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 Keith Alexander, numero uno del Cyber Command della National Security Agency (NSA), ha messo in  guardia i responsabili della sicurezza informatica sulla necessità di rafforzare  gli strumenti di difesa contro una sempre più probabile guerra informatica. Un’eventualità ormai  “inevitabile”, secondo il generale che da giugno del 2010 guida la divisione del  Pentagono destinata a garantire la sicurezza delle reti informatiche e che ha ai  suoi ordini circa 90 mila persone.
  
“Il momento è grave – ha affermato Alexander nel corso della conferenza RSA – La maggior parte degli strumenti concepiti per distruggere non sono ancora stati utilizzati e dobbiamo sfruttare tutte le opportunità per migliorare la nostra capacità di difesa”.
I timori del generale Alexander riflettono quelli espressi pochi giorni prima dal Segretario aggiunto alla Difesa, William Lynn, che aveva messo in evidenza l’esistenza, in tutto il mondo, di potenti software malevoli, in grado di causare gravi danni a infrastrutture nevralgiche come le reti elettriche.
“Nella storia dei conflitti – ha affermato Lynn – diverse armi già messe a punto non sono ancora state usate e si può ben immaginare che degli attacchi contro le reti militari o altre infrastrutture sensibili – come i sistemi di trasporto o le reti energetiche – avrebbero ripercussioni economiche notevoli, distruzioni materiali e anche morti”.
Secondo il World Economic Forum, un serio collasso dell’infrastruttura informatica potrebbe costare fino a 250 miliardi di euro, e c’è fra il 10 e il 20% di possibilità che questo accada nei prossimi 10 anni, anche se – ha spiegato l’Ocse – la minaccia di un cyber attacco in grado di causare una catastrofe globale è un’eventualità possibile, ma solo se si verificasse in concomitanza con un altro disastro di scala mondiale.
 Il ‘risiko’ del cybercrime è iniziato ‘ufficialmente’ nel 2007, quando i siti  delle autorità nazionali e dei principali media estoni sono vittime di  un’aggressione cibernetica, dietro la quale – si è sospettato immediatamente –  potrebbe esserci stata la Russia. Nel 2008 è toccato, dunque, alla Georgia, dove  – dopo la guerra ‘reale’ in Ossezia del Sud – è scattata una battaglia  cibernetica con il blocco per settimane dei siti del primo ministro e del  governo. Sospettato numero uno, anche in questo caso, la Russia.
 Nel marzo 2009, la fragilità dei sistemi informatici mondiali appare in tutta la  sua evidenza in seguito a un attacco cha ha mandato in tilt i network di 103  paesi, compresi i server di governi e sistemi industriali, da cui sono stati  estratti dati sensibili.
 A giugno dell’anno scorso, per finire, è stato scoperto il virus Stuxnet, apace  di spiare programmi industriali, diffuso soprattutto in Iran. Dietro il virus si  pensa potrebbe celarsi Israele.