Cebit 2012: Google Play non catalizza l’attenzione. Occhi puntati sulla tedesca ‘Lex Google’ che riaccende lo scontro tra editori e web company

di Raffaella Natale |

Il progetto di legge presentato dal Governo di Angela Merkel intende inserire una tassa a favore degli editori da far pagare a i tutti i siti e blog che usano le loro notizie.

Germania


Angela Merkel

Google ha annunciato l’apertura di Google Play (cloud-based), un punto vendita mondiale di contenuti digitali per tutti i device Android, che gli consentirà di competere meglio con i leader del settore Apple e Amazon (Leggi Articolo Key4biz).

Non a caso l’annuncio è stato fatto ieri, alla vigilia della presentazione dell’iPad3 di Apple, il cui successo poggia essenzialmente sulla ricchezza dell’offerta digitale dell’App Store, di iTunes e iBookstore.

 

Ma la notizia di Google Play non è la sola a far discutere al Cebit di Hannover. Ad animare il dibattito è soprattutto la proposta di legge presentata dal governo di Angela Merkel che prevede di introdurre una tassa atta a remunerare gli editori per i servizi online di indicizzazione delle notizie.

Principale obiettivo Google News che raccoglie la fetta più grossa dell’audience, ma anche altri siti di informazione o i blog.

 

Il disegno di legge è sostenuto dai più grossi editori tedeschi, Axel Springer e Bertelsmann, che, come tanti altri a livello europeo e mondiale (ricordiamo la forte opposizione di Rupert Murdoch che definì quelli di Google ‘parassiti’), lamentano il ‘furto’ dei propri contenuti da parte della società di Mountain View.

Diverse web company si sono scagliate contro il disegno di legge tedesco e il Cebit è diventato il terreno di scontro.

 

Per il presidente del board di Google, Eric Schmidt, questa tassa “potrebbe rallentare lo sviluppo di internet”.

Dello stesso parere Bernhard Rohleder, Ceo di Bitkom, federazione tedesca dei professionisti dell’informatica, che ha parlato di “progetto retrogrado“.

“Sappiamo che gli editori cercano nuove revenue” davanti alla sfida di internet e alla  sua gratuità, ma questa tassa “non può sostituirsi allo sviluppo di vere strategie per l’era digitale”.

 

Questo disegno di legge, ribattezzato dai suoi detrattori ‘Lex Google‘, sta per essere approvato dalla coalizione che sostiene la Merkel, che riunisce i liberali del FDP e i conservatori della CDU/CSU.

 

Gli editori sostengono che la web company potrebbe offrire ai lettori di Google News solo una sintesi delle notizie senza mettere i link che ti collegano direttamente ai siti dei giornali. Anche perché, per questa attività, il gruppo americano prende soldi dagli inserzionisti, sfruttando il lavoro delle redazioni altrui e senza sborsare un centesimo.

 

Dall’altra parte troviamo invece, eccezionalmente, visto che di solito stanno su posizioni opposte, la web company e i difensori della libertà su internet, convinti che gli editori vogliano farsi pagare per dei servizi che in realtà gli portano solo pubblicità.

 

“E’ un po’ come se le Pagine Gialle dovessero pagare le aziende di cui danno l’indirizzo e il numero di telefono“, ha ironizzato il blogger Stefan Niggemaier, a proposito di questa tassa che, a suo parere, è un regalo del governo alle potenti lobby dei giornali.

 

Per Rohleder arrivati a questo punto ci sono due possibilità: o Google chiude il sevizio di news in Germania o trova l’accordo con gli editori.

Ma è molto difficile che altre aziende riescano a pagare le cifre stabilite dalla legge. E’ più facile che chiudano“, ha sottolineato il Ceo di Bitkom.

 

Oltre a Google, la tassa riguarderebbe per esempio il sito tedesco di informazioni culturali

Perlentaucher, il cui cofondatore Thierry Chervel, intervenendo a Deutschlandradio Kultur, ha parlato di progetto ‘assurdo’ che non avrà mai l’avallo della Corte costituzionale.

Un plauso al progetto di legge è ovviamente arrivato dalle federazioni degli editori della carta stampata VDZ e BDZV, che lo ritengono “indispensabile per proteggere il lavoro degli editori e dei giornalisti” e assicurare “la sopravvivenza di una stampa indipendente“.

Il sindacato dei giornalisti DJV ha usato toni più pacati, chiedendo soprattutto che i giornalisti vengano associati in modo “equo, trasparente e ragionevole” alle entrate generate da questa tassa.