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Pirateria: il caso Megaupload e il sottile confine tra legale e illegale mentre si attende la nuova Direttiva Ue sul copyright enforcement

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La chiusura di Megaupload e l’arresto del suo fondatore Kim Dotcom (alias Kim Schmitz) rischiano di avere pesanti ripercussioni su tutti i siti che offrono la possibilità di archiviare e condividere file (Leggi Articolo Key4biz).

L’avvocato americano del sito incriminato, Ira Rothken, ha fatto sapere che contesterà fortemente l’accusa e l’aggressività della procedura usata dall’Fbi.

Il raid senza precedenti delle autorità americane, che hanno emesso 20 mandati di perquisizioni in 9 Paesi e ordinato il sequestro immediato di beni per 50 milioni di dollari, pone chiaramente la questione della legalità delle attività di Megaupload, e siti simili, e della portata di questa ‘Mega Conspiracy’ evocata nell’atto di accusa lungo ben 72 pagine.

Per il suo sequestro sono state mobilitate forze e uomini come in una vera operazione antimafia per procedere all’arresto di Kim Dotcom, un tedesco di 37 anni che ora rischia fino a 50 anni di prigione.

Con lui sono state fermate altre 7 persone con l’accusa di reati informatici che hanno prodotto 500 milioni di dollari di perdite per i detentori dei diritti.

Gli accusati, secondo l’Fbi, avrebbero guadagnato qualcosa come 175 milioni di dollari di profitti da quest’attività illegale.

In Virginia, Megaupload e Vestor, un società collegata al caso, sono accusati anche di tentata estorsione e riciclaggio di denaro, reati punibili con 20 anni di carcere.

Nell’ambito dell’operazione, sono stati sequestrati anche 18 nomi di dominio e 525 server installati in Virginia, a completamento dei 630 ospitati dall’olandese LeaseWeb e di quelli forniti dall’americana Cogent in Francia.

Secondo l’atto di accusa, Megaupload, la cui sede è a Hong Kong, sarebbe stato il terzo sito più visitato del mondo: oltre 180 milioni di utenti registrati e 50 milioni di viste al giorno, cioè il 4% circa del traffico totale su internet.

 

L’operazione arriva nel bel mezzo dello scontro sulle due proposte di legge antipirateria, SOPA e PIPA, al vaglio del Congresso USA che, dopo la mobilitazione di tutta la blogosfera e la presa di posizione dei giganti del web, ha deciso per lo slittamento sine die dell’esame dei tue testi.

Resta da capire se questo ‘raid’ su Megaupload farà scuola. Anche se, per alcuni analisti, si tratta di un caso a parte, tutti i cyberlocker, come Box.net, MediaFire, RapidShare, YousendIt o Dropbox… dovranno fare molta attenzione.

 

Ci riferiamo a quei siti che spesso si collocano sulla sottile linea di confine tra legale e illegale, ne è una prova che nel novembre 2010 la major discografica Universal Music, (Gruppo Vivendi) avesse cercato di chiudere un accordo con Megaupload per il lancio del suo servizio di downloading legale MegaBox.

Non a caso il Commissario Ue alla Digital Agenda, Neelie Kroes, su Twitter ha immediatamente espresso la propria preoccupazione di fronte a un’azione unilaterale che ha conseguenza globali: la chiusura di Megaupload ha penalizzato tutti i suoi clienti sparsi per il mondo, anche coloro che utilizzano la piattaforma per stoccare file legali.

 

Sicuramente l’operazione di venerdì ha fatto esultare tutti gli assertori di più rigide misure contro la pirateria per proteggere il diritto d’autore, primo fra tutti il presidente francese Nicolas Sarkozy, ma aperto soprattutto un dibattito che è volato ben oltre la frontiera dell’America.

 

Ieri alla DLD Conference di Monaco il Commissario Ue per la Giustizia, Viviane Reding, ha dichiarato che la Ue “non bloccherà mai internet” per far rispettare il copyright, in spregio della libertà degli internauti: “Non è questa l’opzione scelta dall’Europa”.

“La protezione dei creatori non deve mai essere usata come pretesto contro la libertà di internet”, ha sottolineato la Reding, evidenziando come la questione sia al momento oggetto di un ‘vivo dibattito’ internazionale.

“La libertà di informazione è un diritto fondamentale direttamente legato alla libertà di internet”, ha spiegato il Commissario, aggiungendo che “la politica europea mira a trovare il giusto equilibrio tra il rispetto dei diritti” degli autori e quelli degli utenti.

 

Ma forse a Bruxelles non sono tutti sulla stessa lunghezza d’onda. Fulvio Sarzana, avvocato esperto di new media, fa notare che il Commissario Michel Barnier ha annunciato che entro la primavera del 2012 la Commissione varerà la proposta di revisione della Direttiva sul “copyright enforcement” e le nuove misure non saranno certo soft.

 “La Commissione – ha spiegato Barnier in una nota – segue da vicino gli sviluppi negli Stati membri e in altri paesi nel campo dei diritti di proprietà intellettuale e la pirateria online, tra cui l’attuale dibattito nel Congresso degli Stati Uniti sulla legislazione proposta. Io stesso sto lavorando per rivedere la Direttiva Intellectual Property Rights Enforcement”.

Il Commissario ha detto ancora che “Attraverso la revisione della direttiva Enforcement, la Commissione farà in modo che gli operatori che compiano violazioni del copyright e che traggono profitto da questo siano rapidamente identificati e sanzionati dai tribunali degli Stati membri. Dobbiamo inibire le imprese dal fare soldi sulle spalle dei detentori dei diritti al fine di consentire modelli di business sostenibili per sviluppare la loro offerta legale su internet.”

 

Per Sarzana, da queste affermazioni, soprattutto dalle ultime frasi, si capisce quali saranno gli ambiti di intervento della nuova direttiva:

1) Inibitorie dirette a identificare e sanzionare rapidamente gli operatori ( o gli individui) che sono sospettati di violare il copyright.

Non si comprende peraltro quali possano essere questi strumenti aggiuntivi visto che già nel nostro ordinamento, così come in quello Comunitario, esistono questi mezzi inibitori provvisori nel processo civile come in quello penale”.

2) Inibitorie dirette ad impedire a queste entità di ” fare soldi” e qui sembra chiaro che il Commissario si riferisca al “taglio” degli strumenti di pagamento, secondo il modello che la legislazione americana sembrava voler introdurre con il SOPA/PIPA e che è stato sperimentato per tagliare i rifornimenti a Wikileaks.

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