In App or Out App: editori sul piede di guerra. Apple rischia di rimanere vittima della sua politica commerciale?

di Raffaella Natale |

Editori avvertiti: entro e non oltre il 30 giugno dovranno adeguarsi al nuovo sistema di pagamento versando la revenue share del 30%.

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In App o Out App? Questo è il problema che sta agitando la filiera dell’eBook. Un mercato in crescita soprattutto grazie al successo dei tablet, primo fra tutti l’iPad di Apple.

Il libro digitale vale in Italia lo 0,1% del mercato trade (3.440.000 euro). L’1,3% degli italiani (pari a 665mila persone) negli ultimi 12 mesi ha acquistato un eBook, come emerge dalle elaborazioni dall’Osservatorio permanente contenuti digitali.

Negli Stati Uniti, secondo l’Association of American Publishers, si prevede che le vendite supereranno a fine anno il 9% delle vendite complessive di libri.   

Se si usa un dispositivo della società di Cupertino (iPad, iPhone, iPod Touch), gli eBook possono essere letti scaricando dall’App Store applicazioni sviluppate da Apple o da operatori esterni alla società.

Fino a oggi per le vendite realizzate fuori dall’App Store non si doveva pagare alcuna commissione ma adesso s’è deciso che entro e non oltre il 30 giugno tutti gli sviluppatori di applicazioni per iPad, iPhone e iPod Touch dovranno passare attraverso il sistema di acquisti di Apple.

In pratica d’ora in poi non sarà più possibile per i partner Apple gestire in autonomia i pagamenti ai rispettivi servizi.

Per quanto riguarda i libri è l’iBookstore grazie al quale, come sempre, la società trattiene il 30% su ogni transazione secondo il modello adottato per la testa online The Daily. Il gruppo ha imposto agli editori il rispetto di determinate condizioni di prezzo. Un modello che, ovviamente, non entusiasma tutti i player di mercato.

 

Oggi delle 300 mila applicazioni disponibili nell’App Store, 50 mila riguardano i libri digitali.

Un dato enorme che potrebbe presto trasformare gli store in grandi magazzini, per questo la decisione dei vertici di Apple potrebbe essere la risposta al desiderio di mettere ordine ma in realtà è anche il modo più semplice per sbarazzarsi della concorrenza.

In America, l’obiettivo è Amazon, leader sul mercato dei libri digitali con il suo eReader Kindle. Ma essendo anche una libreria online ha pensato bene di sviluppare delle applicazioni compatibili con l’iPad.

 

Per i grandi distributori si tratta di una battaglia che riguarda i negozi virtuali, i device e i contenuti.

La cosa concerne in particolare le librerie online ma anche le piattaforme di distribuzione di eBook indipendenti, in Francia per esempio Eden Livres, che raggruppa Gallimard, Le Seuil e Flammarion, e il sito Izneo, che riunisce gli otto principali editori di BD.

Tutti gli editori hanno comunque ricevuto una lettera da Apple che li informava dei cambiamenti della sua politica commerciale: “Concederemo una moratoria a tutte le applicazioni attualmente esistenti su App Store affinché queste si adeguino alle nostre linee guida. Per assicurarsi che le app restino su App Store, si prega di inoltrare un aggiornamento che sfrutti le API In-App Purchase per l’acquisto dei contenuti“. Entro e non oltre il prossimo 30 giugno.

Gli editori europei hanno sollevato il problema. La questione di fondo è che con l’avvento di una piattaforma interna di gestione abbonamenti, la società si assicura il 30% visto che il modello di business adottato da Apple non può più essere evitato.

Una quota che appare troppo elevata a quei gruppi editoriali che cercano nelle application per i dispositivi mobili nuove opportunità di business per contrastare l’inarrestabile calo di vendite dei prodotti cartacei.

 

“La nostra filosofia è semplice, quando Apple porta un nuovo abbonato verso l’app, guadagna il 30% di share; quando un editore porta un abbonato esistente o uno nuovo verso l’app, questo incamera il 100% e Apple nulla“, ha dichiarato Steve Jobs.

“Tutto ciò che chiediamo è che se un editore fa un abbonamento fuori dall’App Store, la stessa (o migliore) offerta deve essere presente all’interno, in modo che il cliente possa facilmente abbonarsi con un click”.

 

Secondo il presidente dell’International Media Marketing Association, Grzegorz Piechota, Apple li avrebbe messi nell’angolo e punterebbe al controllo totale della piattaforma.

“Apple ci obbliga a vendere gli abbonamenti attraverso il suo sistema e questo significa concedere ad Apple il 30% della transazione e alla fine praticare per gli abbonamenti su iPad un costo più alto. Infine usando il canale di Apple si perde ogni contatto con il cliente. Molti editori si sentono traditi da queste scelte”.

Un tono ben diverso da quello usato da Steve Jobs, secondo il quale il nuovo metodo di abbonamento avrebbe fornito agli editori “una nuova opportunità per espandere l’accesso digitale ai loro contenuti per iPad, iPod e iPhone”.

 

La situazione si presenta molto complessa per gli editori, sia che essi si impegnino in un braccio di ferro boicottando per esempio lo Store di Apple, sia che decidano di cedere alle ingiunzioni della società americana.

Tra l’altro, Apple impone delle stringenti condizioni non solo sul prezzo ma anche sui contenuti e, per proteggere l’iBookStore della concorrenza, Izneo non può, per esempio, avere uno ‘stand’ dedicato a Lucky Luke e la stessa cosa vale per Harlequin.

Hachette non ha ancora preso una posizioni ed è presente sull’iBookStore nonostante nel 2008 abbia acquistato la piattaforma Numilog, adesso direttamente minacciata dalla nuova politica commerciale di Apple.

 

Secondo il Wall Street Journal, la questione è giunta ora sui tavoli delle Autorità antitrust, tanto negli Stati Uniti quanto nell’Unione europea.

Il sistema di pagamento pensato da Apple è molto semplice da usare e questo va a vantaggio del cliente che con pochi click riesce a scaricare l’applicazione. Ma proibisce alle società di media di poter offrire gli abbonamenti fuori dalla piattaforma a prezzi più vantaggiosi o di linkare ad altri servizi esterni di pagamento.

Secondo Eric Goldman, direttore dell’High Tech Law Institute dell’Università di Santa Clara, questa clausola, che “appare così aggressiva” verso gli altri competitor, potrebbe essere vista dall’Autorità antitrust come pratica anticoncorrenziale.

 

Apple da parte sua non commenta le critiche ricevute, ma intanto la concorrente Google ne approfitta per lanciare la propria piattaforma di distribuzione di contenuti per smartphone e tablet Android: il sistema, battezzato “One Pass“, sarà lanciato inizialmente in Italia, Regno Unito, Francia, Germania, Spagna e Canada e agli editori chiederà solo il 10% dei ricavi.