Asstel: ‘Lasciare agli operatori la libertà di gestire le reti’

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L'associazione di Confindustria e i sindacati lanciano l'appello per rilanciare il ruolo delle tlc quale volano di crescita per l'intera economia Italia.

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Stefano Parisi

Il settore italiano delle telecomunicazioni ha registrato nel 2010 una flessione dei ricavi pari al 2,6% e del 6,9% in termini di occupazione. Alla luce anche dei ritardi accumulati nel settore della fibra ottica e dei servizi e per rilanciare il ruolo delle tlc quale volano di crescita per l’intera economia italiana, Asstel – l’associazione di Confindustria che rappresenta le imprese esercenti servizi di telecomunicazione fissa e mobile – e i sindacati hanno sottolineato la necessità di “…lasciare agli operatori la libertà di gestire la rete e sperimentare nuovi modelli di business, dando valore all’offerta di banda e alla qualità del servizio”.

In cinque anni, ha sottolineato Asstel, il totale dei ricavi della filiera è sceso del 10,5%, passando da 57,5 miliardi di euro nel 2006 a 51,5 miliardi di fine 2010. Una flessione di margini e ricavi che ha impattato pesantemente sui livelli occupazionali della filiera, che a fine 2010 contava 129.000 addetti, con un calo del 6,9% rispetto all’anno precedente.

Come sottolineato ieri anche dal presidente Agcom Corrado Calabrò in occasione della presentazione della relazione annuale, l’Italia è il paese che, tra il 1998 e il 2010 ha registrato il maggior decremento dei prezzi nelle telecomunicazioni: i prezzi, secondo Asstel e i sindacati, sono scesi dell’8%, ma nonostante ciò gli operatori hanno continuato a investire in maniera costante (circa 6 miliardi di euro lo scorso anno rispetto ai 7,3 miliardi di euro nel 2006 ) per estendere la portata delle infrastrutture e migliorane la qualità. Lo scorso anno sono stati posati 140mila chilometri di fibra ottica, un incremento del 6%.

Gli investimenti effettuati dalle telco italiane restano tra i più elevati in proporzione ai ricavi tra i Paesi dell’Ue a 5. Con il 14% degli investimenti sul totale dei ricavi l’Italia, infatti, è seconda solo alla Gran Bretagna (17%), precedendo Germania (12%), Spagna e Francia (ambedue all’11%).

Il contributo del settore al PIL è passato dall’1,7% del 2009 all’1,6% nel 2010, mentre, nello stesso periodo, il margine operativo lordo degli operatori telefonici si è ridotto dell’1,2%.

Ai primati nella telefonia mobile (che vanta una penetrazione del 150%, pari a circa 93 milioni di linee mobili) e nel mobile broadband (circolano in Italia circa 35 milioni di smartphone, pari a quasi il 30% del totale dei telefonini e sono circa 12 milioni gli italiani che navigano in rete dal telefonino), fa da contraltare una scarsa adozione della banda larga e dei servizi a essa connessi. In particolare, lo sviluppo dei servizi a banda larga risulta ancora troppo lento e non riesce a compensare la perdita di fatturato relativa ai servizi voce, dovuta oltre che al calo dei prezzi anche alla pressione dei servizi VoIP OTT (Over The Top).

Ieri Calabrò ha sottolineato che pur disponendo di una copertura broadband (fisso + mobile) superiore alla media Ue, l’effettivo utilizzo dei servizi digitali è ancora lontano dai target fissati dall’Agenda digitale europea e il rapporto presentato da Asstel sottolinea anch’esso come resti resti “preoccupante il ritardo italiano nella banda larga fissa con 54% di penetrazione (accessi su famiglie), a fronte del 78% del Francia, 72% della Gran Bretagna, 65% della Germania e 61% della Spagna”.

Secondo i dati presentati da Asstel, il 40% della popolazione adulta non ha mai usato il Pc e, tra gli over 55 anni, ben l’80% non usa internet (50% in UK). Forte è anche la disomogeneità rilevata tra diverse aree geografiche del Paese. Quanto alle imprese, il ritardo tocca in modo particolare quelle di dimensioni medio-piccole.(a.t.)