Diritto d’autore: contrario al Diritto Ue imporre agli Isp sistemi di filtraggio per prevenire il downloading illegale

di Raffaella Natale |

La Corte di Giustizia dà ragione al provider Scarlet denunciato dalla società di gestione belga SABAM. Le Autorità nazionali, dice la Corte, non possono obbligare un Isp a sorvegliare le informazioni che esso trasmette sulla propria rete.

Unione Europea


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Sentenza storica quella emessa oggi dalla Corte di Giustizia Ue la quale decreta che un giudice nazionale non può ingiungere a un ISP di predisporre un sistema di filtraggio per prevenire gli scaricamenti illegali di musica o film.

Siffatto provvedimento sarebbe infatti contrario al diritto Ue che vieta di imporre a un internet service provider un obbligo di sorveglianza e non garantisce un giusto equilibrio tra il diritto di proprietà intellettuale, da un lato, e la libertà d’impresa, il diritto alla tutela dei dati personali e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni, dall’altro.

 

Questa causa è scaturita da una controversia che contrapponeva il provider Scarlet Extended e la SABAM, una società di gestione belga incaricata di autorizzare l’utilizzo da parte di terzi delle opere musicali degli autori, dei compositori e degli editori.

Nel 2004 la SABAM ha scoperto che alcuni utenti Internet che si avvalevano dei servizi della Scarlet scaricavano illegalmente dal web opere contenute nel suo catalogo sulle reti P2p.

 

Su istanza della SABAM, il presidente del Tribunal de première instance di Bruxelles ha ordinato, a pena di ammenda, alla Scarlet, in qualità di fornitore di accesso Internet, di far cessare tali violazioni del diritto d’autore, rendendo impossibile ai suoi clienti qualsiasi forma di invio o di ricezione mediante un programma peer-to-peer di file che contenessero un’opera musicale appartenente al repertorio della SABAM.

La Scarlet ha interposto appello dinanzi alla Cour d’appel di Bruxelles, asserendo che l’ingiunzione non era conforme al diritto dell’Unione in quanto le imponeva, de facto, un obbligo generale di sorveglianza sulle comunicazioni che transitano sulla sua rete, circostanza a suo avviso incompatibile con la Direttiva sull’eCommerce e con i diritti fondamentali.

In questo contesto, la Cour d’appel ha chiesto alla Corte di Giustizia se il diritto dell’Unione consentisse agli Stati membri di autorizzare un giudice nazionale a ingiungere a un ISP di predisporre, in modo generalizzato, a titolo preventivo, esclusivamente a spese di quest’ultimo e senza limiti nel tempo, un sistema di filtraggio delle comunicazioni elettroniche avente la finalità di identificare gli scaricamenti illegali di file.

 

Nella sentenza di oggi, la Corte ricorda anzitutto che i titolari di diritti di proprietà intellettuale possono chiedere che sia emanata un’ordinanza nei confronti degli intermediari, come i fornitori di accesso a Internet, i cui servizi siano utilizzati da terzi per violare i loro diritti. Le modalità delle ingiunzioni sono stabilite dal diritto nazionale. Tuttavia, dette norme nazionali devono rispettare le limitazioni derivanti dal diritto dell’Unione − in particolare, il divieto imposto dalla Direttiva sul commercio elettronico alle Autorità nazionali di adottare misure che obblighino un fornitore di accesso a internet a procedere a una sorveglianza generalizzata sulle informazioni che esso trasmette sulla propria rete.

A questo proposito, la Corte dichiara che l’ingiunzione in oggetto obbligherebbe la Scarlet a procedere a una sorveglianza attiva su tutti i dati di ciascuno dei suoi clienti per prevenire qualsiasi futura violazione di diritti di proprietà intellettuale. L’ingiunzione imporrebbe dunque une sorveglianza generalizzata, incompatibile con la Direttiva sul commercio elettronico. Inoltre, siffatta ingiunzione non rispetterebbe neppure i diritti fondamentali applicabili.

 

In una nota l’IFPI (International Federation of the Phonographic Industry) ha dichiarato che “Questa sentenza ci aiuterà nei nostri sforzi atti a proteggere i contenuti creativi online. Conferma che si può chiedere agli ISP e altri intermediari di prendere misure contro le violazioni online attuali e future e ribadisce l’importanza della tutela della proprietà intellettuale come un diritto fondamentale. In questo caso particolare, la Corte ha respinto le misure di filtraggio, presentate dalla Corte belga come troppo ampie. Tuttavia questo non influisce le forme di cooperazione con gli ISP che l’IFPI sostiene per la risposta graduale e il blocco dei siti ‘pirata’,  che sono già in atto in diversi Paesi europei”.

 

Secondo, Enzo Mazza, Presidente di Fimi-Confindustria, “La decisione della Corte di Giustizia su ruolo dei Service Provider nel contrasto alla pirateria conferma che è possibile per la magistratura e gli organi amministrativi vigilanti, ordinare misure per inibire il blocco delle attività illecite agli intermediari ai sensi della Direttiva 2000/31”.

 

Secondo la Corte Ue, sebbene la tutela del diritto di proprietà intellettuale sia sancita dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, non può desumersi né da tale Carta né dalla giurisprudenza che tale diritto sia intangibile e che la sua tutela debba essere garantita in modo assoluto.

Dunque, nella presente fattispecie, l’ingiunzione di predisporre un sistema di filtraggio implica una sorveglianza, nell’interesse dei titolari di diritti d’autore, su tutte le comunicazioni elettroniche realizzate sulla rete del fornitore di accesso ad Internet coinvolto. Tale sorveglianza sarebbe peraltro illimitata nel tempo. Pertanto, un’ingiunzione di questo genere causerebbe una grave violazione della libertà di impresa della Scarlet, poiché l’obbligherebbe a predisporre un sistema informatico complesso, costoso, permanente e interamente a sue spese.

 

Per di più, gli effetti dell’ingiunzione non si limiterebbero alla Scarlet, poiché il sistema di filtraggio controverso è idoneo a ledere anche i diritti fondamentali dei suoi clienti, ossia i loro diritti alla tutela dei dati personali e la loro libertà di ricevere o di comunicare informazioni, diritti, questi ultimi, tutelati dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Da un lato, infatti, è pacifico che tale ingiunzione implicherebbe un’analisi sistematica di tutti i contenuti, nonché la raccolta e l’identificazione degli indirizzi IP degli utenti che effettuano l’invio dei contenuti illeciti sulla rete, indirizzi che costituiscono dati personali. Dall’altro, detta ingiunzione rischierebbe di ledere la libertà di informazione, poiché tale sistema potrebbe non essere in grado di distinguere adeguatamente tra un contenuto illecito e un contenuto lecito, sicché il suo impiego potrebbe produrre il risultato di bloccare comunicazioni aventi un contenuto lecito.

Pertanto, la Corte dichiara che, emettendo un’ingiunzione che costringa la Scarlet a predisporre un siffatto sistema di filtraggio, il giudice nazionale non rispetterebbe l’obbligo di garantire un giusto equilibrio tra il diritto di proprietà intellettuale, da un lato, e la libertà di impresa, il diritto alla tutela dei dati personali e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni, dall’altro.

 

La Corte risolve quindi la questione pregiudiziale dichiarando che il diritto dell’Unione vieta che sia rivolta a un fornitore di accesso a internet un’ingiunzione di predisporre un sistema di filtraggio di tutte le comunicazioni elettroniche che transitano per i suoi servizi, applicabile indistintamente a tutta la sua clientela, a titolo preventivo, a sue spese esclusive e senza limiti nel tempo.

 

“La decisione odierna della Corte di Giustizia – ha commentato Marco Polillo, presidente di Confindustria Cultura Italia – non ha nulla a che fare con il rispetto della legalità su internet”.

“La sentenza conferma, invece, in maniera chiarissima – prosegue Polillo – che, ai fini del contrasto della pirateria online, l’Autorità Giudiziaria e gli Organi amministrativi di vigilanza, dopo aver accertato gli illeciti, possono ordinare provvedimenti di inibizione all’accesso attraverso il coinvolgimento degli intermediari. Ciò proprio alla luce degli articoli 14 e seguenti della Direttiva 2000/31/CE. Questa decisione dovrebbe confortare anche l’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni italiana che ha intrapreso la giusta strada dei provvedimenti interdittivi solo dopo l’adeguato confronto e l’accertamento degli illeciti”.

“Nessuno vuole imporre obblighi di sorveglianza e filtraggi preventivi della rete internet – ha chiarito Polillo – men che meno l’industria dei contenuti. Chiediamo tuttavia con forza che, ove riscontrate violazioni gravi e sistematiche del diritto d’autore, le Autorità competenti, e quindi anche l’AGCOM, possano intervenire tempestivamente per porre fine alle violazioni. In Italia, come all’estero. Il cosiddetto website blocking è una misura non “invasiva” delle libertà, e tale da assicurare un livello di garanzie, anche procedimentali, sufficienti per i soggetti coinvolti. Come hanno dimostrato i Monopoli di Stato per il betting online e le recenti pronunce sui casi “pirate-bay e btjunkie”, l’inibizione dei siti illegali è lo strumento più efficace per contrastare gli illeciti e l’abusivismo in rete”.

 

Per Innocenzo Genna, esperto di regolamentazione telecom e internet, la decisione di oggi della Corte di Giustizia è destinata a influenzare in maniera decisiva il dibattito, a livello sia europeo che nazionale, circa le modalità di repressione della pirateria online.

“La Corte Europea – ha sottolineato Genna – ha affermato che i giudici nazionali non possono imporre agli ISP un obbligo generalizzato di filtrare il traffico Internet per ragioni di lotta alla pirateria online”. Infatti, per quanto il copyright sia un diritto importante, non è inviolabile e non può prevalere su altri diritti ugualmente tutelati dai trattati europei, in particolare:

– il diritto degli ISP a non essere costretti a monitorare il traffico Internet che trasportano;

– il diritto alla privacy dei terzi (le cui comunicazioni private potrebbero essere violate da un filtro Internet);

– il diritto di espressione dei cittadini europei (le cui libere comunicazioni potrebbero essere bloccate da un filtro Internet)

– il principio di proporzionalità, poiché un filtro del traffico Internet sarebbe luogo ad un sistema costoso e complicato, che l’ISP dovrebbe sostenere ingiustamente.

 

“La sentenza della Corte Europea – ha continuato Genna – costituisce una solida cornice per la Commissione Europea che sta analizzando proposte per lo sviluppo dei contenuti online, la lotta alla pirateria online, lo status degli ISP, i rapporti tra le varie normative coinvolte (privacy, diritti umani, commercio elettronico, copyright)”.

Per quanto riguarda l’Italia, ha concluso Genna, “la sentenza appare in piena condivisione con le posizioni più moderate di AGCOM in tema di tutela del diritto d’autore, rappresentate dal commissario Nicola d’Angelo”.