Relazione Antitrust: Area Media. Per il Garante, ‘Non è sufficiente semplificare, se poi ci sono soggetti economici che bloccano la concorrenza’

di Raffaella Natale |

Il presidente Giovanni Pitruzzella ha sottolineato l’importanza di una severa e rigorosa politica sanzionatoria che funga da deterrente.

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Dal tunnel si può uscire, ma occorre il coraggio di innovare per ricostituire, su basi e regole nuove, l’equilibrio tra democrazia, mercato e coesione sociale oggi messo in pericolo“.

Ha parlato di crisi economica e sociale, il presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato Giovanni Pitruzzella, presentando la Relazione annuale.

Per l’Antitrust, diventano sempre più rilevanti gli strumenti per lo sviluppo e “le politiche della concorrenza assumono, di conseguenza, il ruolo di uno dei principali motori della crescita, come ripete in ogni occasione il Commissario Ue Joaquin Almunia”.

 

Bisogna poi creare, ha sottolineato, un contesto istituzionale e normativo complessivamente favorevole all’iniziativa economica e al mercato e a questo servono le cosiddette “riforme strutturali”, atte anche a garantire la competitività dell’economia reale.

L’Italia, in particolare, secondo il Global Competitiviness Report 2010 – 2011 del World Economic Forum, in una graduatoria di 139 Paesi, è collocata solamente al 48° posto (mentre la Germania è al 5°).

Pitruzzella ha detto senza mezzi termini che “Non è sufficiente semplificare, liberalizzare, introdurre Autorità di regolazione settoriale se poi, in concreto, ci sono comportamenti dei soggetti economici che bloccano la concorrenza, impediscono l’apertura dei mercati, attraverso cartelli e abusi di posizione dominante”.

 

Il presidente dell’Antitrust sottolinea, quindi, l’importanza di una severa e rigorosa politica sanzionatoria, specie perché le multe fungono da deterrente.

Nel periodo gennaio 2011 – maggio 2012, l’Autorità ha concluso nove procedimenti in materia di intese, quattordici in materia di abusi di posizione dominante e sette in materia di concentrazioni, comminando sanzioni complessive per oltre 160 milioni di euro.

 

Per quanto riguarda la definizione degli obblighi dei titolari dei diritti d’uso delle radiofrequenze destinate alla diffusione di servizi di media audiovisivi, nel marzo 2011, l’Autorità ha inviato una segnalazione al Ministro dello Sviluppo economico e al Presidente dell’Agcom, in merito alle iniziative regolamentari previste dalla Legge di stabilità 2011.

Ai sensi di tale norma, il MiSE e l’Agcom dovevano stabilire “gli ulteriori obblighi dei titolari dei diritti d’uso delle radiofrequenze destinate alla diffusione di servizi di media audiovisivi, ai fini di un uso più efficiente dello spettro e della valorizzazione e promozione delle culture regionali o locali”.

L’Autorità, in coerenza con l’obiettivo comunitario di garantire la massima flessibilità dello spettro radio, e richiamando quanto già previsto in proposito da alcune disposizioni dell’Allegato A alla delibera n. 435/01/CONS dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni recante “Regolamento relativo alla radiodiffusione terrestre”, ha sottolineato come la definizione di tali ulteriori obblighi dovesse avvenire in modo da non compromettere la possibilità per gli operatori di rete attivi in ambito locale di fornire servizi di trasmissione e diffusione anche ad emittenti nazionali.

 

L’Autorità ha, infatti, valutato che tale possibilità appariva idonea a promuovere la concorrenza nel mercato dei servizi televisivi e in quello a valle della raccolta pubblicitaria e della fornitura di servizi televisivi a pagamento, garantendo, al contempo, l’impiego efficiente delle risorse frequenziali assegnate agli operatore locali, e a questi ultimi la possibilità di ottenere risorse economiche per supportare l’offerta di contenuti a carattere regionale e locale.

 

Nel 2011, l’Antitrust s’è occupata anche delle alternazioni del meccanismo del televoto, valutando il comportamento della Rai e RTI.

Il meccanismo, oltre ad essere finalizzato a stimolare una maggiore partecipazione dei telespettatori alle trasmissioni televisive, è un servizio a pagamento con il quale le emittenti televisive realizzano significativi margini di profitto. In tale contesto l’Autorità ha valutato il comportamento delle due principali emittenti televisive nazionali in occasione di due programmi televisivi molti popolari e con grande seguito di pubblico.

Dalle evidenze acquisite nel corso del procedimento Rai, è risultato che, fin dall’edizione 2010 del Festival di Sanremo, sussistesse il rischio di un utilizzo improprio del meccanismo del televoto, derivante dalla possibilità di invii massivi di voti da parte di operatori specializzati, finalizzati a – o comunque suscettibili di – alterare gli esiti della competizione canora. Il meccanismo del televoto, infatti, così come predisposto, non prevedeva alcun filtro al fine di ostacolare l’intervento di soggetti professionali diversi dai semplici telespettatori. L’unica misura adottata da Rai è stata quella di ridurre a 5 il numero di voti esercitabili per ogni “sessione di voto” da una medesima utenza, in occasione del Festival di Sanremo. Peraltro, come emerso dall’istruttoria, per il voto espresso via SMS anche attraverso SIM anonime collegate in rete tramite computer, era comunque possibile inviare un numero considerevole di voti non controllabili in tempi brevi. Rai, consapevole di tale situazione, avrebbe dovuto portare a conoscenza del pubblico la possibilità di utilizzi abusivi del televoto da parte di call center o di operatori professionisti. Lo spettatore, infatti, partecipa al televoto, pagando il relativo corrispettivo, in quanto nutre la ragionevole aspettativa di poter in qualche modo influire sul risultato della gara che sta seguendo.

Un professionista televisivo che decide di utilizzare il televoto senza poter fornire la garanzia che il risultato finale non sarà soggetto a potenziali alterazioni, dovrebbe quanto meno informare l’acquirente del servizio (il semplice telespettatore) di tale “lacuna” del sistema, al fine di consentirgli di determinare in maniera pienamente consapevole il proprio comportamento economico (nel caso di specie, il pagamento degli oneri per partecipare al televoto).

 

Il comportamento di Rai è stato ritenuto scorretto dall’Autorità, ai sensi degli articoli 20, comma 2 e 22 del Codice del consumo. Per tale violazione, alla società è stata comminata una sanzione pari a 50 mila euro. Anche la società RTI è stata sanzionata con un importo di 60 mila euro per un analogo comportamento adottato in occasione del televoto utilizzato nella trasmissione televisiva Grande Fratello.

 

 

Diversi procedimenti hanno interessato, nel 2011, il settore della Pay-Tv in merito ai comportamenti tenuti dalle società televisive nella gestione delle richieste di cessazione del servizio e, in particolare, nella frapposizione di ostacoli non contrattuali all’esercizio del diritto di recesso.

Nell’ambito di un procedimento avente come parte l’operatore RTI (Mediaset Premium), destinatario di una sanzione pari a 200 mila euro, l’Autorità ha rilevato notevoli difficoltà riscontrate da numerosi clienti al momento di disattivare i servizi. Gli utenti non riuscivano ad avere informazioni precise sulle procedure di cessazione del servizio televisivo; RTI adottava inoltre comportamenti dilatori se la richiesta del cliente era ritenuta “non conforme”, non attivando alcuna iniziativa per informare i consumatori dell’esigenza di integrare/regolarizzare le comunicazioni di recesso; né il professionista aveva assunto iniziative idonee a interrompere o sospendere, in questi casi, il processo di fatturazione.

 

Gli errori interpretativi e l’intempestiva gestione delle richieste hanno di fatto ostacolato l’esercizio, da parte degli utenti, della facoltà di recedere dal rapporto commerciale con il professionista, vincolando i consumatori, contro la loro volontà, ben oltre i termini (30 giorni) contrattualmente previsti per l’effettiva disattivazione del servizio. La condotta di RTI ha, inoltre, comportato per i clienti la prosecuzione degli addebiti – protrattasi in certi casi anche per alcuni mesi dopo la richiesta di cessazione del servizio.

 

L’Autorità ha valutato che la condotta posta in essere da RTI integrasse una pratica commerciale aggressiva, in quanto idonea a condizionare indebitamente la libertà di scelta dei consumatori, ostacolandone il pieno ed effettivo esercizio del diritto a recedere dal rapporto contrattuale con il  professionista e richiedendo loro il pagamento di corrispettivi per la fruizione di servizi non più richiesti.

 

Il comportamento di RTI è stato, inoltre, ritenuto contrario al grado di diligenza in quanto, attesa la propria consapevolezza circa la natura e la dimensione del problema, non ha assunto misure adeguate ad assicurare una gestione corretta e tempestiva delle richieste di recesso dei consumatori e l’immediata sospensione del processo di fatturazione almeno per il tempo necessario a verificare, in caso di incertezza, l’effettiva volontà (recesso anticipato o disdetta a scadenza) espressa dal cliente. Pertanto, la pratica commerciale posta in essere da RTI è stata ritenuta scorretta ai sensi del Codice del consumo in relazione al servizio in abbonamento Mediaset Premium “Easy Pay”.

 

Analogo provvedimento è stato adottato anche nei confronti della società Sky, destinataria di una sanzione pari a 300 mila euro per il comportamento ostruzionistico adottato nei confronti dei clienti che presentavano richieste di cessazione del servizio televisivo.

Nell’ambito del medesimo procedimento, Sky è stata, altresì, sanzionata per un importo di 80 mila euro in quanto, per prestare servizi di assistenza alla clientela e per risolvere criticità tecniche o anomalie nella gestione delle richieste di recesso o disdetta, ha imposto un sovrapprezzo sul costo della telefonata a carico del consumatore senza che le stesse informazioni potessero essere acquisite mediante canali “tradizionali” o gratuiti e con modalità di tariffazione trasparenti.

 

Nella Relazione dell’Antitrust si legge anche che, nell’anno di riferimento, sono state condotte due istruttorie aventi ad oggetto la realizzazione e la diffusione televisiva di finti quiz volti, in realtà, alla commercializzazione di contenuti multimediali per telefoni cellulari.

In particolare, a conclusione del primo procedimento, l’Autorità ha considerato ingannevoli le condotte commerciali poste in essere dalle società Publimar  e dall’emittente televisiva Canale Italia tramite il telequiz a premi denominato “Quiz Time” su Canale Italia. Alle due società sono state irrogate, rispettivamente, sanzioni di 70 mila e 25 mila euro per violazione del Codice del consumo.

Analoghe violazioni sono state rilevate nell’ambito del procedimento relativo al telequiz denominato “Giocare” realizzato dalla società DP Mobile e dalle emittenti televisive Pubblimed, LA9 e Profit Group, sanzionate rispettivamente per 70 mila, 25 mila, 25 mila e 10 mila euro.

 

In merito alle promozioni delle emittenti televisive a pagamento, anche nel 2011 l’Autorità ha avuto modo di ribadire che, in rapporto all’enfasi data alla convenienza dell’offerta tariffaria tramite i claim o le voci fuori campo, le precisazioni riportate in scritte scorrevoli, essenziali per valutare l’effettiva convenienza dell’offerta, devono essere portate a conoscenza del pubblico in modo più appropriato. Infatti, il messaggio pubblicitario deve dare alle avvertenze che limitano le alte aspettative suscitate con il claim principale un rilievo ed un posizionamento nel contesto complessivo della comunicazione, tali da rendere ragionevolmente certo che il pubblico abbia l’immediata percezione delle condizioni di fruizione dell’offerta pubblicizzata. Tale onere vale in particolare nel settore delle offerte televisive, caratterizzato da numerose proposte e combinazioni sempre molto articolate, sia sotto il profilo dei costi che dei contenuti, con il conseguente disorientamento che questo determina nel consumatore, già penalizzato da una forte asimmetria informativa.

 

Per questi motivi Sky è stata destinataria di un provvedimento sanzionatorio pari a 60 mila euro per violazione del Codice del consumo.

Sempre nel settore della Pay-Tv, è stata sanzionata la società Dahlia TV per aver omesso di informare correttamente i consumatori in ordine all’interruzione della propria attività e alle iniziative a disposizione degli abbonati in merito ai servizi già acquistati. Dahlia, inoltre, ha continuato ad attivare il servizio pur nella consapevolezza della presenza di ragionevoli motivi per non poter proseguire nella fornitura dello stesso. In considerazione della peculiare situazione economica del professionista, l’Autorità ha comminato una sanzione amministrativa pecuniaria di 5 mila euro.

 

L’Autorità ha altresì condotto un procedimento istruttorio nei confronti della Rai, per aver diffuso un messaggio televisivo che forniva un’informazione non veritiera in merito al numero a pagamento da poter contattare per avere indicazioni sul canone, comminando una sanzione da 5 mila euro.

 

Altro aspetto importante la rilevazione dell’audience e la mancata fornitura dell’informazione come dato essenziale alle imprese per poter competere.

E’ questo il caso Sky Italia – Auditel. La rilevazione dell’audience riveste un ruolo centrale nella definizione delle strategie delle emittenti, in particolare nella predisposizione dei palinsesti, nelle decisioni di investimento pubblicitario, nonché nella negoziazione dei corrispettivi per la concessione in licenza di canali televisivi. Per tale ragione, i comportamenti posti in essere da Auditel, sono stati ritenuti dall’Autorità idonei a determinare effetti pregiudizievoli della concorrenza nel mercato della raccolta pubblicitaria sul mezzo televisivo, nel mercato della pay-tv e nel mercato dell’offerta all’ingrosso di canali televisivi (Leggi Articolo Key4biz).

 

In particolare Auditel ha ingiustificatamente ostacolato, fino a ottobre 2010, la pubblicazione giornaliera dei dati di ascolto televisivi relativi a ciascun canale, distinti per ciascuna piattaforma di trasmissione; ha ostacolato , fino a gennaio 2010, la pubblicazione giornaliera dei dati relativi alla voce ‘Altre digitali terrestri’.

Ha, inoltre, erroneamente attribuito i dati di ascolto rilevati nel panel, nella fase di espansione degli stessi, anche alla popolazione non dotata di apparecchi televisivi.

Per l’infrazione accertata, è stata comminata ad Auditel una sanzione pari a 1,8 milioni euro.

 

Per maggiori informazioni:

Relazione sull’attività svolta nel 2011 (Testo integrale)