Smartphone spioni: Apple e Google si difendono ma non convincono i senatori Usa

di Alessandra Talarico |

Le due società sono state convocate presso la sottocommissione Giustizia dal Senatore Al Franken, che però continua a nutrire 'seri dubbi' sul fatto che la privacy dei consumatori sia protetta adeguatamente.

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iPhone spioni

Apple e Google sono state ascoltate ieri dalla sottocommissione Giustizia del senato americano, che ha convocato le due società per avere chiarimenti sul caso della raccolta illecita delle informazioni sulla posizione degli utenti smartphone.

Le due compagnie, aspramente criticate per l’accaduto, hanno difeso le loro pratiche commerciali e le policy a difesa della privacy dei consumatori.

“Apple è fortemente impegnata a proteggere la privacy dei clienti e non ha mai tenuto traccia della loro posizione. Non lo ha mai fatto e non intende farlo”, ha affermato Guy Tribble, vicepresidente per la tecnologia software della società di Cupertino, ribadendo quanto già affermato da Steve Jobs.

Apple è finita nel mirino delle autorità – anche il Garante italiano ha aperto un’istruttoria – perchè alcuni iPhone memorizzavano le informazioni sull’ubicazione degli utenti anche quando i servizi di location erano spenti. La società si è giustificata adducendo il problema a un ‘bug’, che è stato risolto con un aggiornamento del sistema operativo (leggi Articolo Key4biz), ma il senatore Al Franken – che ha convocato l’audizione – ha sottolineato che Apple ha affermato di utilizzare le informazioni provenienti dai ripetitori dei cellulari e dagli hot-spot Wi-Fi per fornire servizi quali le mappe digitali. Tribble ha replicato però che queste informazioni “non contengono alcun dato che permetta di risalire all’identità degli utenti. Si tratta di informazioni completamente anonime”.

 

Il responsabile per le policy pubbliche di Google, Alan Davidson, oltre a ribadire che anche i dati che arrivano a Google sono aggregati e anonimi, ha quindi puntato il dito sugli sviluppatori di applicazioni per Android: “sono loro – ha detto – i responsabili di come i loro software raccolgono e utilizzano i dati degli utenti e le informative sulla privacy”.

“Google – ha aggiunto – non controlla il funzionamento delle applicazioni prodotte da terze parti o le modalità con cui gestiscono le informazioni di location o altri dati ottenuti dal dispositivo, anche se Google incoraggia fortemente l’utilizzo di best practice”.

 

Sulla questione delle app sviluppate da terze parti, il rappresentante Apple ha invece affermato che la società fa firmare un contratto in cui gli sviluppatori acconsentono a informare adeguatamente gli utenti sulle modalità di raccolta dei dati. Apple, però, non ha mai rimosso neanche un’app per la violazione di questo accordo.

 

L’audizione delle due società – la prima incentrata sul rapporto tra privacy, tecnologie e legislazione – non ha lasciato molto soddisfatto il senatore Franken, che ha affermato di avere ancora “seri dubbi” sul fatto che la privacy dei consumatori sia protetta adeguatamente.

Franken ha sottolineato come i “consumatori abbiano il diritto fondamentale di sapere quali loro dati vengano raccolti e di decidere se vogliono condividere quelle informazioni, quando e con chi”. Eppure, ha aggiunto, “gli studiosi ci dicono che le informazioni sui nostri dispositivi mobili non sono protette come dovrebbero”.

 

Il sistema operativo Android di Google è presente sul 35% degli smartphone venduti nel corso del primo trimestre, seguito da quello Apple che detiene una quota del 19%.
 

“Le compagnie telefoniche, Apple e Google e le app, tutti conoscono la nostra posizione. Dobbiamo risolvere questo problema adesso, dal momento che la popolarità dei dispositivi mobili non può che crescere”, ha dichiarato Franken. Anche Jessica Rich, vicedirettore dell’ufficio FTC per la protezione dei consumatori, pur non volendo entrare nel merito del caso Apple, ha affermato – interrogata da Franken – che “c’è un sacco da fare…per sfidare il comportamento delle compagnie che fanno false affermazioni circa la legittimità delle loro pratiche commerciali”.

“La rapida crescita dei prodotti e dei servizi mobili crea molte opportunità per i consumatori, ma solleva anche molti dubbi per la loro privacy, inclusa la condivisione ‘invisibile’ dei dati con diverse parti”, ha affermato ancora Jessica Rich.

 

Jason Weinstein, vice assistente del procuratore generale della divisione criminale del Dipartimento di Giustizia, ha sottolineato che, mentre le leggi limitano le informazioni che possono essere condivise con il governo, non ci sono restrizioni sulla condivisione di queste informazioni con altre imprese.
“Il confine tra dispositivi mobili e personal computer si sta riducendo ogni giorno” e i dispositivi mobili rappresentano “un’altra piattaforma che i cyber criminali non esitano a prendere di mira”, ha affermato Weinstein.

 

Il Congresso americano, raccogliendo anche le molte sollecitazioni giunte dalla Ue, si sta impegnando per mettere un freno alla raccolta indiscriminata delle informazioni degli utenti internet e smartphone. Almeno 5 le proposte di legge introdotte quest’anno, di cui tre volte a creare un meccanismo che consenta ai consumatori di disabilitare le funzioni di tracking.

I legislatori sono alle prese col tentativo di determinare che tipo di leggi sia necessario in quest’era in cui i dispositivi mobili sono potenti quanto i primi Pc.

I dati sulla posizione degli utenti sono un ‘prodotto’ sempre più ambito da molte aziende – non solo società telefoniche o vendor, ma anche case automobilistiche e società di assicurazioni (leggi articolo Key4biz) – per un mercato che negli Usa dovrebbe arrivare a valere 4,7 miliardi di dollari nel 2015, d 1,6 miliardi nel 2010.

 

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