Tv: mercato in crisi. L’avanzata degli OTT spaventa anche i broadcaster italiani. Nuove opportunità dalle torri?

di Raffaella Natale |

Marco Paolini (Mediaset): ‘Qualche anno fa la paura di Mediaset era l'arrivo di Murdoch. Oggi sono Google, Apple e Facebook".

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Il mercato televisivo italiano sta attraversando una profonda crisi. I dati di Mediaset ne sono una prova schiacciante (utili -85%), così come la recente decisione di Telecom Italia di mettere in vendita gli asset Tv. I broadcaster sono tuttavia chiamati a importanti decisioni nel prossimo futuro, come l’eventuale partecipazione all’asta per l’assegnazione delle frequenze, che costerà un bel po’ di quattrini.

 

A pesare sui bilanci delle aziende televisive sono essenzialmente le difficoltà del mercato pubblicitario che registra dati fortemente in calo, così come anche l’audience.

I player stanno spostando al loro attenzione sulle infrastrutture, che garantiscono margini elevati.

Ei Towers nel primo trimestre ha contribuito al bilancio di Mediaset (che ne controlla il 65%) con 56 milioni di ricavi aggiuntivi, in crescita rispetto ai 38,6 del primo trimestre 2011 quando era ancora DMT.

Un’azienda, scrive Milano Finanza, che ha grandi potenzialità nonostante il blackout governativo sulla vendita dei multiplex, come sostiene Mediobanca Securities, che in un recente report ha portato il target price a 32 euro a fronte dei 16,84 euro attuali.

Ma dove sono queste prospettive? Nella crescita del portafoglio (attualmente composto da 3.200 torri, delle quali 2.300 di proprietà), nelle acquisizioni e nell’espansione internazionale. E, infine, nel possibile interesse dei big stranieri del settore, quali la francese Tdf Group.

 

Anche Telecom ha pensato, infatti, anche all’opportunità di vendere separatamente La7 e gli asset tv: torri, sistemi di trasmissione e i tre multiplex del digitale terrestre.

Probabilmente Carlo De Benedetti, presidente del Gruppo L’Espresso, concentrerà il proprio interesse proprio su quest’asset, visto che possiede già due mux.

 

Ma a spaventare Mediaset, non è solo la cattiva congiuntura economica o la pay-Tv Sky, che gli ha soffiato i diritti per la trasmissione dei Mondiali di MotoGP (Leggi Articolo Key4biz). La paura adesso viene dalla rete, per meglio dire dagli Over-The-Top: Google, Apple e Facebook.

A confermarlo è Marco Paolini, direttore marketing strategico dell’azienda di Cologno Monzese.

“Non vorrei che il digitale terrestre fosse già preistoria e temo che il futuro sia la connettività alla rete”, ha detto Paolini, spiegando che “tra due o tre anni dai 6 agli 8 milioni di apparecchi televisivi saranno connessi alla rete”.

“Il nostro taglio e la nostra visione -ha commentato Paolini – sono ben diversi rispetto a quelli delle tv locali. Grazie al digitale terrestre, infatti, noi abbiamo potuto ampliare la nostra gamma di offerte televisive e per i consumatori è stato un grandissimo vantaggio”.

“Negli ultimi anni il mercato televisivo ha vissuto due grandi passaggi: l’arrivo di Murdoch e lo switch-off. Prima vi erano solo sette reti generaliste, le tre di Mediaset, le tre della Rai e La7 e potevamo contare sul 90% dell’ascolto. Ora, con l’arrivo del digitale, si è scesi al 68%”.

“Per noi quindi – ha ammesso Paolini- non è stato facile affrontare questa situazione soprattutto in un momento in cui i mercati pubblicitari stanno diminuendo e i costi aumentando. Penso inoltre che la mole di investimenti pubblicitari non regga più il numero di canali esistenti e che il rapporto tra quello che si spende e quello che si ricava non sia più corretto”.

 

La crisi potrebbe portare Mediaset a licenziare: finora, nonostante la congiuntura sfavorevole “abbiamo deciso di non intaccare i nostri livelli occupazionali”, aveva precisato il presidente Fedele Confalonieri al premier Mario Monti, ma ora “se non si pongono le basi di una ripresa della raccolta pubblicitaria e del settore sarà inevitabile farlo”.

L’azienda ha chiesto “il sostegno del sistema Paese” a partire da un’azione di Governo che guardi a un “aumento della produttività del lavoro e alla creazione di condizioni ambientali favorevoli per nuove iniziative imprenditoriali che portino occupazione”.

 

Le aziende televisive devono ripensarsi, tenendo conto che il futuro spinge sempre più verso la rete e che i profitti bisogna cercarli altrove. Le torri di trasmissione potrebbero rappresentare un’interessante business.