WikiLeaks colpisce ancora: pubblicati ‘in chiaro’ oltre 250 mila documenti. Ma ora anche gli ex partner abbandonano Assange

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I documenti indicherebbero nomi di attivisti e informatori. Una decisione criticata anche dai maggiori quotidiani mondiali che avevano sostenuto WikiLeaks nelle sue precedenti battaglie.

Stati Uniti


Julian Assange

La vendetta è un piatto che va servito freddo. Con questo adagio in mente, WikiLeaks, il temuto sito nato per rivelare al mondo le malefatte di governi e governanti, ha deciso di rendere pubblico l’intero archivio di cablogrammi riservati della diplomazia Usa. Si tratta di oltre 250 mila documenti che potranno essere cercati in rete e consultati con l’aiuto di parole chiave. Quasi tremila riguardano l’Italia, dal 1988 al 2010, inviati per lo più dall’ambasciata a Roma, e solo qualche decina dai consolati di Napoli, Milano e Firenze.

I due link che riportano all’archivio sono stati pubblicati ieri poco dopo la mezzanotte e danno acceso a 60 GB di files in forma criptata ma con una chiave per la lettura e la ricerca dei documenti.

Una mole enorme di materiale, in cui gli utenti sono invitati a spulciare alla ricerca di documenti ‘interessanti’, dal momento che, spiega WikiLeaks, “…la stampa mondiale non ha abbastanza risorse e c’è molta parzialità”.

Ma lo ‘scoop’, questa volta potrebbe costare caro al sito di Julian Assange, che ha perso tutti i suoi vecchi sostenitori di peso tra i media e le associazioni mondiali.

Secondo quanto riportato dal quotidiano britannico The Guardian – che era stato accusato dalla stessa Wikileaks di aver diffuso le password per accedere all’archivio segreto del sito – i documenti sarebbero stati, infatti, diffusi in maniera integrale, con tanto di nomi di collaboratori e informatori del dipartimento di Stato americano scritti nero su bianco.

Una mossa criticata dagli ex media partner del sito – il Guardian, appunto, ma anche New York Times, El Pais e Der Spiegel – che hanno collaborato con WikiLeaks lo scorso inverno per la pubblicazione dei documenti del cosiddetto ‘Cablogate’. Documenti, però, ‘ripuliti’ dai nomi delle fonti, per evitare di mettere in pericolo le loro vite.

Media che adesso scaricano Julian Assange, definendo sua e solo sua la decisione di pubblicare in questo modo i cablogrammi.

“Deploriamo la decisione di Wikileaks di pubblicare ‘in chiaro’ i cablogrammi del Dipartimento di Stato, così da mettere a rischio le fonti”, dichiarano i quotidiani in una nota congiunta.

“I nostri rapporti precedenti con Wikileaks erano maturati sulla base che avremmo pubblicato solo documenti sottoposti a un accurato processo di editing e pulitura. Continueremo a difendere la nostra precedente collaborazione editoriale, ma non possiamo giustificare l’inutile pubblicazione dei dati completi – anzi siamo uniti nel condannarla”, proseguono gli ex partner di Assange.

Alla loro manifestazione di dissenso si è unita l’associazione Amnesty International che ha espresso dispiacere per il fatto che “documenti che mettono a rischio persone, tra cui attivisti per i diritti umani, siano diventati pubblici”.

Anche Reporters senza Frontiere ha revocato il suo sostegno al sito sulla scia di questa decisione.

“Alcuni dei nuovi cablogrammi – sostiene l’associazione per la libertà di stampa – non sono stati ripuliti e mostrano i nomi degli informatori di vari paesi, compreso Israele, Giordania, Iran e Afghanistan”.

“Anche se finora non vi sono notizie di persone messe in pericolo da queste rivelazioni, le ripercussioni che la decisione potrebbe avere per gli informatori (licenziamento, attacchi fisici e rappresaglie) non possono essere trascurate”, continua l’associazione.

Gli archivi pubblicati contengono infatti oltre 1.000 cablogrammi da cui si può risalire ai nomi di attivisti; diverse centinaia sono etichettati con un tag utilizzato dal Governo Usa per contrassegnare fonti che si ritiene possano essere messe in pericolo e più di 150 documenti che menzionano direttamente gli informatori.

I cablogrammi, riferisce sempre The Guardian, contengono anche riferimenti a persone perseguitate dai rispettivi governi, vittime di reati sessuali, località in cui si trovano strutture governative e infrastrutture sensibili.

La pubblicazione dei cablogrammi delle ambasciate Usa da parte di Wikileaks è iniziata a novembre 2010, in quella che è stata la maggiore fuga di notizie riservate della storia americana.

I documenti – datati dal 1996 al 2010 – nella visione di Assange avrebbero dato alla gente di tutto il mondo “una visione senza precedenti delle attività del governo degli Stati Uniti all’estero”.

E’ la prima volta, tuttavia, che l’archivio di WikiLeaks viene pubblicato in maniera facilmente accessibile e consultabile anche da persone che non hanno competenze tecniche sofisticate.

La decisione, spiega ora il sito, è maturata in seguito a un ‘sondaggio’ condotto presso i followers di Twitter, che si sarebbe rivelato un plebiscito nei confronti della pubblicazione.

Wikileaks non ha rivelato i conteggi finali, né quante persone hanno risposto al suo sondaggio.

Nei giorni scorsi, WikiLeaks aveva accusato un giornalista del Guardian di essere responsabile della fuga di notizie: “Un giornalista del Guardian ha reso pubblica una password top-secret per decodificare l’intero archivio dei cablogrammi non redatti in quello che appare un atto di volgare negligenza o malizia”, spiegava l’organizzazione, sottolineando di aver già avuto contatti con il dipartimento di Stato USA e di aver avviato azioni legali preventive.

Il quotidiano ha però negato ogni addebito, rivelando che una password temporanea era stata indicata a febbraio nel libro ‘WikiLeaks: dentro la guerra alla segretezza di Julian Assange’, scritto dal giornalista del Guardian David Leigh, autore tra l’altro del’accordo di collaborazione con Assange.

“Dire che questo libro abbia potuto compromettere in qualunque modo la sicurezza dei file non ha senso”, ha sottolineato il quotidiano. “Ci era stato detto che la password era temporanea, che sarebbe scaduta entro poche ore e comunque non c’erano dettagli sulla localizzazione dei file”.

Il sito, tra l’altro, era nuovamente finito nell’occhio del ciclone nei giorni scorsi, in seguito alla pubblicazione di 134 mila cablogrammi in chiaro relativi al governo australiano, che aveva immediatamente condannato la decisione accusando Assange di danneggiare “con rivelazioni inopportune e pericolose” non solo le operazioni contro il terrorismo ma la stessa sicurezza nazionale.

I link forniti da WikiLeaks per accedere all’archivio del Cablogate:

http://www.cablegatesearch.net/search.php

http://cables.mrkva.eu/