Dividendi: le telco europee sono ancora un porto sicuro per gli investitori? L’analisi di Reuters

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Solo Vodafone e Telenor, secondo gli analisti, offrono garanzia di sicurezza, avendo rafforzato la loro posizione nei mercati emergenti dell’Asia e dell’Africa e disponendo ancora di relativa posizione di forza sui mercati europei.

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La forte concorrenza, la recessione e i necessari investimenti nelle reti hanno iniziato a pesare sulle politiche del dividendo di diversi operatori tlc europei, tradizionalmente considerati come rifugi sicuri per gli investitori.

Il tabu, in un settore che fin qui ha sempre compensato la fiducia degli investitori con la distribuzione di alti dividendi, è stato rotto da Telefonica – che a dicembre ha annunciato il primo taglio del payout in 10  anni – e da Telekom Austria.

Ora, nel mirino degli analisti, anche altre telco – da KPN a Portugal Telecom, da Telecom Italia a France Telecom – che potrebbero essere prossime a tagliare i dividendi, quest’anno o il prossimo.

 

A differenza degli operatori Usa – come AT&T e Verizon – quelli europei non sono ancora riusciti a trovare un business model atto a trasformare in profitto la crescita del traffico internet mobile, trainato alla popolarità di smartphone e tablet. In più, la forte concorrenza sta spingendo ad abbassare i prezzi dei servizi ai consumatori, proprio nel momento in cui le telco hanno necessità di investire nell’aggiornamento delle reti.

 

Tra le telco europee, secondo gli analisti, solo Vodafone e Telenor sembrano nella posizione di offrire un porto sicuro per gli investitori, avendo rafforzato la loro posizione nei mercati emergenti dell’Asia e dell’Africa e disponendo ancora di relativa posizione di forza sui mercati europei. Entrambe le società hanno aumentato i dividendi negli anni scorsi e puntano a mantenere questi livelli.

 

Ma nel complesso, il livello dei dividendi del settore è ai minimi degli ultimi 10 anni: il rapporto prezzo-utili per le telco è di 9,5 rispetto al 9,9 per le utilities, all’11,4 del settore sanitario e il 14,7 per i beni di consumo.

 

Nel frattempo, il rendimento medio dei dividendi del settore è al 7,2%, un picco che non si vedeva dal 1987 e più del doppio rispetto alla media del mercato europeo.

 

“Anche se questi alti rendimenti potrebbero sembrare allettanti a prima vista – sottolinea Reuters – sono il prodotto di valutazioni deboli, che sono paradossalmente un segno che gli investitori non credono più nella capacità di continuare a mantenere un alto livello di rendimento”.

 

Gli investitori alla ricerca di un investimento sicuro si stanno orientando su settori come la sanità o alimenti e bevande (F&B): negli anni scorsi, mentre le azioni delle telecom europee hanno perso il 10.3%, il settore sanitario ha guadagnato il 13,2% e l’F&B il 7,2%, tanto da spingere Societe Generale a declassare il settore e a promuovere quello sanitario, che sarebbe più resistente in una recessione, con minor rischio per i dividendi.

 

A peggiorare ulteriormente il quadro, la crisi del debito in Europa, col rischio che i governi appesantiscano gli operatori con nuove tasse e che le misure di austerità riducano il potere di acquisto dei consumatori.

A rischio, in particolare, gli operatori di Italia, Spagna, Portogallo e Grecia che gli investitori collegano inevitabilmente al rating dei rispettivi paesi.

 

Sempre Reuters cita il parere dell’analista Stuart Reid di Fitch Ratings, secondo cui “Telefonica, Telecom Italia e Portugal Telecom si troveranno ad affrontare costi di indebitamento più elevati fino a quando non si placherà la pressione sui loro paesi d’origine”.

Gli oneri finanziari delle telco, insomma, non dipendono dalle loro attività ma da eventi al di fuori del loro controllo.

Dal mese di luglio, il costo del capitale di debito è aumentato notevolmente per tutti i principali operatori attivi in questi paesi: per Telefonica è aumentato del 30%, per Telecom Italia del 39%, per France Telecom del 70%.

 

Neanche KPN, tuttavia, è esente dal rischio di un taglio ai dividendi nonostante la relativa stabilità economica dei Paesi Bassi.

Considerata una ‘beniamina’ degli investitori per il rigoroso controllo dei costi e l’abitudine di restituire l’intero flusso di cassa agli azionisti attraverso i dividendi e un ampio ricorso al buy-back delle azioni, KPN – dicono gli analisti – si è fatta cogliere impreparata all’intensificarsi della concorrenza sul mercato domestico e questo ha causato un calo degli utili, del fatturato e della quota di mercato.