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Brevetti e app mobili: i ‘colpacci’ di Microsoft e Facebook e il valore strategico dei patent

Stati Uniti


I brevetti si confermano, se mai ce ne fosse stato bisogno, la vera miniera d’oro dell’industria hi-tech, nonché uno strumento ritenuto ormai essenziale per competere restando lontani dalle aule dei tribunali: mentre in Italia si consumava il rito della pasquetta, oltreoceano due importanti accordi, entrambi miliardari, sono assurti agli onori delle cronache mondiali. Il primo verte proprio sui patents e porta nelle casse di Microsoft 800 brevetti (più 300 licenze non esclusive per nuovi potenziali brevetti) di America Online (AOL), pagati alla cifra esorbitante di 1 milione di dollari ciascuno per un totale di circa 1,1 miliardi di dollari. Il secondo, invece, riguarda Facebook, che ha messo sul piatto 1 miliardo di dollari – in contanti e azioni – per comprare Instagram, l’app di foto sharing creata appena tre anni fa e il cui valore si attestava sui circa 500 milioni di dollari, il doppio di quanto sborsato da Mark Zuckerberg.

 

L’accordo tra Microsoft e AOL riguarda un’ampia gamma di tecnologie utilizzate in settori quali la posta elettronica, il web ranking, i browser Web, l’instant messaging e la videoconferenza, ma anche molte tecnologie legate ai dispositivi mobili e al capostipite dei motori di ricerca, Netscape, l’acerrimo nemico di Redmond negli anni 90 da cui poi avrebbe preso vita Firefox.

 

Ognuno di questi brevetti è stato pagato 1 milione di dollari e, non a caso, il titolo di AOL è schizzato del 43% appena si è diffusa la notizia dell’accordo con Microsoft, segno che analisti e investitori di Wall Street sono rimasti sorpresi da un’intesa che ha valorizzato oltre 1 miliardo di dollari tecnologie valutate non più di poche centinaia di milioni di dollari.

Ma a Microsoft importa soprattutto togliere queste tecnologie dalle mani dei rivali, che avrebbero potuto usarle per trascinare il gruppo in tribunale.

 

I brevetti si sono trasformati insomma, da semplici beni giuridici in asset finanziari strategici, come dimostra la miriade di accordi miliardari siglati dai big del settore per accaparrarsi tecnologie brevettate: Google ha speso 12,5 miliardi di dollari per mettere le mani su Motorola Mobility e i suoi 17 mila brevetti. A luglio dello scorso anno, un consorzio formato dal gruppo di Redmond insieme ad ‘acerrimi nemici’ del calibro di Apple, RIM e Sony ha speso 4,5 miliardi di dollari per mettere le mani sul portfolio Nortel, togliendolo dalle mani di Google che pure ambiva a conquistarlo. Pochi mesi prima, sempre un consorzio tra Microsoft e altre aziende (Apple, EMC e Oracle), ha sborsato 450 milioni di dollari per 880 brevetti Novell.

Una lista di accordi che potrebbe continuare, per includere ad esempio i 120 milioni pagati da Intel per 190 brevetti RealNetworks.

Sempre sui brevetti si fondano le battaglie in corso in mezzo mondo tra Apple e Samsung e la più recente diatriba esplosa tra Facebook e Google, che si accusano anch’esse a vicenda di violazione dei rispettivi patents.

 

Dispute legali che secondo molti esperti sono legate al fatto che vincere in tribunale sia molto più redditizio della vendita delle licenze stesse, ma che sottintendono la grande sfida all’innovazione nel settore dell’elettronica di consumo. Innovare, equivale a guadagnare e proteggere la proprietà intellettuale vuol dire quindi tutelare i profitti a essa legati.

 

Facebook, intanto, ha messo le mani su Instagram, l’app alla base della prima piattaforma sociale di condivisione delle foto. Anche Zuckerberg ha pagato Instagram il doppio del suo valore per mettere le mani sulla prima app che avrebbe potuto scalfire il suo strapotere in ambito sociale. L’app, concepita inizialmente solo per iOs e sbarcata solo di recente su Android, ha conosciuto un’ascesa incredibile, conquistando 30 milioni di utenti prima del lancio sui dispositivi Google.

Zuckerberg, insomma, ha capito che Instagram, nata appena 3 anni fa, avrebbe potuto intaccare i suoi sogni di gloria anche e soprattutto per l’attaccamento che i suoi adepti dimostrano per la piattaforma. Non a caso, molti ‘Instagrammer’ non hanno preso bene la notizia e Facebook si è affrettato a precisare che Instagram continuerà a crescere “in maniera indipendente”.

Per dare qualche cifra, qualcuno ha calcolato che Instagram ha generato un valore di 1.260 dollari al minuto nei suoi 551 giorni di vita e che ogni utente dell’app è stato valutato nell’accordo 33 dollari.

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