iPhone spioni: Apple sistema il bug, ma per gli analisti è stata ‘una tempesta in un bicchiere d’acqua’

di Alessandra Talarico |

Secondo l'analista Robert Filkins, 'i dati di location non servono a granché dopo un po' di tempo' che sono memorizzati sul dispositivo, al massimo possono dare un'indicazione approssimativa di dove si è stati.

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E’ stato rilasciato dalla Apple il promesso aggiornamento del sistema operativo iOs, per sistemare quel bug che tanto scalpore ha provocato nell’opinione pubblica perchè consentiva la memorizzazione dei dati sulla posizione degli utenti sull’iPhone e su tutti i dispositivi su cui veniva effettuata la sincronizzazione dello smartphone.

 

L’aggiornamento, iOS 4.3.3, riduce la quantità di informazioni che vengono memorizzate dal dispositivo – limitandola alle informazioni di una settimana – e cancella la cache dei dati sulla posizione quando l’utente spegne i servizi di location, impedendone, quindi, il trasferimento sul Pc quando avviene la sincronizzazione.

“Il motivo per cui l’iPhone memorizza così tanti dati è imputabile a un bug che abbiamo individuato e prevediamo di risolvere a breve”, aveva detto Steve Jobs quando il caso è esploso, sottolineando comunque Apple non ha mai spiato nessuno e che l’iPhone non registra la posizione dell’utente, ma mantiene un database di hot-spot Wi-Fi e ripetitori cellulari attorno alla sua posizione geografica (alcuni dei quali possono trovarsi persino a più di 150 chilometri dall’iPhone) per consentire un calcolo rapido e preciso della posizione (leggi articolo Key4biz).

 

“Se gli utenti non vogliono condividere le loro informazioni, basta tenere spenti i servizi di location”, ha affermato Jobs, spiegando che una volta sistemato il bug “…il dispositivo non memorizzerà più le informazioni, ma non potrà neanche calcolare la posizione dell’utente”.

 

Si è parlato molto del caso degli iPhone spioni e delle ripercussioni per la privacy e la sicurezza degli utenti ma, secondo gli analisti di Coleago Consulting si è voluto creare “una tempesta in un bicchiere d’acqua”, dal momento che la maggior parte degli utenti “è felice di condividere i dati personali per usufruire, in cambio, dei servizi location-based”.

Secondo l’analista Robert Filkins, “i dati di location non servono a granché dopo un po’ di tempo” che sono memorizzati sul dispositivo, al massimo possono dare un’indicazione approssimativa di dove si è stati, ma non sono accurati se non considerati in real time.

 

Certo, bisogna approfondire come queste società raccolgono e utilizzano i dati, anche perchè gli smartphone sono dispositivi arrivati da poco sul mercato e quindi anche i servizi che offrono sono relativamente nuovi e pieni di possibili incognite per i consumatori.

Il problema, insomma, risiede più nel fatto che non ci sia stato un dibattito ampio “su come usare i dati sensibili, su come conservarli e su cosa cancellare”, che nelle eventuali ripercussioni del caso degli iPhone ‘spioni’ sull’immagine di Apple.