Digital Agenda: analisi sul mercato tlc. La Ue ancora preoccupata per indipendenza dei regolatori

di Alessandra Talarico |

Il settore è caratterizzato da un alto tasso di competitività che ha portato vantaggi ai consumatori ma serve più coordinamento tra gli Stati e più coerenza regolamentare in aree quali la metodologia dei costi per i servizi di accesso alla banda larga.

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L’industria delle telecomunicazioni ha un ruolo di primo piano per la realizzazione degli ambiziosi obiettivi della Digital Agenda europea. Il settore, secondo un report pubblicato dalla Commissione europea nell’ambito della Digital Agenda Scoreboard (Leggi articolo Key4biz), è caratterizzato da un alto tasso di concorrenza ma c’è ancora una serie di settori in cui sarebbe necessario un maggiore coordinamento tra i diversi Stati nell’attuazione della normativa sulle telecomunicazioni per sostenere la diffusione delle reti internet ad alta velocità.

L’alto tasso di concorrenza e l’impatto di diversi interventi comunitari (come quello sulle tariffe di terminazione mobile), sottolinea il report, hanno permesso ai cittadini di godere di una più ampia scelta di servizi e di prezzi migliori: il ricavo medio per utente (ARPU) è sceso in molti Stati membri con una media Ue passata da 244 euro nel 2009 a 221 euro nel 2010. Le tariffe di terminazione – cioè gli oneri che gli operatori addebitano ai competitor per la fornitura di chiamate vocali – sono scese a 3,87 centesimi al minuto nel 2011 rispetto al 5,47 centesimi al minuto nel 2010.

 

Il report mostra anche che le telco si trovano ad affrontare una nuova realtà, in cui la ‘fame’ di traffico dati, in particolare in ambito mobile, cresce a vista d’occhio: il 95% degli europei ha accesso a una connessione a banda larga fissa, mentre l’uso di internet mobile è salito del 62%.

Il traffico dati rappresenta ormai il 7,6% dei ricavi totali del settore, con quello legato ai servizi mobili che arriva fino a quasi il 10% e, sottolinea il report, “apre nuove opportunità di business per il settore delle telecomunicazioni e i fornitori di servizi online”.

Per far fronte a questo boom, gli Stati Ue hanno liberato nel corso del 2011 una notevole quantità di spettro radio: Belgio, Lituania, Slovenia, Grecia, Malta, Spagna e Portogallo hanno assegnato alla banda larga mobile la cosiddetta ‘banda GSM’ (900 MHz e 1800 MHz), mentre la banda a 800 MHz è stata assegnata alla banda larga mobile in Spagna, Francia, Italia, Portogallo e Svezia.

Diversi Stati membri, sottolinea ancora la Commissione, devono però ancora adottare nelle legislazioni nazionali il ‘pacchetto telecom’ adottato nel 2009 per garantire mercati più competitivi e nuovi diritti ai cittadini, come la possibilità di cambiare operatore in un solo giorno senza cambiare il numero di telefono o di essere informati del furto dei dati personali online.

 

La Ue, sottolinea la nota, “è particolarmente preoccupata di questioni quali l’indipendenza dei regolatori, la protezione dei consumatori e l’imposizione di tasse specifiche sugli operatori in paesi come la Spagna, l’Ungheria e la Francia, contro i quali sono in corso procedimenti di infrazione”.

C’è, quindi, ancora necessità di aumentare la coerenza regolamentare in aree quali la metodologia dei costi per i servizi di accesso alla banda larga e di introdurre rimedi non discriminatori, visto che i prezzi pagati dagli operatori alternativi per usare le reti degli incumbent e fornire servizi ai consumatori variano dai 3 euro della Polonia ai 14,4 della Finlandia.

 

Un’iniziativa della Commissione, che dovrebbe essere presentata all’inizio del prossimo anno dovrebbe introdurre misure armonizzate volte a ridurre i costi di ingegneria civile nell’ambito della realizzazione delle reti in fibra ottica, che rappresentano circa l’80% dei costi complessivi di queste infrastrutture.

 

Riguardo, infine la net neutrality e la qualità dei servizi, il rapporto sottolinea che gli Stati membri hanno ancora approcci divergenti che “rallentano lo sviluppo del mercato unico digitale”.

Una recente analisi del BEREC evidenzia che almeno il 20% degli utenti (e potenzialmente fino al 50%) sottoscrivono contratti che consentono ai provider di limitare servizi quali il VoIP (ad esempio Skype) o i sistemi di file sharing (Leggi articolo). Questo, conclude la Commissione, mostra il bisogno di un’azione coordinata per garantire ai consumatori maggiore informazione e scelta nell’ambito dei servizi internet.