App, un’arma a doppio taglio? In un Report di Pew i rischi di un internet sempre più circoscritto nei walled garden

di Raffaella Natale |

Tra 7 anni al massimo l’accesso al web sarà sempre più 'app-based' e quello da browser limitato a una ristretta cerchia di utenti.

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La crescente popolarità delle applicazioni, specie per i device mobili, rischia di rendere internet meno aperto e più compartimentato.

L’avvertimento arriva da un Report di Pew Research Center, che si basa sui risultati di un sondaggio condotto su 1.021 esperti di ICT.

Per il 35% degli intervistati “nel 2020, il grosso degli utenti preferirà usare applicazioni accessibili online per realizzare la maggior parte delle proprie attività come il lavoro, il gioco, la comunicazione o la creazione di contenuti e dominerà l’opinione che il web sia meno importante e utile rispetto al passato, mentre le app saranno sempre più essenziali nella vita delle persone”.

 

Per contro, il 59% di questi esperti ritiene che, per quella data, “il web sarà più solido che mai”.

 

Nonostante la discrepanza, sottolineano gli analisti di Pew, resta la forte preoccupazione di molto esperti ICT.

 

“Invece di avere dei ‘Couch Potatoes’, avremo degli ‘App Potatoes’“, ha commentato Giacomo Mazzone, Direttore Audit Strategico della European Broadcasting Union.

“Il modello basato sulle apps di Amazon, Apple e Google – ha sottolineato Mazzone – ridurrà l’importanza e l’utilità di un internet aperto. Ci sarà un nuovo digital divide tra quelli che preferiscono le applicazioni ‘ready-made’ e quelli che invece cercano per conto loro la soluzione più adatta alle loro esigenze“.

 

Nel complesso, sottolinea il Report di Pew, gli esperti del settore ICT sono generalmente convinti che la rivoluzione del mobile, la popolarità delle apps ‘ready-made’, la monetizzazione di prodotti e servizi online, e le innovazioni nel cloud computing, guideranno il futuro di internet.

 

Il consulente Stowe Boyd è del parere che gli utenti si stiano lentamente muovendo da un modello d’accesso al web ‘browser-based‘ a uno ‘app-based‘.

Apple e altre piattaforme possono mantenere un maggiore controllo della ‘user experience’ e garantirne il meglio con un modello basato sulle apps con una distribuzione controllata attraverso gli store proprietari.

Questo modello assicura entrate economiche maggiori sia per le piattaforme che per gli sviluppatori, perché bloccare le apps low-cost di scarsa qualità fa aumentare il prezzo medio di quelle accettate negli store.

Si sta abbandonando il modello noto come ‘open web’, che si fondava su vecchi principi, come i protocolli di informazioni HTTP, per passare a una nuova architettura strutturata su tablet, interfacce touch e gestuali, connettività ubiqua e social network.

 

Le apps la faranno da padrone, con grande vantaggio dei fornitori e degli sviluppatori e di quegli utenti che cercano un’esperienza internet più ricca.

Per Boyd, ci stiamo quindi pian piano avvicinando alla fine dell’accesso browser-based: “Tra cinque anni, sette al massimo, il browser non sarà più il sistema più usato per accedere a internet”.

Basta pensare all’ampia diffusione degli smartphone per capire che nel prossimo futuro la gente comune userà sempre meno questa modalità di accesso, per preferire quella dai device mobili.

Il web continuerà ad essere importante, ma sarà ricompreso all’interno di un framework tecnologico molto più ampio.

 

Alcuni esperti ritengono, però, che se da un lato si guadagnerà dall’altro, forse, ci sarà più da perdere davanti a un web fondato sulle apps.

 

“La capacità delle applicazioni di rispondere a bisogni specifici è un’arma a doppio taglio: le app semplificano la vita, ma creano dei walled garden e riducono le possibilità delle opportunità casuali“, ha, infatti, indicato il venture capitalist Richard Titus, citato nel Report.

Per Titus, il web è fatto di scoperte e casualità. E’ trovare ciò che non si stava cercando.

L’affermarsi di una navigazione che avviene solo attraverso applicazioni rimetterebbe in causa questo modello, ormai consolidato, che “farebbe fare un passo indietro nella nostra crescita di esseri dotati di capacità intellettuali”.