La società degli eccellenti? Qualche riflessione sulla riforma di Francesco Profumo e sul perché non si punti in alto

di di Barbara Collevecchio (Psicologa) |

Chiediamoci cosa sia davvero la richiesta di meritocrazia, perché di riforme strutturali, vere e coraggiose, non ne stiamo vedendo e questi tecnici per paura di far troppo stanno facendo poco.

Italia


Barbara Collevecchio

Il ministro Francesco Profumo attua la sua riforma mirata all’eccellenza tra proteste e dibattiti.

Fermamente convinta che i dibattiti, anche pubblici debbano avvenire prima di una riforma, vi lascio una riflessione sul concetto di merito ed eccellenza.

Il ministro Profumo è stato indubbiamente intelligente a comunicare in modo “cool” la sua riforma:

Cosa preme più di tutto oggi agli italiani?

Che ci sia meritocrazia, che le risorse siano equamente distribuite, che non ci siano sprechi e che le cose funzionino.

 

Allora come comunicare una “riformuccia” se non pubblicizzandola con denominazioni ad effetto, piene di significati psicologici pregnanti per il nostro popolo?

La riforma delle eccellenze.

Chapeau.

Peccato che meritocrazia ed eccellenza siano concetti strutturali che necessitano di una riforma radicale prima di tutto della cultura del nostro popolo e dei nostri governanti.

 

Cosa farebbe una brava massaia posta nel pernicioso ruolo di rinnovare una malandata conduzione domestica?

La nostra brava massaia si trova a dover riorganizzare una casa in cui alcuni figli viziati e fannulloni vivono alle spalle di altri che invece studiano, lavorano, si impegnano ma in cambio vivono delle briciole dei primi.

Innanzi tutto la brava massaia sottrae i privilegi ai primi.

Basta merendine, vitalizi e premi e giù a lavorare.

In un secondo momento si dovrà occupare di trovare una giusta occupazione e un’euritmia delle parti coinvolte, affinché ciascuno faccia la propria parte per la buona conduzione dell’economia domestica, senza sperequazioni.

Questo sano principio della massaia si può applicare allo stato: innanzitutto la massaia/tecnico deve stravolgere vecchi usi e costumi fatti di raccomandazioni, ingiustizie e corruzione.

 

Non diceva Monti che avrebbe cambiato la mentalità degli Italiani?

 

Perché mi chiedo e si chiedono in molti, Manganelli guadagna il doppio del suo corrispondente Usa? Com’è possibile che il presidente dell’INPS mantenga un paio di dozzine di incarichi tutti prestigiosi, operativi e di altissimo livello?

 

Allora, a cosa serve dare premi agli eccellenti, se nelle scuole ci sono pareti con la muffa, ci piove dentro e si vive nella precarietà?

 

Analizziamo i migliori e le eccellenze.

 

Quanto conta l’ambiente sociale? E in secondo luogo, meritocrazia è creare una razza di ariani puri ed eccellenti o aiutare tutti, dare a tutti gli strumenti per eccellere con i propri mezzi, finanche a coloro che hanno scarse capacità?

Perché un bambino rende meno di altri a scuola? Genetismo o ambiente? Le intelligenze sono tutte uguali? Cosa stiamo premiando davvero?

 

Una riforma non dovrebbe toccare temi scottanti, attaccare le ingiustizie, dare a tutti le opportunità di emergere, lottare contro baroni ed elites? 

 

O forse le riforme di alcuni tecnici, tentati e allettati da futuri incarichi politici sono solo specchietti per le allodole? Momentanei make-up che fanno scena ma che scoleranno via come il cerone all’alba?

 

Scrive lo psicoanalista Hillmann nella sua lettera agli insegnanti: “…Immaginate l’Insegnare e l’Imparare come un fratello e una sorella, un poco perduti nel bosco, come Hansel e Gretel nella fiaba, catturati dalla strega, l’Educazione, e sempre sul punto di essere divorati dall’insaziabile appetito di quella strega. L’intervento dell’Educazione sembra piuttosto ragionevole: mira a facilitare la serendipità della relazione, rimuovendo la casualità e controllando il contingente. Soprattutto l’educazione esteriorizza e sistematizza la relazione nella “scuola” (istituzioni educative). Tenta di mettere in contatto i giusti (qualificati) insegnanti con i giusti (selezionati) allievi. Così l’insegnare e l’imparare divengono personificati in classi di persone: quelli che possono e quelli che non possono; quelli che sanno e quelli che non sanno. La vocazione innata diventa una professione accreditata. Il potere inevitabilmente fa seguito alla divisione in classi, che minaccia l’insegnare e l’imparare con la paura dell'”altro”. Gli insegnanti temono i loro studenti; gli studenti i loro insegnanti, minacciando l’educazione stessa e conducendola a definire il suo ruolo non tanto come uno strumento di agevolazione, ma come un’autorità impositiva. In questo modo l’educazione separa l’insegnare e l’imparare. Pure la storia dell’autodidatta mostra che i due elementi potenziali nella natura umana sono funzioni complementari. Quanto ciascuno di noi ha imparato e ancora impara insegnando a se stesso da solo!

L’educazione richiede un intero esercito di amministratori, esperti, specialisti; divisioni in classi, unità, soggetti, discipline, dipartimenti; conseguimento di traguardi, gradi, prove, valutazioni; e naturalmente bilanci preventivi, supervisione, responsabilità misurabile. Pure l’educazione si suddivide in due specie: primaria e superiore, tecnica e classica, scienze ed arti; riparatrice ed avanzata. Il misterioso lavoro emotivo di insegnare e imparare viene cooptato nelle forme esteriori che mirano a farlo avvenire. In verità, l’insegnare e l’imparare scompaiono in vicoli laterali e in occasioni segrete. Dei lunghi anni trascorsi nella scuola quanti pochi episodi di illuminazione conservati nella memoria, quanti pochi momenti di insegnamento che hanno acceso un fuoco! Anche per gli insegnanti solo una manciata di studenti da tante classi realmente “connesse” restano ben presenti nella memoria.”

 

La festaè finita.

Le scuole crollano, non hanno neppure i soldi per le fotocopie e l’abbandono scolastico è alle stelle.

Inoltre, come dimostrato dalle più recenti ricerche, la creatività e l’intelligenza sono elicitati dal contesto di apprendimento e il pensiero laterale si può apprendere. 

Cosa facciamo?

I migliori, i bimbi biondi e puri più bravi di tutti vanno avanti e quelli che andrebbero aiutati di più restano fuori?

Eccellenza è anche fare il pane, il miglior pane possibile che tu possa fare essendo un fornaio.

Un fornaio se cuoce un buon pane è eccellente o forse è più eccellente di lui chi produce il caviale Beluga?

E’ eccellente un operaio che tutti i giorni dà il meglio di se sul lavoro?

E’ eccellente un bambino che pur non sapendo disegnare ci mette tutto se stesso o eccelle solo il genio che a 16 anni risolve impossibili equazioni?

Mentre i parititi politici, nonostante siano alla frutta, si spartiscono le poltrone dell’AgiCom, nulla cambia, nulla si attua concretamente per tagliare gli sprechi, si premiano fittizie eccellenze senza dare un segnale.  

I padri devono educare con l’esempio, con la trasparenza.

Bisogna cambiare questa cultura dell’arroganza e della spartizione, non fare operazioni efficaci solo dal punto di vista pubblicitario. 

 

Citando ancora Hillmann ricordo che “…La psiche si ribella contro il vero imparare che una società guidata dall’economia insiste nel ritenere di primaria importanza. Devi ricevereun’educazione, avere un’educazione, perché allora sarai più vendibile, servendo l’economia e alzando il Pil. Ecco perché gli insegnanti sono risorse nazionali, fornire le loro prestazioni soddisfa le quote di produzione stabilite per loro! L’educazione come merce, come un investimento di capitale che serve alla competizione del libero mercato. E’ questo ciò a cui i sintomi dicono “no” ? E’ questo ciò che il rifiuto della scuola in definitiva significa?Qualcosa si sta ammalando nel cuore dell’educazione; è malata nel cuore, e questo cuore non può essere ristabilito con semplici esercizi di base o con una nuova dieta dell’anima, né questo cuore può essere sostituito da una macchina ad alta tecnologia”.

 

Questi sono i temi seri e profondi, psicologici ed educativi da tenere in mente: educare vuol dire portare fuori, non apporre medaglie.

I fondi per la scuola dovrebbero essere devoluti al potenziamento e ristrutturazione delle suole disorganizzate e non  alle più meritevoli perché altrimenti aumenterebbe la ghettizzazione.

Ci sono altri modo di premiare chi eccelle in questo senso: apertura al mondo del lavoro, facilitare l’entrata.

 

Ora chiediamoci sul serio se queste allodole del mito dell’eccellenza sono soddisfacenti, chiediamoci cosa sia davvero la richiesta di meritocrazia che chiede la società perché di riforme strutturali, vere e coraggiose non ne stiamo vedendo e questi tecnici per paura di far troppo stanno facendo poco.