Diritto d’autore e pirateria: l’industria discografica spiega perché Google non ha mantenuto gli impegni

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A piè di pagina un documento dettagliato nel quale IFPI e RIAA analizzano punto per punto gli interventi della web company contro il downloading illegale e parlano di ‘risultati deludenti’.

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Enzo Mazza

Google ha da sempre ampiamente pubblicizzato il proprio impegno contro la pirateria a tutela del diritto d’autore online.

In una nota l’IFPI e la RIAA, le maggiori associazioni dei discografici, hanno spiegato perché si tratta di un opera non ancora soddisfacente. Enzo Mazza, presidente di FIMI, la Federazione di Confindustria che raggruppa le principali aziende discografiche italiane, ha commentato a Key4biz che “Google ha fatto molte promesse ma pochi fatti concreti“.

 

Ma guardiamo i fatti. In un post dello scorso dicembre, Kent Walker, General Counsel di Google, illustrava come il gruppo intendeva migliorare la propria azione di contrasto al downloading illegale.

Rispondendo alle richieste più volte avanzate dalle industrie dei contenuti, e in particolare dalle case discografiche, la società annunciava l’imminente implementazione di una serie di strumenti finalizzati a combattere la diffusione di file pirata attraverso il suo motore di ricerca. In particolare, la compagnia prometteva di eliminare termini come “torrent” e “p2p” dalla funzione di auto-completamento che elenca automaticamente una lista di suggerimenti quando si scrive una parola chiave – per esempio il nome di un cantante o di un gruppo musicale – nella casella di ricerca.

Ma oggi il completamento automatico suggerisce ancora termini associati alla pirateria quando un utente è alla ricerca di un brano musicale o un film. Per esempio, quando nella barra di ricerca si digita “Lady Gaga mp3”, il completamento automatico indirizza l’utente a scegliere “lady gaga mp3 gratuito” o “lady gaga mp3 download”, offrendo risultati che portano a siti illegali.

 

Sul modello di YouTube, Google si impegnava anche a rimuovere entro 24 ore dal ricevimento della notifica da parte del legittimo titolare i contenuti illegali presenti sul motore e sugli altri suoi prodotti, a monitorare con attenzione il profilo dei siti affiliati al  programma AdSense e a  indirizzare le ricerche degli utenti verso contenuti legali autorizzati.

Il 2 settembre 2011, un nuovo post forniva un aggiornamento sui propri impegni.

 

Pr l’IFPI e la RIAA, i risultati sono deludenti e hanno spiegato che nonostante “abbia fatto alcuni modesti passi avanti nell’affrontare il problema della violazione dei diritti online, le sue promesse non sono state mantenute”.

“La semplice realtà”, sostengono i rappresentanti dei discografici, è che Google continua sia a ricevere benefici finanziari da siti e applicazioni che praticano la pirateria che a porre artificialmente dei blocchi agli sforzi dei detentori dei diritti di proteggere i loro contenuti online, contrariamente a quanto disposto dalla legge americana sul copyright (Digital Millennium Copyright Act).

 

In un documento che analizza e confronta punto per punto quanto promesso da  Google e quanto effettivamente realizzato nell’arco dell’anno,  l’IFPI ricorda che “altri intermediari nell’ecosistema di Internet – come le aziende che si occupano della gestione dei pagamenti, gli Internet Service Provider e le agenzie pubblicitarie – hanno fatto passi avanti lavorando in maniera costruttiva a iniziative volontarie per far fronte ai dilaganti furti digitali online e incoraggiare il consumo legale delle opere creative”.

 

Nell’audizione al Congresso USA all’inizio di quest’anno, Walker sosteneva che solo nel 2010 Google ha investito 60 milioni di dollari per prevenire le violazioni del diritto d’autore legate alla sua strategia pubblicitaria.

L’IFPI e la RIAA commentano che questa cifra, apparentemente rilevante, va analizzata alla luce delle revenue della web company.

Lo scorso anno, il gruppo ha registrato un fatturato di oltre 29 miliardi di dollari, dei quali più di 28 miliardi derivano dall’advertising business. Un piccolo investimento quindi – spiegano le due Associazioni – che rappresenta una minima parte delle loro entrate.

 

“Nella sua qualità di leader di mercato assoluto nel campo della ricerca e della pubblicità online, Google ha una particolare responsabilità nel tracciare e creare un’esperienza sicura in rete che risulti funzionale sia ai consumatori che alla comunità creativa“, conclude l’IFPI prima di passare a critiche più circostanziate e a una serie di suggerimenti e richieste specifiche, che includono interventi più rapidi nella rimozione dei contenuti illeciti, la cancellazione della pubblicità sui siti pirata, il blocco preventivo dell’accesso delle app illegali al Google Store, la garanzia di priorità dei siti legali nelle ricerche effettuate sul sito nonché la cancellazione da YouTube dei filmati che spiegano come estrarre un file Mp3 da un videoclip e dei link  che sempre più spesso rimandano a pagine da cui scaricare illegalmente la canzone appena visionata.

 

Per maggiori approfondimenti:

L’analisi dettagliata di IFPI e RIAA sugli impegni di Google contro la pirateria