Seminario Bordoni. I diritti dell’utente digitale tra innovazione tecnologica e sviluppo del mercato

di Flavio Fabbri |

Sul tavolo dell’Agcom una Carta dei diritti dell’utente digitale per tutelare privacy, riservatezza e sicurezza informatica.

Italia


Seminario FUB: I diritti dell'utente digitale

Negli ultimi anni, uno dei termini più utilizzati nel linguaggio giornalistico in riferimento a internet è quello di rivoluzione. Le rivoluzioni però o si fanno o si subiscono e se non si sa bene da che parte stare allora si è un po’ confusi. Siamo dei cittadini digitali o siamo piuttosto un popolo digitalmente confuso?

 

Stando ai dati, relativi alla penetrazione di internet in Italia e al suo utilizzo, sarebbe semplice rispondere alla domanda appena posta e il popolo italiano online, che al momento si aggira sui 38 milioni di utenti connessi e 26,5 milioni di utenti attivi mensili, si mostra piuttosto inconsapevole delle profonde trasformazioni indotte dalla tecnologia. I nuovi ambienti digitali, infatti, implicano cambiamenti diffusi e profondi nel modo di fare la spesa, di accedere ai servizi, di comunicare, di divertirci e di fare shopping, tutte normali attività quotidiane che oggi avvengono su portali web globali dedicati all’eCommerce, all’infotainment, alle reti sociali, ai processi di virtualizzazione e di cloud computing. Servizi innovativi a cui si deve aggiungere l’eGovernment per la Pubblica Amministrazione digitale e in rete, l’eLearning, per l’istruzione e la didattica da remoto e l’eHealth, per la sanità elettronica. Si potrebbe continuare, ma questi per il momento sono nuovi orizzonti digitali che da soli bastano per rendere chiara la portata dei cambiamenti in corso.

 

Tutti i cittadini ne sono coinvolti, nessuno escluso, anche se in maniera diversa. Accanto ad una generazione di “nativi digitali“, che si muove speditamente nel nuovo universo digitale, c’è una grande parte di cittadini, “immigrati digitali” o ancora estranei alla rete, che si ritiene inadeguata a operare nel nuovo mondo interattivo. Per entrambe le categorie, notevoli sono i rischi derivanti nell’utilizzo dei nuovi mezzi tecnologici, se non si dà il giusto peso alle problematiche di sicurezza e soprattutto alle inevitabili implicazioni sulla privacy. È fondamentale, a questo proposito, che i cittadini possano operare con il giusto grado di fiducia verso tecnologie ormai divenute cruciali non solo per la crescita culturale e civile del Paese ma anche per un suo adeguato posizionamento nella competizione internazionale.

 

Il Seminario Bordoni organizzato a Roma il 7 giugno dalla Fondazione Ugo Bordoni e dedicato al delicato tema de ‘I Diritti dell’utente digitale‘, ha mostrato in che modo si sta evolvendo il panorama digitale dell’economia e dei diritti, in un momento in cui gli indici di crescita non registrano importanti variazioni dal 2008 ad oggi, sia per la crisi economica, sia per la scarsa incisività dell’operato dei governi. Un’occasione, quindi, per riflettere e confrontarsi su un argomento particolarmente attuale e che vede coinvolte imprese, istituzioni  e consumatori.

 

Due le relazioni di base, che hanno introdotto il pubblico al difficile rapporto di forza che esiste tra diritti digitali, mercato e innovazione tecnologica, presentate da Guido Scorza – avvocato, docente in varie università e giornalista in materia di diritto di tecnologie dell’informazione – e Francesco Sacco – docente, coordinatore di ricerca all’Università Bocconi e consulente sui temi legati all’impatto dell’IT sulle strategie aziendali. Al centro degli interventi la questione dell’utente digitale e i suoi diritti, considerati sia da un punto di vista giuridico, sia da un punto di vista economico. Due facce di una stessa medaglia, ha spiegato Maria Luisa Sangiorgio del C.d.A. Fondazione Ugo Bordoni, perché “maggiore è il livello di accesso alle reti di comunicazione elettronica dedicate ad esempio ai servizi di eCommerce, gaming online e eBanking, più elevato sarà il loro valore economico“. Proprio l’accessibilità e la velocità delle reti sono i due fattori di crescita principali per il web 2.0 e successive versioni. Il problema, ha specificato Sangiorgio nell’intervento di apertura del Seminario, “è che oltre a tali elementi chiave bisogna considerare che in rete non ci sono solo dati, prodotti e servizi, ma soprattutto utenti e ogni utente è un soggetto portatore di diritti relativi a riservatezza, privacy, sicurezza informatica”.

 

“Un terzo delle persone al mondo sono oggi connesse a internet (28,7%) e la penetrazione della rete è arrivata al 77,4% in Nord America, mentre in Italia siamo intorno al 52%, senza contare i dati stratosferici del Nord Europa che si attestano tra il 90 e il 95% – ha detto Sacco nella sua relazione – a cui si deve aggiungere che praticamente quasi 5 miliardi di persone nel mondo usano un telefono cellulare. Elementi che ci permettono di comprendere quanto l’innovazione tecnologica e quella digitale stiano trasformando la nostra economia e il nostro modo di vivere e di raffrontarci tra soggetti attivi in diversi ambiti della vita sociale, politica, culturale e come detto economica”.Internet rappresenta il 3,4% del PIL mondiale, ponendosi come settima economia più remunerativa – ha proseguito il professore della Bocconi – mentre in Italia siamo a circa 1,7% del PIL, poca cosa se confrontato a quello tedesco e francese che oscilla intorno al 3,1%. Sempre a livello mondiale, poco meno di un quinto delle 500 aziende più ricche sono attive nel settore ICT e per ogni posto perso, dovuto all’innovazione tecnologica introdotta nelle PMI, si calcola che  se ne guadagnino 2, mentre per ogni euro speso in marketing digitale tornano indietro 2,5 euro”.

 

Ecco che è facile capire quanto internet e le tecnologie digitali, che poi riguardano un po’ tutti i settori dell’economia degli ultimi venti anni, rappresentano strumenti fondamentali per l’uscita dalla crisi economica e il rilancio di mercati non solo nuovi, ma anche tradizionali. L’Italia è caratterizzata proprio da un forte orientamento ai mercati cosiddetti tradizionali, che in parte hanno frenato gli investimenti in tecnologie innovative e quindi hanno determinato un ritardo rispetto ai livelli di competitività raggiunti dagli altri grandi Paesi industrializzati. Siamo praticamente terzultimi o penultimi un po’ in tutto ciò che riguarda la rete, il web, i nuovi servizi e Internet. Va meglio con la rete mobile, dove rappresentiamo invece l’eccellenza, che però negli ultimi anni subisce un esplosione del traffico dati, fenomeno che a detta degli operatori di telecomunicazioni crea più perdite che guadagni.

 

In relazione al ritardo accumulato dall’Italia rispetto all’eCommerce, l’eBanking, la PA digitale, si pone, secondo Scorza, un problema di timing dell’Agenda Digitale. La sua attuazione è troppo lenta e questo genera per noi un ulteriore elemento di rallentamento della nostra economia e di rallentamento dei processi di trasferimento di conoscenze informatiche e digitali avanzate alla popolazione. Il popolo italiano è poco digitale, poco informatizzato e poco cosciente di quelli che sono i suoi diritti e doveri sul web e in altri ambiti digitalizzati. “I rischi che dobbiamo affrontare sono legati alla privacy, alla tutela dei dati personali, alla sicurezza informatica e al digital divide – ha ammonito Scorza – perché il pericolo più grande è che si determini quella società chiamata dei due terzi, in cui si apre uno spaccato profondo tra chi ha accesso alla rete e chi no, tra chi sa e chi non sa, tra chi sta dentro e chi sta fuori il nuovo mondo, le nuove ricchezze, le nuove conoscenze e i nuovi diritti”.

 

I diritti, come visto, possono essere davvero tanti, tante quante le violazioni che avvengono ogni giorno per limitazioni di vario tipo alla privacy, alla riservatezza, alla libertà di accesso ai servizi, alla conoscenza, alla libertà della rete, ai servizi considerati universali, al sapere nel suo complesso. La Tavola rotonda seguita ai keynote speaker, intitolata “Innovazione tecnologica, diritti e sviluppo del mercato” e moderata da Mario Frullone, direttore delle ricerche FUB, ha consentito un’ulteriore riflessione su tali spunti e sui fattori che determineranno tra qualche tempo un’affermazione dei diritti o un loro ridimensionamento a favore dei mercati e delle loro logiche. Due possibilità che al momento risultano essere alternative e non complementari, ma che invece gli ospiti della Tavola rotonda hanno voluto ancora mostrare come orizzonti in via di definizione e dalle tante possibili evoluzioni.

 

Da ottobre 2010, ad esempio, è possibile monitorare le prestazioni della propria connessione ad internet da postazione fissa attraverso un software certificato e gratuito che il consumatore potrà utilizzare sul proprio Personal computer. “Il servizio si chiama ‘Misura Internet’ e il software utilizzato Nemesys – ha ricordato Maurizio Pellegrini della FUB – un progetto lanciato dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), in collaborazione con la Fondazione Ugo Bordoni (FUB), in grado di fornire un innovativo strumento di controllo attraverso il quale il consumatore potrà avere maggiore consapevolezza delle prestazioni offerte dagli operatori e orientarsi tra le offerte di mercato, verificando di persona la qualità della propria linea e confrontandola con quella promessa dall’operatore al momento della stipula del contratto”. Gli operatori sono infatti tenuti ad indicare il valore della velocità minima di trasmissione dati dalla rete verso l’utente (download) oltre al valore di velocità massima teorica. Uno strumento, quindi, che consente al cittadino/utente di servizi di esercitare un proprio diritto e di tutelare i propri interessi.

 

“È importante potersi difendere in un mondo in cui la gran parte degli operatori che offrono servizi in rete hanno connotazione globale e che in virtù di questo non rispettano leggi e regolamenti in vigore nei singoli Paesi”, ha affermato Marco Pierani di Altroconsumo. Al momento, a parte qualche timido tentativo locale e singoli sperimentazioni di natura transnazionale, la gran parte dei fornitori di contenuti e servizi online operano al di fuori dei sistemi regolatori nazionali. In una situazione come questa è difficile per un cittadino/utente di internet e in generale di servizi di nuovi generazioni far valere i propri diritti. Da una parte ci sono le telcos, che lamentano un quadro normativo e regolatorio che imbriglia ogni loro movimento, dall’altra ci sono gli over the top come Google che invece – accusano le aziende di telecomunicazione – possono fare quello che vogliono e soprattutto fare guadagni sulla rete realizzati a spese degli operatori Tlc. Nel mezzo ci sono ovviamente gli utenti, i consumatori, con i loro diritti e le loro attese.

 

Per quanto riguarda le telcos, Paolo Di Domenico di Vodafone ha chiesto una maggiore semplificazione del quadro normativo e una più forte attenzione del regolatore ai cambiamenti in atto sulla rete: “Il flusso dei dati è letteralmente esploso negli ultimi anni, con un numero di smartphone che solo in Italia, entro il 2015, arriverà a circa 20 milioni di device in circolazione. A questo vanno aggiunti il cloud computing, la virtualizzazione e l’entrata di numerosi nuovi soggetti sul mercato dei servizi, ma solo nel numero, perché nella sostanza offriranno servizi speculari a quelli che già offriamo noi, con conseguente riduzione dei guadagni e aumento dei costi”.

 

Parlare poi di net neutrality significa, secondo Di Domenico e anche Francesco Nonno di Telecom Italia: “Andare incontro solo alle esigenze degli OTT, dei fornitori di contenuti, di coloro che sfruttano le reti esistenti senza investirci un soldo e determinando solo perdite per le aziende di telecomunicazione. Un dibattito ci può essere, ma allo stesso tempo si deve salvaguardare la sostenibilità economica del nostro modello di business e di investimenti”.Chiediamo al regolatore non un intervento a livello globale – ha precisato Nonno – che sarebbe inutile e lungo nei tempi di realizzazione, quanto piuttosto locale, in grado di produrre un modello di enforcement nazionale che tuteli aziende e consumatori in loco”.

 

A rispondere per gli over the top c’era Giorgia Albertino di Google che ha sottolineato, invece, come “L’accesso alla rete deve essere un diritto riconosciuto come universale, perché significa inclusione sociale, crescita economica, rafforzamento delle identità digitali, accesso al sapere, ai servizi e all’informazione, tutte cose di cui oggi non si può e non si deve fare a meno. Internet, come abbiamo visto, è un fattore di crescita economica formidabile, ma funziona solo se aperto, trasparente, neutrale e interoperabile“. Un mondo entusiasmante a sentire gli OTT, che addirittura evidenziano il rischio di una legislazione troppo favorevole al copyright e al diritto d’autore, che rischia di limitare eccessivamente il diritto del cittadino/utente di internet di accedere alla conoscenza e all’informazione. Posizione che non ha convinto Maria Grazia D’urso di Fastweb, che vede nell’entrata non regolata dei fornitori di contenuti sulla rete un danno economico agli operatori di telecomunicazione, e Mario Filipponi di Sky Italia, il quale ha ribadito semmai che “Il copyright è il valore aggiunto e quindi economico di un opera protetta da proprietà intellettuale che deve essere rispettata in quanto diritto dell’autore di vedersi remunerare lo sfruttamento della stessa. Non si può parlare solamente di diritti degli utenti e dei consumatori. Ad ogni diritto corrisponde anche un dovere e per il consumatore c’è il dovere di rispettare i diritti altrui e di corrispondere il giusto ad ogni transazione effettuata”.

 

Un dato quest’ultimo che riporta il dibattito sui diritti digitali in un contesto più ampio della sola internet, perché digitale è anche la televisione in tutte le sue piattaforme, è la telefonia mobile, è il settore del gaming, dei servizi innovativi legati al mondo della finanza e delle banche, del commercio elettronico e dell’industria culturale (cinema, televisione, audiovideo, intrattenimento). Un universo multidimensionale in cui l’utente, da qualche anno a questa parte, si trova immerso e forse un po’ spaesato.

Per ogni piattaforma c’è un diverso modo di consumare contenuti e servizi e di interagire con le aziende da parte dell’utente – ha ricordato Mauro Vergari di Adiconsum – e a tutto questo corrisponde un diverso modo di declinare i diritti e i doveri del consumatore. Processo che passa necessariamente per una rinegoziazione tra le parti, con un enforcement non della privacy, quando della riservatezza, del controllo da parte dell’utente dei dati personali da cedere o meno alle aziende che lavorano sul web”.

 

I canali per accedere a internet, ormai, si sono moltiplicati in pochissimo tempo e per entrare in una rete sociale si può usare un Pc, un netbook, un tablet, un telefono mobile, uno smartphone, una console per videogame. Tanti modi diversi di esercitare quello che è sempre più considerato un diritto e tanti modi nuovi per entrare in contatto con le internet company come Facebook, Twitter, Google, Microsoft, Apple, solo per citarne alcune. Soggetti economici di assoluto rilievo globale con cui, ha ricordato Vergari, bisogna riuscire a negoziare, perché tra le maggiori risorse di questo fruttuoso business 2.0 ci sono proprio i nostri dati personali.

 

A conclusione di Seminario sono intervenute l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) e l’Autorità Garante della Privacy, che hanno fornito il punto di vista dei regolatori nazionali sui tanti argomenti discussi durante la mattinata. Federico Flaviano dell’Agcom ha riconosciuto l’importanza di affiancare ai diritti digitali anche i doveri, “attraverso lo sviluppo della netiquette, ovvero l’insieme di regole che disciplinano il comportamento di un utente di internet nel rapportarsi agli altri utenti attraverso risorse quali newsgroup, mailing list, forum, blog, social network o e-mail in genere e che può essere esteso ai rapporti con le strutture e le aziende che vi lavorano”. “L’Agcom – ha spiegato Flaviano – è intervenuta negli ultimi mesi e anni a favore di un accesso facilitato alla rete da parte dei portatori di disabilità fisica e mentale, di un’internet neutrale, per consentire di cambiare operatore più velocemente e semplicemente, per una rete più trasparente, per il controllo della spesa e della qualità del servizio. Un esempio è stato il progetto ‘Misura Internet’ e il software Nemesys, mentre il prossimo passo potrebbe essere rappresentato dalla stesura di una Carta dei diritti dell’utente digitale, di cui saremo i precursori a livello globale”.

 

Riferendosi poi al tanto discusso ‘Registro delle opposizioni’, servizio già attivato da oltre 550 mila utenti, concepito a tutela del cittadino e realizzato proprio dalla FUB in collaborazione con il Ministero dello Sviluppo Economico, il rappresentate Agcom ha evidenziato che: “Sicuramente ci sono ancora dei problemi da risolvere, ma questo rimane uno strumento valido per la tutela del diritto del consumatore a non essere infastidito e, soprattutto, a vedersi rispettare le proprie disposizioni in materia di privacy nei confronti delle aziende di telemarketing”.

“Per il resto, la scelta del modello Opt-out è la strada migliore secondo noi, perché così si fa in modo che il destinatario della comunicazione commerciale non desiderata abbia la possibilità di opporsi ad ulteriori invii per il futuro“.

 

Difendere la privacy come primo passo per la difesa della riservatezza dei propri dati personali, ha infine ribadito Luigi Montuori dell’Autorità garante della privacy: “Perché il vero problema non è solo la scarsa attenzione dimostrata dall’utente nel rilasciare dati in rete, ma anche la totale indifferenza sul chi se ne appropria e per quali finalità. Dati che poi vengono venduti a terzi senza che i diretti interessati, ovvero gli utenti, ne sappiano nulla, ne mai ne hanno dato l’autorizzazione. Ecco perché, parlando di diritti digitali, serve e si fa necessaria una nuova e più efficace regolamentazione del settore”.