Key4biz

M&A: da News Corp a TI Media, ecco come potrebbe cambiare il mercato audiovisivo

Italia


Mercato mondiale dei media in pieno fermento. Con lo spin-off annunciato da Rupert Murdoch della News Corp, che ha diviso le attività Entertainment da quelle delle Editoriali, si aprono nuovi scenari.

Per Milano Finanza, “in un momento di crisi globale, di forte modernizzazione dei mezzi e di contrazione degli investimenti pubblicitari, almeno nei mercati più maturi dell’Europa, ci potrebbero essere grandi opportunità”.

 

E così, dopo la concentrazione alla quale si è assistito in Spagna con Telecinco, che ha comprato Cuatro dando vita a Mediaset Espana e Antena3, partecipata dalla De Agostini, che ha inglobato La Sexta, uno dei mercati più interessanti sul fronte del M&A si potrebbe rivelare l’Italia dove Telecom Italia ha deciso di smembrare TI Media e mettere in vendita La7 e i tre multiplex de digitale terrestre, per i quali potrebbe prospettarsi sia una vendita che una joint-venture.

 

L’emittente, grazie al rinnovo del palinsesto, sta viaggiando a uno share del 3,9% (dato Auditel di maggio), ma dal 2008 al 2011 ha perso in totale 263 milioni e quest’anno rischia di chiudere con un rosso vicino ai 60 milioni. 



 

Sul destino di La7 da mesi ormai si rincorrono le voci sui mercati finanziari. Secondo diversi analisti, potrebbe finire in mano a gruppi stranieri.

Tra i broadcaster esteri che hanno manifestato un certo interesse per l’emittente ci sono, come già anticipato, la tv del Qatar, Al-Jazeera, vicina a Tarak ben Ammar (l’uomo d’affari franco-tunisino che gode di ottime relazioni nel mondo televisivo italiano ed è anche presente nel Cda di Telecom Italia), e l’americana Discovery Channel, controllata da Liberty Media di John Malone.

 

Sky, che pur ha chiesto i dossier agli advisor Mediobanca e Citigroup, ha fatto sapere che la News Corp non è interessata all’acquisto.

 

Per Discovery Channel, l’acquisto di La7 significherebbe un consolidamento della presenza in Italia, dove tra canali digitali e satellitari ha superato il 2% di share, per la tv del Qatar, da qualche anno partita ‘alla conquista d’Europa’, si tratterebbe di una pedina in più.  

 

Intanto venerdì scorso, il Cda di TI Media ha esaminato l’evoluzione del percorso di trasformazione organizzativa e societaria del gruppo, assumendo alcune decisioni di riassetto dell’organizzazione direzionale e della governance aziendale.

Al fine di garantire il miglior presidio della gestione e razionalizzazione delle attività del gruppo, Giovanni Stella ha ritenuto di rinunciare alle cariche di vicepresidente esecutivo e amministratore delegato del gruppo, mantenendo la carica di consigliere e rendendosi disponibile a focalizzarsi in particolare sulla gestione delle attività televisive anche al fine di valorizzare incrementalmente questo asset.

 

Alla luce della decisione di Stella è stata rivista la struttura delle deleghe; conseguentemente, il Cda ha attribuito al presidente Severino Salvemini la responsabilità della gestione strategica e del governo complessivo del gruppo TI Media, nonché la gestione delle operazioni straordinarie e la definizione – in esecuzione degli indirizzi stabiliti dal Cda – del sistema di controllo interno; al consigliere Giovanni Stella la responsabilità della gestione operativa delle attività televisive del gruppo; al direttore generale Marco Ghigliani la responsabilità di assicurare l’esecuzione degli indirizzi strategici del gruppo, le attività di indirizzo e controllo complessivo nei confronti delle aree di business e delle società controllate, la gestione e il coordinamento dell’operatore di rete e delle attività trasversali di supporto.

 

Tornando alla News Corp, la decisione di Murdoch in realtà testimonia l’incapacità degli asset editoriali di tenere il passo con la crescita delle attività di audiovisivo ed entertainment.

Il magnate ha indicato che intende dividere le attività in due società distinte e quotate separatamente: Tv e cinema che generano quasi 23 miliardi di entrate ed Editoria che pesa solo 8,8 miliardi di dollari.

 

L’asset dell’Editoria vanta alcuni tra i nomi più prestigiosi del mondo (Wall Street Journal, Times of London, Dow Jones, etc.), ma questo settore soffre da diversi anni della disaffezione verso la carta stampata. A questo bisogna poi aggiungere lo scoppio del caso delle intercettazioni telefoniche, che ha portato un anno fa alla chiusura del tabloid britannico News of the World.

 

Se l’attività editoriale non rappresenta che un quarto delle entrate del gruppo, gli analisti non gli attribuiscono che il 7% del totale del suo valore, a causa della debole crescita e dell’andamento negativo per il settore.

 

“La soluzione per l’editoria è solo una, il digitale”, ha detto Murdoch agli analisti in occasione dell’annuncio dello spin-off.

“La gente è disposta a pagare per l’informazione e oggi è la materia che ha più valore. Il mondo è sempre più complesso – ha detto il magnate – e la gente ha bisogno di sapere cosa succede”.

 

Il piano di scorporo è stato giudicato favorevolmente dal mercato. Secondo gli analisti, infatti, la società Entertainment, una volta tagliati i ponti con quella dei quotidiani al centro dello scandalo intercettazioni, potrà riprovare ad acquistare la quota di BSkyB non ancora in possesso di News Corp.

Exit mobile version