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ACTA potrebbe saltare: si allarga il fronte degli oppositori al Parlamento Ue

Unione Europea


Dopo la francese Hadopi, l’americana SOPA, adesso è l’ACTA (Anti-Counterfeiting Trade Agreement) al centro degli scenari internazionali. Un Trattato negoziato in modo ‘poco chiaro’, secondo gli oppositori, che ha scatenato una feroce battaglia, specie per le disposizioni che riguardano specificatamente la pirateria online.  

Una mobilitazione che in Europa è partita dalla Polonia che ma che s’è rapidamente estesa, coinvolgendo soprattutto l’est europeo, la Germania, la Francia e anche l’Italia.

 

Dopo il parere contrario dell’EDPS (il Garante Europeo per la privacy), si fa sempre più strada la convinzione che il Parlamento Ue voterà contro la ratifica dell’ACTA. Secondo il relatore David Martin (S&D) il Trattato non è abbastanza chiaro su come ‘difendere i diritti dei cittadini’.

In una raccomandazione formale alla Commissione commercio internazionale del Parlamento Ue, Martin ha anche segnalato la necessità di trovare un’altra via per proteggere la proprietà intellettuale, compresa l’eventuale rinegoziazione dell’Accordo. 

Martin ha, infatti, indicato il bisogno di tutelare gli IPR su scala europea e ha aggiunto che una soluzione potrebbe provenire dalla stessa Commissione Ue.

 

Nel rapporto ‘Protezione della libertà di espressione e di informazione su internet e sui mezzi di comunicazione online‘ si legge inoltre che gli Stati membri del Consiglio d’Europa che hanno firmato l’ACTA devono condurre ampie consultazioni pubbliche su eventuali leggi nazionali basate su quel testo.

Si specifica che qualsiasi legge venga introdotta sulla base di ACTA dovrà in tutti i casi rispettare il diritto a un equo processo, al rispetto della vita privata e quello alla libertà di espressione cosi come sanciti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Nel rapporto si chiede inoltre agli Stati di “tentare di garantire che i service provider non possano indebitamente limitare l’accesso alle informazioni e la loro divulgazione per motivi commerciali o di altra natura” e quindi di renderli legalmente responsabili delle eventuali violazioni dei diritti alla libertà di espressione e di informazione dei propri utenti.

 

La grave preoccupazione manifestata dal Garante europeo per la protezione dei dati personali in un parere sull’ACTA è che, per garantire la legittima tutela dei diritti di proprietà intellettuale in un contesto internazionale, si adottino strumenti che possano mettere a rischio i diritti fondamentali degli individui e, in particolare quello alla privacy e alla protezione dei dati personali.

Alcune misure prevista dall’ACTA, ha detto l’EDPS, “implicano il controllo del comportamento degli utenti e delle loro comunicazioni elettronich”e.

Si tratta di misure, che l’organo europeo considera ‘altamente intrusive’ che, se non applicate correttamente, potrebbero interferire con il diritto alla privacy degli utenti.

E ancora: “Le misure che implicherebbero il controllo diffuso dell’attività degli utenti e/o delle loro comunicazioni elettroniche, per piccole infrazioni o dove manchi la volontà di arricchimento personale, sarebbero sproporzionate rispetto a quanto stabilito dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, dalla Carta dei diritti fondamentali e dalla Direttiva europea sul data protection”.

 

La Commissione commercio internazionale dovrà presentare una raccomandazione rispetto all’approvazione o al rifiuto dell’ ACTA e secondo le ultime informazioni ha chiesto altro tempo, questo potrebbe far slittare il voto del Parlamento Ue a luglio.

 

Intanto il Gruppo ALDE (liberali) ha annunciato che chiederà il rigetto di ACTA, unendosi così a socialisti & democratici, verdi, estrema destra e sinistra. I liberali propongono che la materia del copyright online sia trattata a parte.

Anche il PPE sembra aver smorzato i toni e chiesto chiarezza sui seguenti punti:  gli Internet providers non devono essere obbligati ad agire come i poliziotti della rete; occorre definire meglio i “large scale IPR infringement”, in modo da non criminalizzare gli utenti individuali.

 

L’ACTA è stato firmato da 22 dei 27 Paesi Ue. Negoziato tra Ue, Stati Uniti, Giappone, Canada, Nuova Zelanda, Australia, Singapore, Corea del Sud, Marocco, Messico e Svizzera, il Trattato è dedicato alla protezione degli IPR su beni, servizi e prodotti immateriali, dalle medicine fino al downloading illegale dalla rete (Leggi Articolo Key4biz).

 

Due sono gli aspetti più controversi di questo Accordo: la parte che riguarda i farmaci generici che ha sollevato la protesta di alcune ONG e parlamentari europei, ma sono soprattutto i provvedimenti sul diritto d’autore online che hanno spinto migliaia di giovani a manifestare in tutta Europa e a infiammare il dibattito europeo dentro e fuori le sedi istituzionali.

 

Gli oppositori di ACTA parlano di un ‘testo liberticida’, che porterà a un ‘controllo di polizia del web’, visto che “gli aventi diritto potranno ottenere gli indirizzi IP degli utenti e questo a dispetto della net neutrality“, ha detto l’europarlamentare socialista Françoise Castex.

Argomentazioni ovviamente non condivise dai sostenitori del Trattato come Véronique Desbrosses, segretario generale della Gesac che rappresenta le società europee degli autori e dei compositori. Sulla stessa linea la potente associazione Bascap, alla quale partecipano colossi come Microsoft, NBC Universal e Vivendi.

Giunto a Bruxelles per sostenere la propria causa, il responsabile di Bascap, Jeffrey Hardy, s’è detto “sorpreso di tanta attenzione in Europa per l’ACTA”.

 

La Commissione europea ha chiesto al Parlamento di attendere la pronuncia della Corte di Giustizia prima di esprimere il proprio voto definitivo sul Trattato, atteso per la seduta plenaria di giugno (Leggi Articolo Key4biz).

Ma per alcuni eurodeputati è solo un tentativo per prendere tempo, in modo che la pressione popolare e politica su ACTA si sgonfi, anche perché ci vorranno almeno uno o due anni perché la Corte di Lussemburgo si pronunci.

Intanto diversi Paesi Ue, tra i quali Austria, Germania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania o Slovenia, hanno bloccato i lavori preparatori in attesa di sapere che fine farà l’Accordo.

 

Se intorno ad ACTA è montata la polemica e se sono state diffuse anche notizie false, tanto da spingere la Commissione Ue a dedicare un’apposita pagina web per smentire alcune informazioni, è soprattutto per colpa di negoziati che sono stati condotti in modo ‘poco chiaro’ e ‘misterioso’. Come ha ammesso anche l’eurodeputato del PPE Marielle Gallo, feroce partigiana dell’ACTA.

 

I negoziati sono cominciati nel 2007 su iniziativa degli Stati Uniti. Dall’inizio del decennio la protezione dei diritti di proprietà intellettuale è divenuta una questione cruciale per i Paesi sviluppati.

La World Trade Organization (WTO) sembrava il luogo deputato per ricondurre sulla retta via Paesi come la Cina o l’India. Ma le divergenze erano troppo grandi per sperare di raggiungere un accordo in quella sede, ha commentato una fonte europea.

Sono così cominciate le trattative tra una quarantina di Stati, nella speranza di raggiungere un’intesa.

 

In un primo tempo questi negoziati sono rimasti segreti. “Gli Stati Uniti volevano che si dicesse il meno possibile”, ha commentato un negoziatore europeo.

E’ stato il sito WikiLeaks che ha rotto il silenzio. Nella primavera del 2008  il sito di Julien Assange ha svelato un primo documento di lavoro, provocando la mobilitazione di tutti i difensori della libertà su internet.

I primi elementi che sono circolati erano abbastanza allarmanti, si parlava della possibilità di trasformare gli Isp in sceriffi della rete, con pesanti sanzioni per chi si sottraeva a questa responsabilità.

Si parlava anche dell’introduzione della risposta graduale alla francese, prevedendo il  distacco della connessione per i pirati recidivi. Un punto che però non è mai apparso nel testo dell’ACTA.

Da allora gli europarlamentari hanno cominciato a chiedere maggiore trasparenza. Nel 2009, Bruxelles ha accettato di fornire le prime versioni del testo solo alla Commissione del commercio internazionale del Parlamento Ue. I membri rischiavano pesanti sanzioni penali se questi documenti fossero stati resi pubblici.

Ma lo scontro vero doveva ancora cominciare. La deputata verde Sandrine Bélier ha cominciato allora a prendere contatti con gli USA e finalmente nell’ottobre del 2010 è riuscita a ottenere una versione del testo che pubblica immediatamente online.

Da lì è montata la protesta, scrive Les Echos. Partono migliaia di mail, spesso con identico contenuto, da tutta Europa che denunciano il Trattato.

La protesta s’è alimentata anche grazie ad alcuni fatti di cronaca che hanno spinto i media a concentrare ancora di più la loro attenzione sulla questione della tutela del diritto d’autore online: il grande dibattito USA sulle due proposte di legge SOPA e PIPA, o l’arresto del fondatore del sito di downloading Megaupload… (Leggi Articolo key4biz)

Il dibattito s’è esteso in tutta Europa. Questa agitazione fa paura a diversi Paesi come la Polonia, la Bulgaria o la Lituania che hanno deciso di sospendere la loro ratifica dell’ACTA.

 

Tutta questa agitazione è giustificata? Nel testo non compare alcun riferimento alla procedura introdotta dalla francese Hadopi, né tanto meno al ruolo di controllo degli Isp.

In un parere reso a dicembre dagli uffici legali del Parlamento Ue si legge che “da una prima lettura non sembrano esserci punti in contraddizione con l’acquis comunitario“, anche se ammettono che “diversi elementi di ACTA sono soggetti a interpretazione”.

Argomento ripreso dagli oppositori che denunciano, come l’eurodeputato socialista Françoise Castex, “la grande confusione di questo testo, che lascia troppo margine di manovra agli Stati membri nella sua applicazione“.

 

Sono due gli articoli che continuano ad attirare le critiche. L’articolo 27 che mette a rischio la privacy perché permette di intimare a un fornitore di servizi online “di comunicare agli aventi diritto informazioni sufficienti per identificare un abbonato” sospettato di pirateria.

Anche se per Marielle Gallo, si tratta di un provvedimento “perfettamente in linea con l’attuale legislazione europea”.

Si tratta infatti di una possibilità già contemplata dall’articolo 15 della Direttiva Ue del 2000 sulle Comunicazioni elettroniche.

Sempre questo Articolo 27 è criticato perché “promuove, all’interno della business community, gli sforzi di cooperazione destinati a contrastare gli attentati” al diritto d’autore. Disposizione troppo vaga per Jérémie Zimmermann, di Quadrature du Net, per il quale si tradurrà nell’autorizzazione a introdurre sistemi di filtraggio.

 

Altro punto controverso le sanzioni penali previste dall’Articolo 23 per la pirateria di materiale protetto da copyright o diritti connessi, commessi su scala commerciale.

Ed è propria la nozione di ‘scala commerciale’ che gli oppositori di ACTA ritengono troppo poco precisa e che aprirebbe la via a una repressione su larga scala.

Un rischio preso seriamente in conto dall’Università di Maastricht, che nel giugno scorso ha realizzato un Rapporto per la Commissione commercio internazionale del Parlamento Ue. Nel Report si legge chiaramente che bisogna prestare molta attenzione a che “gli usi personali e senza scopo di lucro” non vengano colpiti da queste sanzioni previste dall’ACTA.

 

La battaglia è soprattutto tecnica e ogni virgola, ogni parola, dà luogo a un feroce scontro. I socialisti e i verdi sono assolutamente contro l’ACTA (Leggi Articolo Key4biz) e il sostengo del PPE sembra adesso meno fermo rispetto al passato.

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