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Libri: l’Iva potrebbe tornare al 5,5%. Il governo Hollande già al lavoro, ma per gli editori ‘non risolverà la crisi’

Francia


Buone notizie per gli editori francesi. Il nuovo governo manterrà le promesse fatte in campagna elettorale: l’IVA sui libri passerà dal 7% al 5,5% ‘in tempi rapidi’. La notizia è stata confermata dal Ministro della Cultura Aurélie Filippetti.

“L’obiettivo è di consentire alle librerie di ritrovare i margini di guadagno persi in questi ultimi anni“, ha dichiarato il Ministro, non escludendo la possibilità che questa misura venga adottata già con la Legge Finanziaria rettificativa. La Filippetti ha precisato che la riduzione dell’aliquota al 5,5% verrà fatta di concerto con le librerie, in modo da definirne le modalità.

L’aumento al 7%, decisa dal governo Sarkozy nell’ambito del piano di austerity, aveva dato luogo a diversi problemi tanto che l’entrata in vigore era stata spostata dal 1° gennaio al 1° aprile, per consentire alle librerie di organizzarsi.

Tornare indietro causerà gli stessi problemi logistici e sarà altrettanto complicato anche per il fatto che, secondo la Legge Lang sul prezzo unico dei libri, sono gli editori e non le librerie a fissare il prezzo al dettaglio.

La notizia però, nonostante le difficoltà tecniche, ha lasciato contenti gli operatori del settore che hanno però commentato che ‘non basterà a risolvere la crisi economica del mercato’.

 

Nessun chiarimento, invece, riguardo alle intenzioni del governo sull’IVA da applicare agli eBook che Nicolas Sarkozy, nonostante il rischio di un contenzioso con la Ue, aveva intenzione di equiparare a quella dei libri di carta (Leggi Articolo Key4biz).

 

Dopo la notizia della prossima riforma della Legge Hadopi contro la pirateria online e l’intenzione di modificare i criteri di nomina dei membri del Consiglio superiore dell’audiovisivo, la Filippetti ha messo in subbuglio il settore, annunciando anche prossimi cambiamenti in seno al Centro nazionale della musica (CNM). Cambiamenti non accolti bene dalla filiera.

Per il Ministro, il CNM, così com’è costituito porrebbe dei problemi di finanziamento e governance oltre a rischio di far aumentare la concentrazione nell’industria discografica.

Finanziare il CNM con il surplus fiscale di cui gode il Centro nazionale del cinema “non è giusto e coerente“, ha detto la Filippetti.

Una presa di posizione mal digerita dalla filiera musicale: “Lavoriamo sul CNM da oltre un anno e non comprendiamo questa visione negativa e caricaturale del progetto“, ha commentato un produttore.

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