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L’Italia e la crescita: il caso di Fabrizio Tamburini e la necessità di riforme ad hoc per valorizzare i nostri talenti

Italia


E’ davvero così difficile in Italia fare (e far accettare) delle riforme che consentano di riavviare la crescita del Paese? Secondo Tommaso Nannicini e Filippo Taddei, parlare di crescita e farlo attraverso una serie di riforme ad hoc da mettere in atto al più presto non sarebbe impossibile e nemmeno così difficile.

I due esperti di economia ne hanno discusso in occasione del terzo incontro intitolato “Le parole della democrazia: la crescita” organizzato dalla Scuola di Politica Democratica Veneto, lunedì 26 marzo a Mestre, presso il Centro Culturale Candiani. Per Tommaso Nannicini, autore peraltro del libro edito da Bocconi “Non ci resta che crescere” la carta vincente starebbe nella scelta del gusto metodo da utilizzare al momento della presentazione delle proposte.

 

“Un recente sondaggio Manheimer – ha spiegato – dà alla neoriforma del lavoro Fornero-Monti il 67% di giudizi negativi, quando nei fatti l’impianto complessivo, del quale si discuteva già da parecchi mesi, va proprio nella direzione del riequilibrio delle tutele. Quando un governo (pur se tecnico) presenta un piano di riforme al Paese deve innanzitutto fornirgli una visione”. Tra gli errori imputabili al governo Monti ci sarebbe perciò quello di non aver presentato subito agli italiani la linea generale e un programma di riforme. Al libro bianco con le proposte da portare al confronto e alla concertazione con le parti sociali si è preferito invece adottare la “strategia del gambero”, prendersi tutto il tempo possibile, erigendo un muro di silenzio a difesa delle proprie (sia pur buone) intenzioni, e gettando in pasto per mesi alla stampa e all’opinione pubblica lo scenario più vasto ed eterogeneo che si possa immaginare. Con il risultato che alla fine della fiera, quel tanto desiderato accordo è ancora più lontano di prima. “Questo è vero in un’analisi che vede l’Italia un po’ come l’artefice del suo destino – ha aggiunto Nannicini – e non che, come nella visione “E’ colpa dell’euro” fa discendere la crisi di oggi dal fallimento del liberismo e della sua sbornia internazionalista degli anni ’90”.

Che poi, come ribadisce Filippo Taddei, docente di macroeconomia e finanza al Collegio Carlo Alberto di Torino, l’Italia era già in crisi ancor prima della crisi. Lo dice anche la regola del ’70. Cosa vuol dire crescita all’1%? Che se un paese con crescita al 2% ci metteva 35 anni a raddoppiare il proprio pil (e quindi il tenore di vita dei suoi abitanti), all’1% ce ne metterà 70, con la conseguenza che a un’intera generazione non basterà la propria vita lavorativa a migliorare la propria condizione economica e sociale. “Questo trend potrebbe essere invertito – ha spiegato Taddei – semplicemente spostando parte del carico fiscale dai fattori produttivi, come lavoro e impresa, sulle proprietà immobiliari. Sono 15 miliardi di tasse sui redditi di tutti i lavoratori che verrebbero immediatamente spostate (con un’incidenza di 40 euro al mese per ogni appartamento) sui diritti di proprietà di 10 milioni di appartamenti considerati immobili medi, ovvero esclusivamente quelli a partire da 200 mila euro di valore con metrature dai 114 mq in su. Una manovra di questo tipo consentirebbe di recuperare circa 550 euro all’anno a 27 milioni di italiani”.

Altra questione. L’Italia è un paese per vecchi, si sa. Il problema vero è che il nostro sistema pensionistico (e il nuovo contribuitivo in forma maggiore) non faccia altro che premiare, in modo assolutamente antitetico rispetto agli altri sistemi di riferimento, le anzianità lavorative. Come dire ai giovani “Siete precari, avrete gli ostacoli in entrata ma non sarete ricompensati nemmeno al momento dell’uscita” perché se prima un contributo di 100 euro versato all’Inps ne fruttava almeno 162, grazie al contributivo lo stesso contributo oggi frutta tra i 97 e i 102 euro. Che fare, allora, per riequilibrare la bilancia del patto generazionale? “Una buona idea – ha concluso Taddei – consisterebbe nel sottrarre il carico fiscale dai contratti di ingresso nel mondo del lavoro, e introdurre contemporaneamente una tassazione progressiva a seconda dei livelli di anzianità e di pari passo con l’aumento del reddito”.

 

Nel rispetto dei propri principi di pragmaticità e concretezza delle proposte che la Scuola di Politica ha voluto porre alla base della propria attività, Democratica Veneto ha voluto presentare un caso eloquente di occasione per la crescita che stenta a decollare in Italia e che è costituito dalla ricerca scientifica. Fabrizio Tamburini, 48 anni, astrofisico, è lo scienziato veneziano che ha fatto una scoperta sensazionale che è destinata a rivoluzionare il futuro dell’industria mondiale delle telecomunicazioni: la vorticità delle onde radio che consentirà di moltiplicare pressoché all’infinito i canali di trasmissione. Dopo aver dovuto ricorrere a finanziamenti di privati per l’impossibilità di attendere i fondi statali riservati all’Università, Tamburini ha incassato lo smacco di veder pubblicati i dati della sua in tutti i Paesi del mondo prima che nel suo. Almeno nell’applicare i risultati della sua scoperta, pare che noi italiani non saremo gli ultimi, dato che entro il 2012 la Rai effettuerà la prima applicazione della nuova tecnologia.

 

“Il momento più difficile è passato – ha detto Tamburini – ora, basta che mi facciano tenere il gruppo di lavoro e io sono a posto. E’ solo per l’Italia che mi dispiace, perché se ci valorizzasse di più ne guadagneremmo tutti”.

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