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Antitrust: nuove accuse di comportamento anticompetitivo per Google

Unione Europea


Una nuova accusa di comportamento anticoncorrenziale nel mercato della ricerca internet si è abbattuta su Google da parte della società francese 1PlusV, collegata al motore di ricerca francese eJustice, una delle tre società che lo scorso anno avevano presentato alla Commissione europea, una denuncia per abuso di posizione dominante cui è seguita l’apertura da parte della Ue, di un’indagine relativa alle presunte pratiche poco leali della società di Mountain View. Secondo il dossier presentato stamani a Bruxelles non solo Google avrebbe manipolato i risultati di ricerca, ma eJustice sarebbe stata costretta ad abbandonare le proprie tecnologie in favore di quelle del concorrente.

L’indagine Ue è stata aperta lo scorso anno dopo la denuncia di alcune web company secondo cui i loro servizi sarebbero stati penalizzati nei risultati di ricerca a pagamento e gratuiti in favore dei servizi della stessa Google.
L’esecutivo, in particolare, sta indagando per appurare se Google abbia veramente abusato della propria posizione dominante nel campo delle ricerche su internet facendo scivolare in basso nei risultati di ricerca i servizi dei concorrenti, come ad esempio alcuni siti di comparazione dei prezzi (noti anche come servizi di ricerca verticali) concedendo, invece, un “piazzamento privilegiato” ai propri. La Commissione sta anche appurando se, come sostengono i concorrenti, Google abbia volontariamente degradato il Quality Score (il punteggio sulla qualità è uno dei fattori che determina il prezzo pagato a Google dagli advertiser) dei servizi di ricerca verticale concorrenti nei risultati di ricerca a pagamento, quelli cioè che compaiono in alto a destra nella pagina dei risultati.
Altro filone dell’inchiesta Ue riguarda le accuse secondo cui Google imporrebbe clausole di esclusività ai partner pubblicitari, impedendo loro di mettere alcuni tipi di annunci pubblicitari forniti dai concorrenti sulle loro pagine, con l’obiettivo di escludere gli strumenti di ricerca dei competitor. La Commissione sta, infine, indagando sulle accuse concernenti la restrizione della portabilità delle campagne pubblicitarie online verso le piattaforme concorrenti.

Un’indagine simile a quella avviata dall’Antitrust europeo è stata aperta a settembre scorso anche negli Usa dal procuratore generale del Texas, Greg Abbott, che intende verificare la correttezza dei servizi di ricerca web offerti da Google e capire se siano fondate o meno le accuse rivolte al gruppo di Mountain View dai concorrenti  Foundem, SourceTool e myTriggers, i quali sostengono che la società abbia il potere di far scendere in basso i loro link nella pagina dei risultati o di far pagare loro una tariffa più alta per la pubblicità.
L’indagine è entrata nel vivo qualche giorno fa, quando il procuratore Abbott ha chiesto a Google di fornire informazioni dettagliate sui contratti e le inserzioni pubblicitarie, sulle funzionalità di ricerca legate allo shopping online e sul sistema di classificazione dei risultati di ricerca per capire se la società abbia in qualche modo manipolato i risultati di ricerca con appositi aggiustamenti dell’algoritmo e se esistano o meno i presupposti di un monopolio sul mercato della ricerca e dell’advertising online.

Google, che ha sempre ribadito la volontà di collaborare con le autorità americane ed europee per chiarire la propria posizione, contesta però le accuse e sostiene che le sue pratiche commerciali sono sempre state orientate a soddisfare le esigenze di ricerca degli utenti.

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