, “non si ottiene con il massimo ribasso, ma procedendo alla digitalizzazione ‘end to end’ dei servizi, alla razionalizzazione e interoperabilità delle banche dati fino all’erogazione dei servizi al cittadino e alle imprese via web”.

 

“Questo processo permette di ridurre gli sprechi e le inefficienze in modo strutturale, generando significativi risparmi di spesa che, secondo le nostre stime, possono essere di almeno  2 punti di Pil, pari ad oltre 30 miliardi di euro in quattro anni.”

 

Per raggiungere questi obiettivi, ha sottolineato Parisi, “è necessario un quadro normativo trasparente  che porti alla qualificazione della domanda pubblica, basato sulla logica di valutazione economica dei costi/benefici e non certo su meccanismi di massimo ribasso o di discriminazioni normative che penalizzano la competitività e la vivacità del mercato dell’innovazione tecnologica, mentre tendono a perpetuare una domanda pubblica opaca e squalificata”.