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Relazione Agcom 2005-2012. Tlc centrali nella rivoluzione digitale, ma per Corrado Calabrò, ‘Senza fibra, economia su un binario morto’

Italia


Il settore delle telecomunicazioni ha saputo reagire meglio di altri alla stagnazione che ha caratterizzato l’economia italiana dal 2000 al 2006 crescendo a un tasso superiore del 6% e resistendo anche in quest’ultimo triennio di crisi economica.

E’ quanto afferma il presidente Agcom Corrado Calabrò nella sua relazione di fine mandato, presentata stamani in Senato, in cui vengono evidenziate le enormi trasformazioni che hanno caratterizzato il settore dei media e delle telecomunicazioni negli ultimi sette anni, in cui è raddoppiato il numero di famiglie che fruiscono della televisione a pagamento (ventidue milioni sono le famiglie coperte dalle reti digitali terrestri e otto milioni quelle abbonate ai servizi pay-tv); è quadruplicato il numero di imprese operanti nel settore dell’editoria elettronica; duplicato il numero di linee in postazione fissa che forniscono connessioni a banda larga a famiglie e imprese (quasi quattordici milioni di utenze dispongono di linee ADSL o in fibra).

 

Il settore della telefonia mobile, in particolare, è stato attraversato da una vera rivoluzione, rappresentata dal passaggio dal Gsm all’Lte, passando dall’Umts e dall’Hspa. Acronimi dietro i quali si nasconde la possibilità di navigare in internet dal telefonino: possibilità sfruttata da 19 milioni di persone, un numero sedici volte superiore rispetto a 7 anni fa.

Con oltre una sim e mezza, in media, per abitante e una penetrazione del 154% (dati Eurostat), l’Italia, nota quindi Calabrò, è il paese col maggior numero, in Europa, di telefoni cellulari e con la maggiore diffusione di apparecchi (smartphone, ipad, chiavette USB) idonei a ricevere e trasmettere dati in mobilità (diffusione del 48% rispetto ad una media UE-27 del 39%).

Gli italiani, come emerge dai dati snocciolati da Calabrò, sono fervidi appassionati della navigazione web in mobilità, tanto che il traffico dati sulle reti mobili ha superato il tradizionale traffico voce e gli smartphone rappresentano il 30% dei telefonini diffusi nel nostro paese.

 

 

A fronte di questo incremento del numero di utenti e di ampia adozione delle tecnologie mobili, Calabrò sottolinea nella sua relazione la diminuzione dei prezzi finali dei servizi di telefonia: “Le telecomunicazioni – ha affermato – rimangono l’unico servizio con una dinamica marcatamente anti-inflattiva. La diminuzione dei prezzi finali del settore è stata di oltre il 33% negli ultimi quindici anni, a fronte di un aumento del 31% dell’indice generale dei prezzi. La forbice, quindi, è di oltre sessanta punti”, contro il vistoso aumento dei prezzi finali in altri settori regolamentati, quali energia, acqua, trasporti.

Riduzione dovuta proprio alle decisioni assunte dall’Autorità nel corso di questo settennato: dal vincolo del price cap cui sono stati sottoposti, fino al 2009, i prezzi del canone telefonico e dei servizi di telefonia locale, nazionale e verso le utenze mobili fino alla riduzione dettata dall’Autorità ai prezzi di terminazione delle chiamate, su rete fissa e su rete mobile.

In particolare, ha aggiunto, “…i provvedimenti sulla terminazione mobile, in interazione con la concorrenza, hanno determinato un potenziale risparmio per i consumatori di circa 4,5 miliardi di euro. La leva dei prezzi è stata utilizzata anche al fine di incentivare lo sviluppo della concorrenza tra operatori infrastrutturati con investimenti efficienti”.

“Dal 2010, nessun operatore può esigere più di 0,57 centesimi di euro al minuto nel consentire di raggiungere un utente attestato sulla propria rete fissa”, mentre i prezzi di terminazione sulle reti mobili sono passati da un valore medio ponderato pari a 13,53 centesimi di euro al minuto registrato nel 2005, al valore unico e simmetrico di 0,98 centesimi al minuto che entrerà in vigore nel 2013.

E il nostro mercato si conferma competitivo e aperto all’ingresso delle multinazionali: fattori che hanno avuto notevoli ricadute sull’occupazione “con miglioramento della qualità e con continuo ampliamento della gamma dei servizi offerti” – e sulla concorrenza.  Nel mobile, nessun operatore possiede una quota superiore al 35% mentre nel fisso, nonostante la legacy del monopolio, la quota retail di Telecom è scesa di quasi 20 punti percentuali dal 2005, attestandosi, nella banda larga, al 53%.

 

L’Italia è ai primi posti in Europa anche in termini di portabilità del numero: negli ultimi 12 mesi, i cambi di operatore hanno superato i 9 milioni mentre dal 2006 si sono registrati 30 milioni di passaggi.

 

A fronte di questi dati positivi, le note dolenti: in fatto di banda larga – in tutte le sue accezioni –  l’Italia viaggia al di sotto della media europea: il numero di linee ad alta velocità ogni 100 abitanti è 21, rispetto ad una media Ue di 27 (dati Eurostat 2010). Il 62% delle famiglie dispone di connessione a internet, contro una media Ue del 73% (dati Eurostat 2011). Il52% delle famiglie ha connessioni a banda larga, contro una madia UE-37 del 67% e il 41% degli italiani adulti non ha mai usato internet: due o tre volte il livello registrato in Francia, Germania e Regno Unito.

Anche in fatto di eCommerce, la  diffusione tra i consumatori italiani è del 10%, contro una media UE-27 del 34% (Dati Eurostat 2011), mentre per le esportazioni mediante l’ICT l’Italia è fanalino di coda in Europa: solo il 4% delle PMI – ovvero la spina dorsale del nostro tessuto produttivo – vendono on-line, mentre la media UE-27 è del 12%.

 

Nonostante il grande impegno profuso dagli operatori per l’espansione delle tecnologie broadband mobili (l’asta delle frequenze LTE ha portato nelle casse dello Stato quasi 4 miliardi di euro), “senza l’integrazione con la fibra (quanto meno per il backhauling dalle stazioni radio), la rete mobile non sopporterà ingenti volumi di traffico, specie nelle ore di punta e soprattutto per lo streaming video” ha affermato Calabrò, secondo cui “il problema delle reti di nuova generazione, anche per la rete fissa, non è più rinviabile”, né può “fornire alibi al rinvio la mancanza di regole”.

 

Il contributo della internet economy sullo sviluppo socio-economico è ormai innegabile e comprovato, ma in Italia le cose vanno molto peggio che nel resto dei paesi avanzati: l’economia internet in Italia vale solo il 2% del PIL contro il  7,2% del Regno Unito. Un ritardo che, come evidenziato anche dal Commissario Ue Neelie Kroes, costa all’Italia tra l’1 e l’1,5% del PIL.

“Senza infrastrutture a banda ultra larga i sistemi economici avanzati finiscono su binari morti. Se ne mostrano consapevoli i tre Ministri che costituiscono la Cabina di regia per l’Agenda digitale”, ha detto Calabrò, riprendendo un’affermazione del ministro per lo sviluppo economico, Corrado Passera, secondo cui per le infrastrutture è l’offerta a generare la domanda. “Quando avremmo costruito le autostrade se avessimo atteso che prima fossero fabbricate le automobili che le avrebbero percorse?”

 

Per quanto rientra nelle sue competenze, l’Agcom ha dettato “per le reti di nuova generazione regole che sono ritenute tra le più complete in Europa”, ha detto Calabrò, auspicando che “le regole europee vengano aggiornate sotto l’incalzante spinta della necessità di realizzare finalmente le reti di cui la comunicazione ha bisogno”.

 

Nel suo intervento, Calabrò si è soffermato anche sul tema degli Over the top, definendo “inarrestabile” la crescente partecipazione di questi operatori – come Google o Facebook – ai ricavi complessivi della filiera delle telecomunicazioni così come dell’audiovisivo.

“Il comparto delle telecomunicazioni – ha affermato – mentre è chiamato ad investire sia nel fisso che nel mobile, non riesce ad appropriarsi del valore atteso in corrispondenza degli investimenti nelle nuove reti”.

In questo contesto – ha aggiunto Calabrò – “…si sta delineando uno scenario in cui il flusso dei ricavi, dei volumi di traffico e degli investimenti sono tra loro scollegati. E’ tempo che l’Unione europea focalizzi la propria attenzione su questo sconvolgente fenomeno”.

 

In conclusione, Calabrò ha sottolineato l’importanza dell’alfabetizzazione digitale dei cittadini e la necessità di considerare le telecomunicazioni non  tanto uno dei tanti strumenti di sviluppo economico”, quanto un settore in grado di “dare una spallata a un sistema imballato”.

 

“Il settore delle tlc è la chiave di volta della rivoluzione digitale che, abilitando l’innovazione, può cambiare radicalmente i paradigmi dell’economia e della società”, ha affermato Calabrò, sottolineando che “…nessun altro settore è in grado di accelerare in misura comparabile la crescita e lo sviluppo del Paese, in un momento in cui ne abbiamo assoluto bisogno. Soprattutto per le generazioni future. Non è più tempo di simulazioni, o di iniziative sperimentali.”

Dum Romae consulitur, Italia regressa est”, ha concluso Calabrò, intendendo che, mentre a Roma si discute, l’Italia continua a indietreggiare nelle classifiche internazionali sulla competitività.

Per maggiori informazioni:

Bilancio di mandato 2005-2012

Presentazione del presidente Corrado Calabrò

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