Tv digitale. L’ATDI scrive all’Agcom: ‘Urge intervento correttivo su disposizioni per capacità trasmissiva’

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Il segretario generale Francesco Canini sottolinea che scenario che si prospetta, oltre a consolidare le già esistenti barriere all’ingresso del settore, vizierebbe irrimediabilmente il mercato stesso.

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Frequenze tv

L’Associazione televisioni digitali indipendenti ha inviato una lettera al presidente e ai commissari dell’Agcom con la quale suggerisce un’urgente riflessione, visto il dibattito conseguente l’approvazione della Legge 220/2010 recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (Legge di stabilità 2011), nonché le recenti iniziative di confronto pubblico e di dissenso organizzate dalle maggiori Associazioni rappresentative delle emittenti locali.

Nella lettera si ricorda che l’art.1 (comma 11) della suddetta legge, delega il Ministero dello Sviluppo Economico e l’Autorità a fissare, nell’ambito delle rispettive competenze, “gli ulteriori obblighi dei titolari dei diritti d’uso delle radiofrequenze destinate alla diffusione di servizi di media audiovisivi”.

Il segretario generale Francesco Canini ha sottolineato che da più parti tale disposizione è stata considerata quale “anticamera” a uno specifico divieto, parziale o totale, per gli operatori di rete locali di affittare la propria capacità trasmissiva a fornitori di contenuti nazionali; un impedimento reso necessario, nell’ottica del legislatore, dalla esigenza di permettere “un uso più efficiente dello spettro” e di favorire la “valorizzazione e promozione delle culture regionali o locali”.

 

ATDI ritiene che qualora un simile divieto venisse posto in essere, non solo ridurrebbe drasticamente la capacità imprenditoriale dei fornitori di contenuti indipendenti dagli operatori di rete e dalle piattaforme di distribuzione, alterando così dannosamente gli equilibri concorrenziali del mercato audiovisivo, ma in taluni casi ne metterebbe in serio pericolo la stessa sopravvivenza, con inevitabili ripercussioni sulla sfera occupazionale e sul pluralismo del settore.

Invero – scrive Canini – non tutti i fornitori di contenuti nazionali, che volessero distribuire i propri programmi in tecnologia digitale terrestre, hanno la possibilità economica di affittare capacità trasmissiva da un operatore nazionale“.

A questo si aggiunga che in Italia il mercato è fortemente condizionato da una logica di verticalizzazione del business, per cui un soggetto nazionale operatore di rete, oltre a gestire la propria “infrastruttura”, svolge anche la funzione di editore/fornitore di contenuto; un meccanismo che di fatto comporta: un accentramento nel potere di acquisto; una limitazione di competitività degli altri soggetti indipendenti; un collo di bottiglia nell’accesso al cliente finale.

 

L’Associazione, riferisce il segretario generale, pur essendo perfettamente consapevole della necessità che l’utilizzo primario delle frequenze locali debba appartenere primariamente alle stesse, proprio al fine di valorizzare – nel rispetto del dettato normativo – le culture regionali, ritiene tuttavia che questo non debba in alcun modo impedire che l’eventuale eccedenza di risorse frequenziali possa essere utilizzata anche da fornitori di contenuti nazionali, a beneficio di un pluralismo che rappresenta un bene costituzionale altrettanto rilevante.

 

Ma vi è di più. ATDI non può non rilevare come un simile provvedimento si ponga in palese contrasto con la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e nello specifico con il primo comma dell’articolo 11, secondo cui “ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione: tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”.

 

L’Associazione auspica pertanto che l’Agcom vigili affinché “non siano adottate misure che presentino come vizio di fondo il non tenere in debita considerazione il ruolo, determinante per l’economia del settore, svolto dai fornitori di contenuti indipendenti da operatori di rete e da piattaforme di distribuzione: i dodici Associati ATDI, tra attività diretta e indotto garantiscono occupazione a oltre 2000 persone nel mercato italiano”.

“Trattasi di questioni che, in considerazione dell’impatto e delle conseguenze sull’intero sistema televisivo, impongono una riflessione ed eventualmente un intervento correttivo urgente; in caso contrario, lo scenario che si prospetta, oltre a consolidare le già esistenti barriere all’ingresso del settore, vizierebbe irrimediabilmente il mercato stesso, svilendo ogni sano principio costituzionale di libera attività economica e libertà imprenditoriale”. (r.n.)