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Riforma di internet: Russia e Cina stanno spingendo per una nuova regolamentazione che darebbe maggiori poteri all’ITU. Quali i rischi?

Mondo


Il prossimo 27 febbraio inizierà a Ginevra un negoziato diplomatico che potrebbe portare a un nuovo Trattato che darebbe all’ONU poteri senza precedenti in materia di internet.

Decine di Paesi, ma soprattutto Cina e Russia, stanno facendo pressioni per raggiungere questo obiettivo entro la fine dell’anno.

Come ha già detto lo scorso giugno il Primo ministro russo Vladimir Putin, la propria intenzione è quella di stabilire un “controllo internazionale su internet” attraverso l’ITU (International Telecommunication Union).

Se questa proposte fosse accolta, sconvolgerebbero un regime in vigore dal 1988, quando 144 Paesi firmarono in Australia il Trattato per la liberalizzazione delle telecomunicazioni.

Finora la rete è stata gestita secondo un modello di governance multi-stakeholder ed è stato proprio questo approccio la chiave del successo del web.

Nel 1995 solo 16 milioni di persone usavano internet nel mondo, nel 2011 erano oltre 2 miliardi e ogni giorno si aggiungono mezzo milione di nuovi utenti.

 

A lanciare l’allarme è il Wall Street Journal che, in un lungo e approfondito articolo, afferma che questa crescita esplosiva è il diretto risultato della decisione dei governi di tenere le mani fuori dalla sfera di internet.

L’accesso alla rete, specie dai dispositivi mobili, sta migliorando la condizione umana più velocemente,e più profondamente di qualsiasi altra tecnologia della storia.

Internet ha prodotto ricchezza e generato occupazione come conferma un recente Report di McKinsey secondo il quale l’economia digitale produce 2,6 posti di lavoro per ognuno perso a causa del cambiamento che implica l’arrivo delle nuove tecnologie.

 

Tutto questo è stato possibile, ribadisce il Wall Street Journal, perché la rete è stata libera di crescere e svilupparsi senza che i governi esercitassero un potere di controllo.

Oggi, però, continua il quotidiano, questo stato di cose potrebbe mutare, proprio perché Cina, Russia e i loro alleati stanno chiedendo a gran voce ai 193 Paesi aderenti all’ITU di rinegoziare il Trattato del 1988 per allargarlo anche ad aree precedentemente non regolamentate. 

Il quotidiano elenca solo alcune delle proposte, che definisce ‘agghiaccianti’, che potrebbero essere approvate in occasione della conferenza di Dubai del prossimo dicembre.

Intanto la privacy e la cyber-sicurezza potrebbero finire sotto il controllo internazionale. Si potrebbe prevedere di chiedere alle compagnie telefoniche straniere di pagare una tassa per il traffico internet internazionale per portare denaro alle casse dello Stato e delle aziende tlc pubbliche.

Ma anche di introdurre obblighi di tariffe, termini e condizioni sugli accordi di ‘peering’. Oppure di imporre il diretto controllo dell’ITU su importanti funzioni, fino a oggi affidate a enti non-profit come l’ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) che si occupa di assegnare gli indirizzi IP e gestire i nomi di dominio.

Porre sotto il controllo intergovernativo molte delle funzioni della Internet Engineering Task, dell’Internet Society e di altri gruppi multi-stakeholder che si occupano di fissare gli standard tecnici e di progettazione che consentono a internet di lavorare.

Senza dimenticare, scrive sempre il Wall Street Journal, che a Dubai si potrebbero anche fissare le tariffe del roaming mobile.

 

Molti Paesi in via di sviluppo, tra cui India e Brasile, sono particolarmente interessati a queste proposte. E, sebbene le nuove tecnologie stiano migliorando le vite di milioni di persone nel mondo, ci sono alcuni governi che si sentono esclusi e vorrebbero un maggior potere di controllo.

Il quotidiano americano aggiunge anche che ci sono tanti regimi che si sentono minacciati dagli oppositori che possono contare su una rete libera e aperta per rivendicare la libertà politica.

 

Ma respingere sic et simpliciter le proposte di modifica dell’attuale struttura di governance della rete potrebbe non portare a nulla.

Una strategia più efficace per i sostenitori della libertà di internet potrebbe essere quella di favorire il dialogo tra tutte le parti interessate, compresi i governi e l’ITU, per raggiungere un ampio consenso sulle questioni che danno maggiore preoccupazione.

Innanzitutto bisogna sottolineare i grandi vantaggi che il modello multi-stakeholder ha portato nei Paesi in via di sviluppo.

Il rischio di ribaltare l’attuale sistema è che ci potrebbe essere una divisione di internet perché alcuni Paesi potrebbero inevitabilmente tirarsi fuori.

Una rete balcanizzata, per esempio, sarebbe devastante per il libero commercio mondiale e la sovranità nazionale. Significherebbe mettere a rischio la crescita di internet, specie nei Paesi in via di sviluppo, ma più generalmente in tutto il mondo perché gli operatori sarebbero costretti a chiedere autorizzazioni amministrative per innovare e investire.

Questo minerebbe la crescita delle nuove tecnologie transfrontaliere come il cloud computing.

 

Qualsiasi tentativo di allargare i poteri dei governi su internet significherebbe fare un passo indietro rispetto a oggi.

Una riforma e un ammodernamento potrebbero essere costruttivi ma non se il risultato finale sarebbe quello di stabilire una nuova burocrazia mondiale che allontani dal modello multi-stakeholder.

Sicuramente i Paesi a favore di una riforma della rete sono molto più organizzati e sanno che per far passare le loro proposte hanno bisogno solo della maggioranza semplice.

A differenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu, infatti, nessun Paese può esercitare il diritto di veto all’interno dell’ITU.

Secondo alcuni, quindi, già 90 Paesi potrebbero sostenere le nuove disposizioni sulla regolamentazione della rete, quasi 7 in meno rispetto alla maggioranza necessaria.

 

Mentre il tempo corre, conclude il Wall Street Journal, gli Stati Uniti non  hanno ancora nominato il negoziatore del Trattato.

“Bisogna svegliarci dal nostro torpore prima che sia troppo tardi“, non solo perche questi cambiamenti modificherebbero la vita quotidiana degli americani ma anche perché minaccerebbero la libertà e la crescita di tutto il mondo.

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