Cloud Drive: la musica sulla nuvola di Amazon scatena le proteste delle major. ‘Operazione irrispettosa’

di Alessandra Talarico |

La decisione diproporre il servizio e poi avviare trattative con le major è stata considerata come necessaria per battere sul tempo la concorrenza, ma alcuni editori si sono lamentati di non essere stati in alcun modo contattati da Amazon per un accordo.

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Amazon cloud drive

Dopo aver presentato il nuovo servizio ‘Cloud Drive‘ che consente agli utenti di caricare la propria musica su un server remoto (digitale locker) per poi ascoltarla dovunque – Pc, tablet, smartphone – Amazon sta cercando ora di evitare una guerra con le case discografiche, infastidite dal fatto che la società abbia lanciato il servizio senza dare loro troppe informazioni a riguardo.

 

Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, un portavoce di Sony Music Entertainment avrebbe affermato che la major è rimasta ‘delusa’ dalle modalità di lancio del servizio musicale. “Teniamo aperte le nostre opzioni legali”, ha affermato.

Dal momento che simili servizi sono stati presi di mira dall’industria discografica, Amazon ha pensato che per evitare problemi bastasse permettere agli utenti di caricare la musica nel digital locker – tranne quella scaricata dallo store Amazon – solo in formato MP3 e AAC, come se si trattasse di un hard disk esterno. Per questo tipo di servizi, infatti, non occorre licenza, come stabilito da una sentenza della corte Suprema nel 2009 relativamente al caso del sistema “remote DVR” di Cablevision. La Corte stabili che Cablevision potesse offrire il servizio – che consentiva di archiviare film e programmi Tv su un server remoto – a patto di mantenere copie separate  dei programmi per ogni utente.

 

Il servizio proposto da Amazon, invece, permette l’ascolto contemporaneo della stessa canzone da parte di 5 utenti ed è su questo punto che si concentrano i legali delle major.

Secondo gli esperti, ci sarebbe un approccio più efficiente, che consentirebbe anche ad Amazon di risparmiare spazio di storage: si tratterebbe di mettere in atto un sistema in grado di confrontare le librerie degli utenti con un database centrale e di consentire l’accesso alle canzoni direttamente dal database, senza farne ogni volta una copia. I brani non riconosciuti dal sistema potrebbero sempre essere caricati e mantenuti come unica copia. Questo sistema, tuttavia, necessita della collaborazione dell’industria discografica.

La decisione di Amazon di proporre il servizio e dopo avviare trattative con le major è stata considerata come necessaria per battere sul tempo la concorrenza (leggi articolo): nonostante, infatti, Amazon offra prezzi più bassi per l’acquisto di musica digitale, la società non riesce a portare la propria quota di mercato sopra al 6%.

Alcuni editori musicali si sono però lamentati di non essere stati in alcun modo contattati da Amazon per un eventuale accordo, così come hanno fatto invece altre società come Spotify e Music Unlimited, che hanno siglato con loro accordi di licenza per evitare gli effetti della pirateria e un ulteriore calo delle vendite di cd.

“E’ solo un altro furto”, ha affermato Martin Bandier, prsidente di Sony/ATV Music Publishing. “Non posso dirlo più chiaramente di così: è stata un’operazione irrispettosa e certo stiamo considerando tutte le opzioni”.