Italia
Continua il declino della televisione così come l’abbiamo sino ad ora  conosciuta.
 E’ un declino di idee, di linguaggio, di relazione con il pubblico, ma  innanzitutto di modelli.
 Per decenni abbiamo assistito al confronto competitivo tra la televisione di  servizio pubblico, finanziata con il canone (e solo in Italia, per rimanere ai  paesi più importanti, da un mix di canone e pubblicità) e la tv commerciale,  finanziata con la pubblicità. 
 Per decenni ci hanno detto che la prima era un servizio al pubblico, mentre la  seconda era un servizio all’inserzionista pubblicitario. E con questo sono state  giustificate una serie di azioni del servizio pubblico che avevano ben poco di  servizio e di pubblico.
 Poi è arrivata la pay-tv, fortemente connotata come un servizio, più o  meno personalizzato, al telespettatore disposto a pagare per essa.
 Le carte si sono rimescolate e al disorientamento d’identità dei tradizionali  modelli si è aggiunto il nuovo ecosistema della comunicazione elettronica  fondato su internet.
 Un modello che ha generato nuovi modelli di comunicazione, inediti paradigmi di  relazioni con il pubblico, forte connotazione con i social network e  contenuti generati direttamente dagli utenti in quantità sino a quel momento  imprevedibili e inimmaginabili. 
 Oggi tutto questo non è solo il nocciolo di un cambiamento di sistema: è un  fenomeno già ampiamente affermato e più che lasciare intravedere approdi,  rilancia sin da ora una nuova gerarchia nel nuovo ordine televisivo.
 I programmi televisivi di oggi sono per buona parte vecchi nel linguaggio e  scadenti nella qualità, tranne alcune importanti eccezioni (i pochi programmi di  fascia alta, a forte impatto culturale e divulgativo, che qualificano in  extremis l’offerta). Nella maggior parte dei casi, la televisione tradizionale  propone programmi che appartengono ad altri mondi, verrebbe voglia di dire  testimonianze che appartengono ad altre ere geologiche, se non fosse per il  fatto che i programmi della vecchia televisione erano di gran lunga migliori. 
 Oggi questi programmi sono, in molti casi, incapaci di intercettare l’interesse  del pubblico e appaiono radicati in format e linguaggi che si rincorrono a  vicenda da una rete all’altra o da un competitor all’altro, senza alcun elemento  d’innovazione o di semplice novità.
 I risultati sono sotto gli occhi di tutti. 
 Fuga di pubblico senza precedenti dalla televisione verso altre modalità di  intrattenimento, a partire dai contenuti offerti da internet e consumati su  personal computer o, ancor più fragorosamente, sullo smartphone, che è  ormai diventato il computer da taschino che una decina di milioni di italiani  porta sempre con sé.
 E dato che viviamo in un mondo globale e tutto il mondo è paese, anche le  televisioni degli altri pur con qualche elemento qua e là di maggiore di  resistenza, sono comunque destinate al lento declino.
 Il valore del mercato televisivo mondiale continua a decrescere, innanzitutto  per effetto della crisi mondiale che marca dal 2008 ogni settore economico e  industriale. 
 La crisi ha morso il polpaccio della pubblicità, ma intanto s’intravedono  elementi di riconfigurazione dello scenario televisivo mondiale, come indicano i  numeri di un nuovo Rapporto di Idate sul settore.
 A livello mondiale la pubblicità è passata dai 119 miliardi di euro del 2006 ai  122 miliardi di euro del 2009, con una previsione di 142 miliardi di euro per il  2013. Non troppi, se si pensa alla crescita del mercato televisivo in termini di  numero di famiglie.
 Le revenues pubblicitarie di radio e stampa sono destinate a  confermare la decrescita sino al 2013, pur con uno stazionario 40-41 % di  incidenza sulla pubblicità televisiva dal 2006 al 2013, ma per effetto  dell’impennata della pubblicità su internet, che nei sette anni indicati si  triplica passando da 23 miliardi di euro a oltre 68 miliardi di euro.
 Se poi guardiamo alle modalità di trasmissione in tutto il mondo, nel periodo  2006-2013 a cedere è la modalità terrestre (da 504,4 milioni a 438,5  milioni di famiglie), che è stata la modalità di gran lunga più diffusa per  decenni, mentre crescono satellite (da 231,6 a 339,2 milioni di  famiglie), cavo (da 404,4 a 489,2 milioni di famiglie) e addirittura l’IPTV,  che passa da 5,4 milioni a 60,6 milioni di famiglie. 
 Va inoltre considerato che i valori relativi a cavo e IPTV coincidono per intero  con la modalità pay.
 Quanto al satellite, la quota di servizi televisivi pay si riduce ad una forbice  che va dagli 84,7 a 174,9 milioni di famiglie, ma con un passo di marcia  particolarmente significativo. Come dire che nel periodo 2006-2013, mentre il  satellite cresce complessivamente del 32%, la quota dei servizi pay su questa  piattaforma cresce del 52%.
 Da qui due considerazioni. 
 La prima è che la crescita dei servizi pay da satellite indica l’insoddisfazione  del pubblico verso i tradizionali servizi pubblici e di tv commerciale, la  seconda è che la tv satellitare pay può offrire bouquet e offerte personalizzate  in linea con la tendenza alla differenziazione dei consumi che è tipica  dell’ecosistema dei media che si sta affermando.
 In questo senso la pay-tv è destinata a diventare uno dei fattori chiave  dell’intrattenimento domestico, con una struttura del mercato che cambierà anche  in base ai contesti nazionali di riferimento.
 Il panorama naturalmente sarà caratterizzato da una serie di fattori tecnologici  che fungeranno da catalizzatori e driver. 
 Alcuni sono in fase avanzata o di completamento (come il traghettamento dal  regime di diffusione analogico a quello del digitale terrestre), mentre altri  come l’Alta Definizione e per ultimo il 3D, proiettano la TV domestica in un  ambito di consumo sino ad oggi inimmaginabile.
 Ma la vera novità, di cui tutti avvertiamo il fragore in arrivo, di cui tutti  percepiamo la forza d’impatto, di cui tutti assaggiamo le prime prove generali è  la nuova televisione, la New TV o Next TV che dir si voglia.
 Qui emergono alcune precise tendenze che possiamo sintetizzare in sei passaggi.
 Il primo è quello dei servizi video enhanced. Tra essi figurano i nuovi  servizi di video on demand, forti anche del fatto che si sta affermando il  principio dell’uscita simultanea in DVD e VOD (per cui il primo è destinato a  decrescere sensibilmente) dei prodotti soggetti prima a windows, assieme ai  social video (da YouTube a Dailymotion), mentre il successo di  servizi internet come Hulu negli Usa indicano come i produttori e i distributori  si stanno orientando sempre più verso una valorizzazione dei canali di rete.
 Il secondo è quello della TV che si sposta verso internet e viceversa. Il  televisore è il display usato per il maggior consumo di video e inevitabilmente  internet ha già avviato la lenta marcia di avvicinamento e penetrazione nei  televisori domestici. Ancora una volta si tratta dell’adattamento al televisore  domestico di web content prodotti per la rete ma consumabili anche nel salotto  di casa. I video prodotti per internet ma con la logica di essere visti anche in  TV. Vi sono poi i sistemi che adottano soluzioni tecnologiche neutrali, capaci  di diffondere e distribuire indifferentemente su pc o tv, infine vi sono i veri  e propri portali tv nati recentemente, a partire da Apple tv.
 Il terzo è quello del miglioramento della experience del consumo televisivo.  Qui, entrano in ballo i social network. I programmi televisivi creano usualmente  un secondo pubblico, particolarmente multitasking, che è capace di usare nello  stesso momento televisore, computer e smartphone. A chi di noi non è mai  capitato di seguire una trasmissione contemporaneamente su tv e twitter (Annozero,  Ballarò, Exit o L’ultima parola…). O parallelamente, seguire un programma tv che  viene arricchito dalle domande che giungono al conduttore tv attraverso i social  media.
 Il quarto, riguarda il modo attraverso cui adattare la pubblicità televisiva  alle nuove abitudini del telespettatore (o del nuovo telespettatore). E qui  scattano tutte le nuove teorie sulle modalità che consentono di qualificare e  classificare il pubblico, sino ad arrivare a forme di personalizzazione dei  messaggi pubblicitari. 
 Il quinto ci porta con due piedi nelle nuove praterie della Next TV, che prevede  l’organizzazione in Hub, tutto nelle mani del consumatore, delle offerte  multiple di video che giungono nell’ambiente domestico. Un passetto ancora e  siamo di fatto su una piattaforma che mette assieme i servizi tradizionali  lineari con i servizi à-la-carte, la disponibilità dei video provenienti  dal web assieme alla reperibilità di video professionali già acquisiti sull’hard  disc del proprio impianto assieme ai video personali e amatoriali realizzati in  proprio.
 Il sesto, ci fa immaginare il nuovo environment domestico in cui vi è la  disponibilità di tutti i contenuti video su tutti i display disponibili, sia a  livello domestico sia a livello di device personali come lo smartphone.
 E’ la Next Generation Television o Next-Gen TV, della quale ormai tutti parliamo  e che è più presente di quanto non si percepisca.
 Su questi temi si focalizzerà il convegno, promosso dal Corecom Lazio assieme al  Coordinamento Nazionale dei Corecom italiani, che si terrà a Roma il prossimo 6  luglio presso la Casa del Cinema e che solleciterà il confronto tra esperti,  aziende televisive e produttori di contenuti, rappresentanti delle istituzioni  di settore.