Key4biz

Antitrust: Microsoft deposita denuncia alla Ue contro Google. ‘Abusa della sua posizione a scapito dei consumatori’

Unione Europea


Microsoft ha presentato una denuncia formale alla Commissione europea nell’ambito dell’indagine che la Ue sta svolgendo sulle presunte pratiche anti-competitive di Google nel mercato della ricerca online (leggi articolo). Lo ha annunciato il consulente legale della società, Brad Smith, in un post sul suo blog ufficiale.

 

“Riconosciamo che Google ha apportato nello scorso decennio una serie di innovazioni per le quali dovremmo complimentarci. La società ha fatto molto per promuovere la sua lodevole missione di ‘organizzare l’informazione mondiale’, ma siamo preoccupati dall’estensione di una condotta mirante a bloccare la creazione di qualsiasi alternativa da parte dei concorrenti”, ha scritto Smith, aggiungendo che Microsoft ha quindi deciso di unirsi a un ampio e crescente numero di compagnie preoccupate per la situazione competitiva del mercato europeo della ricerca online.

Come ha riconosciuto la stessa Commissione, Google controlla il 95% del mercato europeo, in contrasto con quanto avviene negli Usa, dove il motore di ricerca Microsoft Bing è utilizzato da un quarto degli utenti, direttamente o attraverso Yahoo.

 

Microsoft, ha detto ancora Smith, “…ha dimostrato di essere pronta a lavorare duro e a investire letteralmente miliardi di dollari all’anno per offrire Bing, un servizio di ricerca che molti riconoscono come il più innovativo tra quelli attualmente disponibili. Ma lavoro duro e innovazione richiedono un mercato equo e competitivo in cui prosperare e già due volte il Dipartimento di Giustizia Usa è intervenuto per contrastare i comportamenti illeciti di Google volti a contrastare la concorrenza”.

Nel 2008, il DoJ ha denunciato Google per un tentativo illecito di legare e fissare i prezzi di Yahoo, facendo fare marcia indietro alla società, mentre lo scorso anno il DoJ si è formalmente opposto al tentativo del gruppo di monopolizzare la digitalizzazione dei libri, nell’ambito di un’operazione che la scorsa settimana è stata bloccata anche dalla Corte di New York.

“Sfortunatamente – ha affermato Smith – neanche questo è bastato per fermare nuove e sconcertanti pratiche scorrette da parte di Google negli Usa”.

 

E in Europa va anche peggio: “Per questo – ha spiegato – la nostra denuncia si concentra su una serie di azioni intraprese da Google per rafforzare il suo predominio nei mercati della ricerca e della pubblicità online, a scapito dei consumatori europei”.

 

L’indagine dell’antitrust Ue è stata aperta dopo la denuncia di alcune web company secondo cui i loro servizi sarebbero stati penalizzati nei risultati di ricerca a pagamento e gratuiti in favore dei servizi della stessa Google.  L’esecutivo, in particolare, sta indagando per appurare se Google abbia veramente abusato della propria posizione dominante nel campo delle ricerche su internet facendo scivolare in basso nei risultati di ricerca i servizi dei concorrenti, come ad esempio alcuni siti di comparazione dei prezzi (noti anche come servizi di ricerca verticali) concedendo, invece, un “piazzamento privilegiato” ai propri. La Commissione sta anche appurando se, come sostengono i concorrenti, Google abbia volontariamente degradato il Quality Score (il punteggio sulla qualità è uno dei fattori che determina il prezzo pagato a Google dagli advertiser) dei servizi di ricerca verticale concorrenti nei risultati di ricerca a pagamento, quelli cioè che compaiono in alto a destra nella pagina dei risultati.
Altro filone dell’inchiesta Ue riguarda le accuse secondo cui Google imporrebbe clausole di esclusività ai partner pubblicitari, impedendo loro di mettere alcuni tipi di annunci pubblicitari forniti dai concorrenti sulle loro pagine, con l’obiettivo di escludere gli strumenti di ricerca dei competitor. La Commissione sta, infine, indagando sulle accuse concernenti la restrizione della portabilità delle campagne pubblicitarie online verso le piattaforme concorrenti.

 

“Google sa bene che il corretto funzionamento dei motori di ricerca dipende dall’apertura del Web ed è pronto a lamentarsi se qualcuno mina questo principio. Sfortunatamente, però, la società ha intrapreso un modello di compartimentazione dei dati e dei contenuti dei quali i concorrenti hanno bisogno per fornire i risultati di ricerca e attrarre gli inserzionisti”, ha affermato Smith, sottolineando che la difesa di Google – secondo cui chiunque può tranquillamente accedere a qualsiasi motore di ricerca – ignora il fatto che ci sono molti altri settori in cui i motori di ricerca competono: nella completa indicizzazione del web per generare risultati il più possibile completi ed esaustivi; nella corsa ad attrarre gli inserzionisti (la pubblicità è la principale fonte di reddito nel business della ricerca) e ancora competono nella distribuzione dei loro search box nei siti internet.

“I consumatori non potranno beneficiare dell’utilizzo di strumenti alternativi fino a quando tutti i motori di ricerca non avranno l’opportunità di competere lealmente in ognuna di queste aree”, ha sottolineato ancora.

 

Smith passa quindi in rassegna una mezza dozzina di casi che illustrano le tesi di Microsoft, risalendo fino al 2006, quando Google acquisto YouTube: “da allora ha posto in essere un crescente numero di misure tecniche volte a impedire ai motori di ricerca concorrenti di accedere propriamente al sito e, quindi, di offrire agli utenti i video della piattaforma nei loro risultati di ricerca”. Un comportamento che, secondo il legale, non ha permesso ai concorrenti di gareggiare ad armi pari e ha dirottato molti utenti verso i servizi Google.

Un blocco che nel 2010, e anche più recentemente, Google ha riproposto anche per i dispositivi mobili: i nuovi Windows Phone non potrebbero quindi accedere a YouTube così come fanno i dispositivi Android perchè Google si è rifiutato di permettere a Microsoft l’accesso ai metadati del sito. Opportunità concessa invece agli iPhone.

Come conseguenza, l’app YouTube dei Windows Phone si riduce alle funzionalità di un browser che consente di visualizzare la versione mobile del sito, senza la possibilità di accedere alle funzionalità aggiuntive offerte dai telefonini concorrenti.

Smith afferma quindi che Google sta cercando di bloccare l’accesso ai contenuti degli editori. Un aspetto, questo sottolineato anche dai giudici federali di New York nell’ambito della decisione relativa al tentativo di Google di ottenere accesso esclusivo e illimitato alle cosiddette ‘opere orfane‘ (quelli, cioè, per i quali non si riesce a risalire al detentore del copyright). Secondo il progetto di Google, solo il suo motore  sarebbe stato in grado di offrire questi libri tra i risultati di ricerca. Respingendo il progetto, la Corte di New York ha sottolineato che “la capacità di negare ai concorrenti la possibilità di ricercare le opere orfane rafforzerebbe ulteriormente il potere di Google nel mercato della ricerca online”. Una posizione che Smith ha definito “un importante punto di partenza ai sensi del diritto statunitense, ma che dovrebbe essere rafforzata da posizioni simili anche in Europa e nel resto del mondo”.

 

Google, secondo Smith, starebbe anche restringendo l’accesso ai dati che gli advertiser immettono nei suoi server per gestire le loro campagne promozionali. Questi dati appartengono agli advertiser ma Google proibisce loro, per contratto, di usare i dati in maniera interoperabile con altre piattaforme come l’ad Center di Microsoft

Questo rende più costoso per gli inserzionisti rivolgersi ai concorrenti e perciò molti non lo fanno. Ed è un problema significativo perchè ai motori concorrenti non restano che ads poco rilevanti e con pochi margini di guadagno.

“Anche se tutto questo non è visibile ai consumatori, gli effetti di questo comportamento sono rilevanti per il web: i profitti pubblicitari sono il propellente economico che consente gli investimenti miliardari necessari per migliorare i servizi, ma ridurre la possibilità dei competitor di attrarre profitti colpisce al cuore la concorrenza”, ha affermato, sottolineando che questo indebolimento si riflette in “preoccupazioni che vanno oltre il controllo di Google sul web”.

Uno dei modi utilizzati dai motori di ricerca per attrarre gli utenti, consiste nella distribuzione dei search box sui siti: “sfortunatamente – dice ancora Smith – Google impedisce contrattualmente ai maggiori siti europei di utilizzare i search box dei concorrenti”.

“E’ ovviamente difficile per i motori di ricerca concorrenti guadagnare utenti se praticamente ogni box è ‘powered by Google’. I termini di esclusività hanno impedito a Microsoft di distribuire i servizi Windows Live come le email e lo storage dei documenti online alle compagnie di telecomunicazioni europee perchè questi servizi sono monetizzati attraverso i search box Bing”, ha aggiunto.

 

Infine, Microsoft condivide la preoccupazione espressa da molti, secondo cui Google discrimina gli aspiranti concorrenti rendendo loro più costoso il raggiungimento di un posizionamento di primo piano per le loro pubblicità: “Abbiamo fornito alla Commissione europea una notevole mole di analisi relative al funzionamento degli algoritmi e al significato competitivo della promozione o dell’abbassamento delle pubblicità”.

 
Negli anni passati, ha detto ancora, molti inserzionisti, editori e consumatori si sono rivolti a Microsoft per esprimere preoccupazione riguardo il mercato della ricerca online in Europa, un settore tra l’altro estremamente importante per l’economia del continente.

“Ogni giorno – ha spiegato – più della metà degli europei usa internet e oltre il 90% cerca informazioni su beni e servizi. Anche l’Agenda Digitale ha chiarito che il commercio si sta spostando sul web, dove due terzi degli europei iniziano il loro processo di acquisto. E’ quindi essenziale che i motori di ricerca e l’advertising si muovano in maniera aperta, equa e competitiva”.

Visti i trascorsi – l’Antitrust Ue ha comminato a Microsoft sanzioni complessive di 1,68 miliardi di euro per abuso di posizione dominante – “qualcuno potrebbe trovare ironica la nostra denuncia, ma proprio per questo non è una decisione che abbiamo preso alla leggera”.

E’, tra l’altro, la prima volta che Microsoft prende una simile decisione, ma – ha concluso – “riconosciamo l’importanza di assicurare che le leggi sulla concorrenza siano equilibrate e consentano lo sviluppo ulteriore delle tecnologie”.

 

“Vogliamo che Google sia libero di continuare a innovare, ma non dovrebbe essergli consentito di impedire questa possibilità ad altri. Ed è quello che sta facendo adesso. Per questo speriamo che i servizi europei valutino la situazione e decidano di porvi fine”, ha concluso Smith.

La decisione di Microsoft di presentare reclamo alla Commissione europea non ha colto di sorpresa Google, dal momento che, ha fatto sapere in una nota, una società facente capo al gruppo di Redmond è stata tra le prime a sporgere denuncia.

La società si è detta pronta a spiegare all’Antitrust Ue come funzionano le proprie attività e ha fatto sapere che continuerà a discutere la questione con la Commissione.

Exit mobile version