Facebook usa i minori per la pubblicità. Negli USA class action dei genitori

di Raffaella Natale |

Mark Zuckerberg si difende: ‘Accuse infondate’.

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Facebook e minori

Facebook non chiede l’autorizzazione dei genitori prima di far sapere alla community del social network che a un minore ‘piace’ la pubblicità. Un padre ha quindi deciso di far causa alla società di Mark Zuckerberg che s’è difeso sostenendo che si tratta di “accuse completamente infondate che combatteremo in modo determinato”.

La questione è molto complessa e riguarda i rapporti delicati tra privacy, ruolo dei minori iscritti a Facebook, che sono veramente tanti, e inserzionisti.

 

Gli avvocati di Scott Nastro e suo figlio hanno fatto ricorso presso il tribunale civile di New York, proponendo una class action che coinvolga tutti i membri della rete sociale che hanno meno di 18 anni, i cui nomi e profili sono stati utilizzati per promuovere prodotti e servizi o con lo scopo di allargare il numero degli iscritti.  

“Facebook sembra essere continuamente alla ricerca di nuovi modi d’usare i nomi e i profili dei propri membri, tra cui minori, per scopi commerciali”, ha dichiarato il legale Lee Squitieri, citato nei documenti depositati presso la corte.

 

Nel 2007, la società con sede in California ha lanciato il servizio che consente di collegare la pubblicità online con le attività dei membri, come per esempio commentare la qualità di un ristorante o indicare con la funzione ‘Mi piace’ il proprio apprezzamento per un marchio. Queste preferenze vengono poi comunicate ai propri contatti attraverso dei feed o compaiono sulla barra laterale delle pagine Facebook.  

Le nuove impostazioni sulla privacy consentono di decidere quali informazioni condividere e quali no ma non prevedono alcuna funzione per quanto riguarda l’applicazione ‘Mi piace’.

 

La denuncia riguarda anche il servizio ‘Trova i tuoi amici’, aperto anche ai minori, che suggerisce eventuali contatti tra i membri della community che conta ormai più di 500 milioni di utenti.

L’avvocato Lee Squitieri ha quindi chiesto al giudice di New York di impedire a Facebook di includere i minori in queste pratiche, nonché il risarcimento e il rimborso di tutti i profitti generati dalle pubblicità che hanno coinvolto i minori iscritti alla rete sociale.