Privacy, Viviane Reding: ‘Google non ha avuto il tempo di verificare se la nuova policy fosse conforme alle norme Ue sul data protection’

di Raffaella Natale |

Il Commissario Ue ha ricordato che la società ha annunciato il cambio di policy nello stesso giorno in cui a Bruxelles veniva presentata la riforma sul data protection, quindi senza aver avuto il tempo di verificare che fosse in linea con i nuovi dettami.

Unione Europea


Viviane Reding

Nonostante le forti perplessità espresse da più parti, da ieri sono in vigore le nuove regole sulla privacy di Google. A nulla sono valsi i vari interventi a livello europeo che chiedevano uno slittamento per poter analizzare meglio la situazione. Da Mountain View nessun passo indietro e nessuna titubanza (Leggi Articolo Key4biz).

“La nostra nuova policy sulla privacy entra in vigore oggi 1° marzo”, scriveva ieri Alma Whitten, responsabile della privacy di Google, sul blog ufficiale del gruppo.

Aggiungendo che, “sebbene per il lancio sia stata fatta la più importante campagna di informazione della nostra storia, sappiamo che queste modifiche hanno suscitato molta confusione”.

 

Queste nuove regole hanno sollevato un animato dibattito, perché consentono alla società di raccogliere e unire i dati di tutti gli utenti che usano i numerosi servizi della società, come il motore di ricerca, la posta elettronica di Gmail, la piattaforma di video-sharing YouTube o il social network Google+.

In pratica con la nuova policy Google ha messo insieme quelle che prima erano almeno 60 norme d’uso in una sola. Stando alle nuove regole, la compagnia potrà raggruppare le informazioni provenienti dai diversi servizi e disporre così di una visione globale dei propri utenti.

 

John Simpson, dell’associazione americana di difesa dei consumatori Consumer Watchd, ha spiegato che la preoccupazione sorge perché non c’è un chiaro impegno di Google a proteggere la privacy dei propri utenti.

L’azienda – dice chiaramente Simpson – spiega solo come raccoglierà i dati dei propri utenti, li metterà insieme e userà questo grosso dossier digitale per vendere più pubblicità”.

 

A riguardo, Alma Whitten fa un esempio: “Se fate spesso ricerche (usando Google) per trovare le ricette di su Jamie Oliver (chef inglese), noi potremmo segnalarvi dei video o i suoi libri”.

“Questa nuova policy – ha spiegato la manager – non cambia le precedenti regole sulla privacy o il modo in cui condividiamo i dati personali degli utenti” al di fuori del gruppo.

Spiegazioni che, però, non hanno convinto gli oppositori, dagli Stati Uniti alla Ue, alle autorità che si occupano di privacy, agli esperti in materia (Leggi Articolo Key4biz).

“Perseverare con questo piano sarebbe un errore“, ha scritto a Google la Trans-Atlantic Consumer Dialogue (TACD) che raggruppa associazioni di consumatori europee e americane.

 

Ieri il Commissario Ue per la Giustizia, Viviane Reding, parlando alla BBC Radio Four ha detto che tutte le autorità europee di data protection sono del parere che la nuova policy di Google violi le disposizioni Ue.

Il garante francese, CNIL, ha informato Google che è stato incaricato di condurre un’ampia indagine a livello europeo in merito alla legalità delle nuove norme aziendali.

La Reding è del parere che ci siano diversi aspetti della nuova policy di Google che potrebbero essere in contraddizione con le norme Ue sul data protection per molteplici aspetti.

Il primo, ha spiegato il Commissario, è che nessuno è stato consultato. Manca in effetti un consenso ufficiale da parte degli utenti che, se vogliono continuare a usare i servizi di Google, accettano automaticamente le nuove disposizioni. Questo, ha aggiunto la Reding, non rispetta le leggi sulla trasparenza.

Aggiungendo che l’annuncio da parte della società americana è avvenuto nello stesso giorno in cui la Ue presentava l’attesa riforma della normativa in materia di protezione dei dati (Leggi Articolo Key4biz), quindi senza aver avuto il tempo necessario di verificare se la nuova policy fosse conforme ai dettami di Bruxelles.

 

“La protezione dei dati personali è una regola fondamentale per l’Unione europea. E’ scritto nei Trattati. Non è una condizione ma un imperativo“, ha sottolineato la Reding.

La maggior parte degli utenti,  ha detto il Commissario, non conoscono le regole sulla privacy dei principali servizi internet.

La preoccupazione sorge perché, ha commentato la Reding, “Il 70% degli utenti non legge mai, o lo fa raramente, i termini e le condizioni che spesso sono scritti con caratteri molto piccoli, complicati e di difficile comprensione per un normale consumatore”.

Questi timori riguardano anche molte aziende. “Sappiamo che i dati sono il cuore di queste nuove compagnie (…) ma allo stesso tempo ci sono basilari regole europee (…) che devono essere rispettate e purtroppo spesso notiamo che queste regole non sono osservate e l’illegalità prede il sopravvento”.