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Music in the cloud: arriva anche Google Music, ma senza il supporto delle case discografiche

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Google annuncerà oggi nell’ambito della I/O developer conference, un nuovo servizio di musica in the cloud – Google Music – molto simile a quello annunciato a marzo da Amazon (leggi articolo Key4biz).

La battaglia della musica, dunque, si sposta sulle nuvole e anche Apple sembrerebbe pronta a lanciarsi nella mischia.

Google avrebbe voluto aspettare di giungere a un accordo con le etichette discografiche. L’accordo, però, non è arrivato e Google ha deciso di fare come Amazon, lanciando un servizio che permetterà agli utenti di ascoltare musica in streaming ma senza poter scaricare il brano sui propri supporti. Un limite che indica il tentativo di Google di evitare che il servizio possa trasformarsi in uno strumento per diffondere musica piratata.

A differenza del servizio offerto da Amazon, quindi, Google Music non prevede l’acquisto di brani

 

Il sistema messo a punto da Google, così come quello di Amazon, è conosciuto come ‘passive locker‘ e non necessiterebbe di licenza da parte delle major. Ma è anche un tipo di sistema che limita fortemente l’offerta di servizi aggiuntivi, tanto che in molti ritengono che sia Google che Amazon abbiano semplicemente voluto dare un ‘assaggio di quello che sarà il vero servizio una volta ottenute le licenze delle case discografiche. Con le licenze in tasca, ad esempio, gli utenti potranno accedere direttamente alle canzoni memorizzate nei server centrali, senza dover caricare ogni brano dalla loro libreria.

 

Secondo molti esperti di musica digitale, il business del digital locker è ancora ambiguo dal punto di vista giuridico: è impossibile infatti per le web company stabilire se un brano archiviato è stato acquistato o scaricato illegalmente, mentre le etichette musicali hanno già espresso ‘profonda preoccupazione’ per la possibile violazione degli accordi di licenza in essere con la compagnia. In passato l’industria musicale ha trascinato in tribunale molte società – come MP3tunes – che permettevano agli utenti di caricare la loro musica e ascoltarla dovunque.

Anche Apple starebbe negoziando con le major per assicurarsi un servizio più completo di quello dei concorrenti. Il lavoro tecnico sul servizio è stato infatti completato ma la società non si sbilancia sulla tempistica del lancio, che secondo molti potrebbe avvenire a giugno al WWDC.

La tecnologia del servizio Apple – che ricreerebbe la libreria iTunes in un server centralizzato – è quella sviluppata da Lala.com, società acquistata dal gruppo di Cupertino nel 2009. E’ solo questione di convincere le major ad aderire al servizio. E questo potrebbe fare la differenza e minimizzare l’impatto delle offerte concorrenti.
 

Spotify, uno dei maggiori siti che offrono musica in streaming, ha tentato per mesi di contrattare un accordo con le major, ma senza riuscirci:, le case discografiche non sono convinte del potenziale della società svedese di generare profitti, soprattutto dopo la decisione della società di limitare i servizi gratuiti, rendendo il servizio meno attraente agli occhi degli utenti.

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