Diritto d’autore: valutazioni di diritto pubblico dell’economia sulle misure di enforcement dell’Agcom a tutela del copyright in rete

di di Giulia Arangüena |

La posizione anacronistica delle associazioni degli utenti.

Italia


Giulia Aranguena de La Paz

Si è tenuta il 24 Febbraio scorso, presso il Senato, la tavola rotonda “Un diritto d’autore per tutti”. L’evento, organizzato dall’Istituto per le politiche dell’innovazione,[1] si riproponeva di riunire tutti gli Stati Generali del diritto d’autore, a margine della consultazione pubblica in corso sulla nuova disciplina del diritto d’autore online, contenuta nei lineamenti essenziali della delibera dell’AGCOM n. 668/10/CONS del 17 dicembre del 2010.

In tale contesto sono emerse alcune posizioni fondamentali che, in relazione agli aspetti più caratterizzanti della delibera oggetto di consultazione – i meccanismi di protezione e c.d. enforcement del diritto d’autore nelle reti di comunicazione elettronica – hanno fornito indicazioni importanti sulla diversità degli interessi contrapposti, riferibili ai vari player della filiera coinvolta dall’iniziativa regolamentare dell’Autorita’.

Degne di nota sono state le posizioni espresse: i) dall’AGCOM, quale autorità amministrativa indipendente che si ripropone la regolazione del comparto dei contenuti nell’ambito delle reti affidate alla sua sfera di controllo; ii) dagli utenti, in quanto fruitori delle opere e dei contenuti intellettuali per via digitale; iii) dai produttori di contenuti; e iv) dagli ISP (internet service provider), quali titolari delle infrastrutture di trasmissione dei contenuti e fornitori di connettività. 

 

1. La posizione dell’AGCOM

L’AGCOM, con Nicola D’angelo, ha avviato la round table inquadrando anzitutto l’iniziativa messa a consultazione all’interno di quel preciso fenomeno volto alla rivisitazione complessiva dei dettami del diritto d’autore, rintracciabile ormai su scala internazionale, soprattutto negli USA (ndr vedi le iniziative dell’Amministrazione Obama illustrate nel rapporto ufficiale sull’Intellectual Property Enforcement).

In forza di tale richiamo, l’AGCOM, nella piena consapevolezza delle luci e delle ombre del provvedimento in discussione (ad esempio, una certa debolezza in tema di garanzie dell’effettiva concorrenza tra i diversi operatori e produttori di contenuti nell’ambito delle reti di comunicazione elettronica),[2] ha sottolineato l’utilità di addivenire ad un primo processo di formazione di regole per la corretta utilizzazione delle opere di ingegno e dei contenuti attraverso le reti, ed all’apertura di un dialogo istituzionale per l’ottenimento di interventi legislativi sia di supporto ai propri poteri sia di riforma complessiva del diritto d’autore alla luce delle esigenze derivanti dalle nuove forme di fruizione nel contesto digitale.

 

Con ciò, l’AGCOM ha inteso liquidare ogni possibile dubbio sulla pienezza del proprio potere a disciplinare e proteggere con talune misure di enforcment il diritto d’autore nelle reti di comunicazione elettronica. Infatti, l’AGCOM, nonostante le diverse criticità di fondo del c.d. decreto Romani, quale fondamento normativo dell’esercizio dei propri poteri, ha sottolineato come tale recente iniziativa legislativa le consenta, comunque, di iniziare l’auspicabile opera di riforma del diritto d’autore, oltre che di aprire il mercato dei contenuti digitali a beneficio dello sviluppo sociale ed economico complessivo.

Conseguentemente, secondo tale lettura, l’avvio del processo di formazione di regole  per alcune forme di tutela del diritto d’autore (l’enforcement) anche online, si pone in diretta correlazione tanto con la possibilità di riforma dell’intero sistema del copyright, quanto con la creazione delle garanzie di mercato necessarie per proteggere ed incentivare gli investimenti per la produzione di opere e contenuti e per la loro immissione nelle reti di comunicazione elettronica.

 

2. La posizione dei consumatori

L’esortazione fatta dall’AGCOM non è stata raccolta dai consumatori presenti al dibattito attraverso Marco Pierani, quale responsabile degli affari istituzionali di Altroconsumo e unico portavoce dell’inedito “raggruppamento temporaneo”, formato tra altre associazioni consumeristiche e gruppi rappresentativi degli interessi degli utenti, delle aziende operanti nel settore ICT e degli ISP indipendenti (Adiconsum, Agorà Digitale, Assonet-Confesercenti, e Assoprovider-Confcommercio).

Tale gruppo di interessi, rappresentato unitariamente da Altroconsumo, ha infatti bocciato con decisione la procedura di enforcement del copyright digitale proposta al paragrafo 3.5. dell’Allegato B della delibera n. 668/2010/CONS, sottolineandone tanto l’illegalità dal punto di vista dei poteri dell’AGCOM a regolamentarla e corredarla di meccanismi sanzionatori, quanto la lesività complessiva dal punto di vista delle prerogative del Parlamento, del vigente diritto comunitario e dell’interesse generale degli utenti.

Ma, il nucleo principale delle esternazioni di Altroconsumo ha fatto leva sulla  “pericolosità” di lasciare ad un’autorità amministrativa indipendente, come è l’AGCOM, il potere di applicare procedure di enforcement del diritto d’autore nelle reti sottraendo tale potestà alla magistratura, e consentendo con ciò di inibire agli utenti – senza le garanzie proprie del procedimento giurisdizionale – l’accesso ai siti posti fuori dal territorio italiano, e di rimuovere contenuti solo asseritamente in violazione al diritto d’autore. Con grave rischio, quindi, di vedere sbarrato l’acceso a siti, blog, testate online o altre fonti informative che siano solo sospettate di aver violato la disciplina del diritto d’autore.

In sintesi, secondo l’impostazione degli utenti, vi sarebbe un generale favore verso la regolamentazione del diritto d’autore anche sulle reti, ma non ad opera di un’autorità indipendente come l’AGCOM, e soprattutto non a discapito delle garanzie procedimentali e di contraddittorio offerte dai Tribunali.

 

3. La posizione dei produttori di contenuti

La risposta di Enzo Mazza, Presidente di FIMI, Federazione Industria Musicale Italiana, intervenuto alla discussione anche in nome di Confindustria Cultura Italia (rappresentativa dell’intero comparto produttivo italiano dei contenuti culturali) e delle etichette indipendenti, non si è fatta attendere.

Con Enzo Mazza, il comparto produttivo dei contenuti culturali italiani ha messo in luce  l’incoerenza di fondo nelle impostazioni consumeristiche, e la contrarietà sostanziale ai reali interessi degli utenti di porsi in contrasto con la tutela del copyright digitale proposta dall’AGCOM in via alternativa alla via giudiziaria.

Infatti, secondo FIMI e Confindustria Cultura Italia, la tutela di tipo amministrativo del diritto d’autore nelle reti e’ stata delineata dall’AGCOM, cosi’ come gia’ successo in diversi altri settori, quale risposta aggiuntiva ai consueti mezzi giudiziari che hanno dato e continuano a dare risultati insufficienti in termini di tempo e costi dei relativi procedimenti. E gli utenti non potrebbero che beneficiarne, visto che, negli altri campi dove esiste gia’ anche la possibilita’ di tutela amministrativa, quali ad esempio in tema di ritiro dei farmaci pericolosi dal mercato, i consumatori non esitano a preferire le vie amministrative per ottenere dei risultati concreti e soddisfare i loro interessi collettivi.

Da quanto detto, si e’ potuto dedurre come, favorendo l’enforcement amministrativo del diritto d’autore sulle reti, l’industria dei contenuti veda nelle misure di tutela delineate dall’AGCOM una diversificazione dell’offerta di protezione rispetto a quella gia’ esistente, affidata alla magistratura, che, tuttavia, non ha saputo dare sul copyright digitale quel grado di capillarita’, certezza e celerita’ necessario sia agli imprenditori per supportare le condizioni di mercato a salvaguardia degli investimenti produttivi delle opere, sia agli stessi consumatori per vedere riconosciuti i loro diritti, oltre che per avere piu’ disponibilità di contenuti e maggiore possibilità di scelta sul mercato.

 

4. La posizione degli ISP

Quanto agli ISP – presenti al dibattito attraverso   – si segnala che la loro posizione, nel merito delle misure di enforcement, ha fatto rinvio a quanto espresso da Altroconsumo che, sul punto, come già precisato, ha esternato delle considerazioni comuni a tutto il raggruppamento associativo sopra menzionato.

Per quel che interessa qui, l’unico aspetto rilevante dell’intervento espresso da Assoprovider tanto con riferimento ai meccanismi di incentivazione dell’offerta legale di contenuti presenti nella delibera n. 668/2010 (ndr: la previsione di utenze internet con “licenza”, autorizzate cioè allo scambio ed alla piena fruizione di contenuti per via digitale), quanto con riferimento ai meccanismi di enforcement, è stato quello relativo al regime di irresponsabilità degli ISP ed alla richiamata esigenza di coinvolgere il meno possibile la categoria. E cio’ per salvaguardare il ricordato principio di irresponsabilità, e, soprattutto, per non far pagare alle infrastrutture degli ISP il costo della difesa di diritti altrui, cioè dei titolari dei diritti di proprietà intellettuale.

 

5. Alcune valutazioni sulle diverse posizioni relative ai meccanismi di enforcement

 

5.1. Osservazioni sulla posizione dell’AGCOM

Quanto alla posizione di AGCOM, sono innegabili le perplessità sulla legittimità dei suoi poteri di imporre ed ottenere coercitivamente (cc.dd. poteri provvedimentali), nell’ambito delle reti di comunicazione elettronica a lei affidate, l’esecuzione di obblighi di condotta rispettosi del copyright.

L’Autorità, sin dall’indagine conoscitiva del febbraio del 2010, si è sforzata di individuare nel diritto positivo norme primarie volte a supportare un proprio potere regolamentare in materia di diritto d’autore. Ed a fronte della frammentarietà dei riferimenti normativi, l’Authority ha trovato ausilio nella teoria dei cc.dd. poteri impliciti, e nella sua stessa natura giuridica di autorità amministrativa indipendente con funzioni di sorveglianza nell’ambito dell’informazione a mente del Codice delle Comunicazioni Elettroniche.[3]

Ma – tralasciati i limiti di una competenza ratione materiae dell’Autorità sul diritto d’autore (art. 182 bis Legge 22 aprile 1941, n. 633 sul diritto d’autore), e data per ammessa l’idoneità del decreto Romani a fondare la sua potestà regolatoria in relazione ai fornitori di servizi di media audiovisivi (art. 6) -, è assai più complesso e faticoso individuare, in capo all’Autorità, il potere provvedimentale atto ad imporre obblighi di facere a soggetti terzi.

Come noto, la lettura finalistica dei poteri delle Autorita’ Amministrative Indipendenti (cc.dd. A. A. I.), qual’è l’AGCOM – secondo cui, dati legislativamente lo scopo e le finalità dell’ente ne discende comunque, al di là delle norme, il potere di perseguirne amministrativamente il raggiungimento – consente smagliature al principio di legalità unicamente quanto ai poteri regolamentari.[4]

 Diversamente, quando si tratta non di poteri regolamentari, bensì di poteri provvedimentali capaci di incidere su posizioni soggettive di terzi, la loro individuazione deve rispondere a regole rigorose, tali da garantire cioè i principi di legalità e di tipicità previsti dalla costituzione.[5] Infatti, l’art. 23 Cost. impone una riserva di legge,[6] da cui discende un principio di legalità forte e, quindi, un limite preciso al potere di imporre obblighi e sanzioni (declinato nel corollario della tipicità dei provvedimenti e della tassatività delle fattispecie sanzionate).

E’ con tale ottica che va vista, dunque, la proposta dell’Autorita’ sull’enforcement che introduce la possibilità di sanzionare le violazioni al diritto d’autore nella fruizione dei contenuti online con provvedimenti diversi ed ulteriori dalle misure pecuniarie – che l’AGCOM può irrogare ai sensi dell’art. 1, comma 31, della Legge 31 luglio 1997, n. 249 – quali la rimozione selettiva dei contenuti illecitamente diffusi in rete, ovvero la rimozione totale di essi in caso di diffusione da parte di siti strutturalmente illeciti o aventi server all’estero, ovvero la predisposizione di blacklist e possibilità di inibizione dell’ID e del nome a dominio.[7]

In tale quadro, apparentemente, risulterebbe che, a differenza del potere sanzionatorio di natura pecuniaria derivante all’Authority sulla base di una norma di legge (art. 1, comma 31, Legge 31 luglio 1997, n. 249), l’ulteriore potestà provvedimentale, presupposta dalle misure di enforcement avanzate nella delibera n. 668/2010, sia priva di un adeguato fondamento normativo, con la conseguente inapplicabilità della teoria dei poteri impliciti per dedurne il fondamento.

Ma, a parere nostro, date comunque la competenza dell’AGCOM a vigilare sulle reti di comunicazione elettronica prevista per legge (Codice delle Comunicazioni Elettroniche) e la sua potesta’ di imporre sanzioni pecuniarie sostenuta da una apposita norma (della sua legge istitutiva), vi potrebbe essere spazio per una lettura “finalistica” dell’art. 6 del decreto Romani. Tale norma, infatti, a prescindere dalle lacune, può contribuire a sostenere, oltre che il potere regolamentate, anche quello provvedimentale dell’Autorita’ – almeno per ciò che concerne il settore degli audiovisivi e dei fornitori dei relativi servizi media -, dal momento che essa, secondo tale disposizione, “emana le disposizioni regolamentari necessarie per rendere effettiva l’osservanza dei limiti e dei divieti“‘ dettati dalla stessa disposizione.

In virtu’ di quanto sopra: 1) i divieti e l’imposizione di obblighi di comportamento a carico degli operatori restano affidati, nella loro enunciazione di principio, ad norma primaria senza alcuna lesione, da parte dell’AGCOM, di prerogative soggette a riserva di legge, purché in sede regolamentare quest’ultima non detti obblighi di facere ulteriori rispetto a quanto previsto dall’art. 6 del decreto Romani; e 2) sussiste una delega legale a favore dell’Autorita’ ad implementare con proprie disposizioni regolamentari i divieti ed i limiti sulla proprieta’ intellettuale posti dalla legge, ferma restando la sua sola potestà di irrogare sanzioni pecuniarie agli operatori della comunicazione elettronica soggetti al suo controllo.

In tale ottica, gli strumenti di enforcement, previsti nelle proposte messe a consultazione (limitatamente alla rimozione selettiva), possono essere ricostruiti come attuazione della delega normativa ricevuta dall’ordinamento con l’emanazione dell’art. 6 del decreto Romani, e non rappresentano sanzioni afflittive in senso stretto, diversi ed ulteriori rispetto alle misure pecuniarie adottabili ex lege dall’Autorita’ nell’ambito del comparto affidato ai suoi compiti istituzionali, poiché essa potra’ imporre soltanto queste ultime, in caso di violazione agli ordini impartiti dell’esercizio della potestà di controllo che detiene per legge sulle reti di comunicazione elettronica.

Ne consegue ulteriormente che la eventuale responsabilità dell’operatore di rete non derivera’ che indirettamente da una violazione del diritto d’autore online, ma conseguirà solo ad una violazione di un ordine dell’autorità di vigilanza e controllo del settore, volto alla rimozione di contenuti in violazione del copyright. Inoltre, tale responsabilita’ avra’ solo natura amministrativa e sara’ sanzionabile unicamente con una misura pecuniaria, essendo possibile per l’Autorita’, come detto, ottenere coercitivamente il rispetto della proprietà intellettuale solo per equivalente, cioe’ attraverso una misura di carattere economico, e non direttamente attraverso l’esecuzione diretta di obblighi di condotta.

 

5.2. Rilievi sulla posizione dei consumatori e dei produttori di contenuti

La risposta data dall’industria dei contenuti, sebbene posta in accesa dialettica con quanto affermato da Altroconsumo, consente di portare alla luce quel che sembra, effettivamente, la generale contraddizione di base nella posizione espressa dagli utenti.

Tale posizione, peraltro, si pone in maniera del tutto anacronistica rispetto alla tendenza diffusa in quasi tutti gli ordinamenti più avanzati di affidare alle Autorità Amministrative Indipendenti (cc.dd. A.A.I.), soprattutto per i settori ad elevato tasso di privatizzazione, importanti funzioni pubbliche di controllo contro il possibile formarsi di monopoli che possano creare pericoli per l’utenza sotto il profilo dei prezzi e della qualità dei servizi.

Al riguardo, giova ricordare che, a livello europeo, la disciplina antitrust è fortemente saldata alla tutela dei consumatori e il nostro ordinamento, in forza di numerosissime direttive madri,[8] ha da tempo importato, con l’emanazione del  Codice del Consumo nel 2005, i principi stabiliti dall’Europa per la protezione dell’interesse dei consumatori e della competizione tra i poteri di marcato in senso concorrenziale.

Il Codice del Consumo, in particolare, ha demandato chiaramente all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) il controllo e la repressione di alcune pratiche commerciali scorrette, particolarmente invasive della privacy o basate su indicazioni false, reticenti, omissive, o relative a prodotti difettosi, favorendo con la tutela per via amministrativa la soddisfazione dei diritti dei consumatori in tempi rapidi ed a costi nettamente inferiori rispetto a quanto possibile con gli ordinari strumenti giurisdizionali.

Pertanto, la posizione espressa dai consumatori durante il dibattito appare avanzata in maniera del tutto antistorica rispetto ai risultati raggiunti, anche nel nostro paese, dall’evoluzione della tutela consumeristica che, in quanto parte integrante del sistema di regole antitrust messe a presidio delle forze di mercato, è stata già da tempo affidata, per talune importanti materie, ad una Autorità Amministrativa Indipendente di settore (l’AGCM) per superare, nei numerosi campi in cui l’interesse degli utenti è direttamente coinvolto, gli storici deficit della via giudiziaria in termini di durata e dei costi dei procedimenti.

Conseguentemente sul copyright digitale, quand’anche si riconosca la sicura meritevolezza dell’interesse generale in capo ai consumatori ad avere un determinato assetto delle reti di comunicazione elettronica, nonostante i singoli utenti non vengano coinvolti direttamente da alcuna delle proposte avanzate dall’AGCOM sull’enforcement, i consumatori medesimi, a parer nostro, dovrebbero salutare con favore la proposta dell’Autorita’ e non osteggiarla tout court preferendo gli strumenti giudiziari attualmente già esistenti di protezione del diritto d’autore.

La proposta di enforcement del copyright nelle reti avanzata dall’AGCOM, infatti, a prescindere dalle doverose dissertazioni legali sulle norme di fondamento, che abbiamo peraltro tentato di fare almeno parzialmente in questa sede, e’ volta ad offrire un sistema di risoluzione alternativa rapida e senza costi rilevanti per tutte le contestazioni inerenti la diffusione digitale di contenuti in violazione dei diritti di proprieta’ intellettuale, che si affianca alla competenza giurisdizionale civile e penale già’ prevista nell’ordinamento senza eliminarla o limitarla in alcun modo, così come erroneamente riferito da Altroconsumo in un eccesso di preoccupazione.

Grazie a questo, sebbene non in diretta relazione con le posizioni di diritto soggettivo dei singoli utenti, si avranno dei benefici effetti sui consumatori che potranno profittare direttamente – in termini di diversificazione dell’offerta e di maggiore pluralismo – della creazione di garanzie di mercato a favore dei produttori di contenuti che si sentiranno   incentivati ad immettere in rete sempre maggiori contenuti, aumentando gli investimenti occorrenti per la loro produzione ed incrementando, indirettamente, le possibilità degli utenti di accesso e fruizione in rete a prezzi concorrenziali.

Infatti, paradossalmente per chi crede che il diritto d’autore sia una forma di monopolio legalizzato di prerogative economiche, in quanto correlato alla protezione degli investimenti, sia i correttivi interni del sistema del copyrigt, quanto, soprattutto, le potenzialità della rete sono sufficienti già ora a sfatare ogni perplessità, purché, naturalmente, vi siano, da parte dell’AGCOM, secondo noi, idonee iniziative regolamentari  per colmare il (colpevole) vuoto delle sue proposte in termini di garanzie della concorrenza nel mercato dei contenuti.

 

6. Conclusioni

Alla luce di quanto detto, il senso esplicitamente destruens della posizione di Altroconsumo, in totale polemica cioe’ tanto con le proposte fatte dal’AGCOM, quanto con la centralità economica del diritto d’autore, induce a porre l’accento sulla necessità generale di distinguere tra coloro che ritengono utile cominciare a porre delle regole di condotta per disciplinare la fruizione dei contenuti nell’ambito delle reti elettroniche in modo rispettoso del copyright, e quelli che, invece, sono contrari.

Tale distinzione, peraltro, al di là delle comprensibili partigianerie, è quanto mai opportuna , ora che la consultazione pubblica e’ in dirittura d’arrivo.

Infatti, la permanenza del vuoto di regole specifiche sul diritto d’autore online agevola l’utilizzo di Internet quale strumento per distruggere il diritto d’autore e tutti gli investimenti necessari per la produzione di opere intellettuali, anziché quale vero strumento di democrazia e di sviluppo culturale ed economico, posto che la regolamentazione del copyright nelle reti di comunicazione elettronica e’ direttamente correlata alla possibilità di incentivare la produzione di opere di ingegno ed alla creazione di un mercato dei contenuti anche sul canale digitale.

Su tale nodo cruciale della discussione, si sono espressi Paolo Marzano, Presidente del Comitato Consultivo Permanente per il Diritto d’Autore,[9] ed Antonello Busetto, presente al dibattito quale Direttore delle Relazioni Istituzionali di Confindustria – Servizi Innovativi e Tecnologici.

In particolare, l’intervento di Confindustria – Servizi Innovativi e Tecnologici, ha arricchito la discussione, attraverso delle slides, con dei dati economici dettagliati che hanno mostrato, in termini assoluti e relativi, l’andamento in Italia della crescita del mercato dei contenuti (c.d. mercato e-Content) dal 2008 al 2010, e come tale mercato, dai rilevamenti al 2009, sia stato stimato pari al valore di 4.654 milioni di Euro e sia suscettibile di crescita incrementale. Da ciò, vista l’importanza economica del mercato dei contenuti, Confindustria ha dichiarato il suo sostegno alle iniziative dell’AGCOM che, ponendo le basi di una regolamentazione del diritto d’autore online, devono considerarsi a protezione degli investimenti necessari per l’ideazione di contenuti, non solo a garanzia delle ingenti somme che i produttori di contenuti sono pronti a spendere, ma anche degli interessi stessi degli utenti che possono ricevere da tali investimenti una maggiore diversificazione dell’offerta e la creazione di altre piattaforme in grado di fare concorrenza ai monopoli attualmente esistenti.

Conclusivamente, anche grazie agli spunti da ultimo offerti da Confindustria, pare opportuno chiudere osservando come, in un certo senso, l’enforcement amministrativo del diritto d’autore sulle reti proposto dall’Autorita’ – avendo ad oggetto la protezione finalistica del copyright e della sua idoneita’ a creare valore economico, si ponga, in un certo senso, nell’ambito stesso di quei compiti istituzionali che l’AGCOM può (e deve per legge) svolgere per la garanzia del pluralismo e per il sostegno, in regime di concorrenza, del mercato degli audiovisivi e dei contenuti, a beneficio tanto degli investimenti dell’industria quanto degli utenti in termini di maggiori possibilita’ di mercato, incremento dei contenuti fruibili, più ampie scelte ed aumento del grado generale di sviluppo economico, sociale e culturale.

Per tale motivo, posto che nella proposta sono presenti anche delle misure volte ad incentivare l’offerta legale, si insiste ancora per l’arricchimento del pacchetto di proposte dell’AGCOM anche con una “terza leva” di strumenti idonei a sostenere la competizione concorrenziale sul mercato dei contenuti, a beneficio di tutti. 

 


 


[1] Hanno partecipato altresì all’organizzazione dell’evento Nexa Center for Internet & Society, il centro del Politecnico di Torino per lo studio interdisciplinare di Internet e degli impatti sociali della rete, e la FEMI, Federazione Italiana Micro Web TV.

[2] In un precedente intervento su Key4biz, reperibile qui, è stata sottolineata la carenza della delibera n. 668/10/CONS dal punto di vista delle iniziative concrete a presidio della concorrenza effettiva tra gli operatori. Si ribadisce, quindi, che nelle proposte dell’Autorità a sostegno dell’offerta legale di contenuti digitali non c’è traccia di scelte volte ad eliminare le anomalie distorsive (e monopolistiche) presenti in Italia nel mercato della produzione e dello sfruttamento dei contenuti audiovisivi, nonché per ridurre quel deficit di interoperabilità utilizzato a difesa dei c.d. walled garden e dei margini di guadagno di alcune multinazionali (es: Apple con Itunes) con  posizioni dominanti del tutto contrarie al diritto europeo della concorrenza. E ciò, come è stato già sottolineato, appare tanto più grave ove si rifletta che l’AGCOM sulle reti di comunicazione elettronica, secondo l’ordinamento, è l’autorità garante della promozione e lo sviluppo in regime di concorrenza delle risorse nel settore audiovisivo, della verifica di posizioni dominanti, del servizio universale, e della tutela del pluralismo sociale nei media (cfr legge istitutiva (Legge 31 luglio 1997, n. 249 e Codice delle comunicazioni elettroniche), e che le sono stati conferiti tutti i poteri necessari per operare in tal senso.

[3] Vedi sub art. 183 ter L.d.A. “Commentario breve alle leggi sulla proprietà intellettuale e concorrenza”, Marchetti-Ubertazzi, Padova, 2007, p. 2018.

[4] Cfr Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2987/2001 e Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 5827/2005.

5 Così si esprime l’autore citato anche nell’indagine conoscitiva pubblicata da AGCOM: G. Morbidelli, Il principio di legalità ed i c.d. poteri impliciti, in Dir. Amn., 2007, p. 731.

[6] Nessuna prestazione personale e patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge

[7] Si noti che gli ipotizzati ordini di rimozione selettiva o integrale di contenuti illecitamente diffusi su Internet in violazione del copyright, ovvero le inibitorie ed i blocchi di interi siti, proposti dall’AGCOM quali sanzioni applicabili a valle del procedimento di enforcement delineato nella delibera n. 668/10/CONS, incidono su situazioni individuali tutelate costituzionalmente (libertà di espressione e manifestazione del pensiero, libertà di informazione e libertà di iniziativa economica).

[8] Ci si riferisce, inter alia, alla Direttiva n. 85/374/CEE e in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi; alla Direttiva n. 85/577/CEE in materia di contratti negoziati fuori dai locali commerciali; alla Direttiva n. 84/450/CEE in materia di pubblicità ingannevole e comparativa; alla Direttiva n. 93/13/CEE in materia di clausole abusive; alla Direttiva n. 97/7/CEE relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, ecc.

[9] Tale organo è stato previsto ed istituito presso la Presidenza del Consiglio dall’art. 190 della Legge 22 aprile 1941, n. 633 (c.d. legge sul diritto d’autore o L.d.A.) con funzioni consultive, conciliative i di studio sulla materia del diritto di proprietà intellettuale.