NGN. Il ministro Romani promette: ‘Digital divide azzerato entro il 2013’

di Cinzia Guadagnuolo |

Presentato alla Camera studio I-Com sulle best practice nella costruzione di reti a livello internazionale, prendendo come riferimento gli effetti delle politiche pubbliche sulla diffusione della banda larga in 30 paesi OCSE tra il 1995 e il 2010.

Italia


Paolo Romani

NGN. Il ministro Romani promette: ‘Digital divide azzerato entro il 2013’

Presentato alla Camera studio I-Com sulle best practice nella costruzione di reti a livello internazionale, prendendo come riferimento gli effetti delle politiche pubbliche sulla diffusione della banda larga in trenta paesi OCSE tra il 1995 e il 2010.

Come si svilupperanno le nuove reti a banda larga e ultralarga in Italia? Chi e come metterà insieme le esigenze di operatori, imprese, utenti, PA e politica? Per il Presidente Agcom, Corrado Calabrò, quello che ha assunto il Paese è un atteggiamento “attendista”.

Questa mattina a Roma, in uno dei palazzi della Camera, si è aperto l’ennesimo dibattito sull’argomento, questa volta prendendo spunto da uno studio del think tank I-Com, presieduto da Stefano Da Empoli, che ha presentato uno studio delle best practice nella costruzione di reti a livello internazionale, prendendo come riferimento gli effetti delle politiche pubbliche sulla diffusione della banda larga in trenta paesi OCSE tra il 1995 e il 2010.

Al tavolo dei relatori rappresentanti istituzionali e del mondo delle telco. Assente, per motivi istituzionali, il Ministro per lo Sviluppo Economico, Paolo Romani, che ha inviato un messaggio. “In due anni abbiamo portato la banda larga a oltre 2,2 milioni di italiani e abbiamo stanziato ulteriori risorse per raggiungere un altro milione di cittadini entro metà 2011, confermando la nostra volontà di azzerare il divario entro il 2013“, ha fatto sapere il Ministro. L’azione di cablatura del Governo ha coinvolto tutte le regioni italiane, dove sono stati aperti 874 cantieri, che hanno dato lavoro a più di 3.000 lavoratori e entro giugno, ha affermato ancora il Ministro nella nota che ha fatto pervenire, saranno aperti altri 1.000 cantieri. Nella nota diffusa dal dicastero si sottolinea, inoltre, che il Ministero dello Sviluppo economico intende svolgere un ruolo attivo nella costruzione di una newco, insieme con i venti principali operatori di telecomunicazioni, per la realizzazione di infrastrutture passive abilitanti i servizi di banda ultralarga per il 50% della popolazione. Tale progetto è in linea con gli obiettivi comunitari, fissati dall’Agenda Digitale europea, e potrebbe avviarsi prioritariamente nel Mezzogiorno, avvalendosi dei fondi per il Piano per il sud.

Prima dell’apertura del dibattito, l’analisi dello studio del direttore area comunicazione I-Com, Maria Alessandra Rossi, che ha dichiarato: “Secondo quanto è emerso dall’analisi, le politiche più efficaci sono state quelle che hanno previsti una chiara sequenza di intervento. Quelle che – ha detto ancora – puntando prima di tutto sugli investimenti di potenziamento dell’offerta, hanno permesso di raggiungere almeno un livello minimo di infrastrutturazione, e in un secondo momento, si sono occupate dello stimolo della domanda“. Perciò, se la strategia ha funzionato per le reti di prima generazione, potrebbe essere estesa anche alle reti di nuova generazione, come la fibra ottica.

Come ha spiegato ancora Maria Alessandra Rossi, il rapporto dell’Osservatorio I-Com ha mostrato che gli strumenti verso i quali l’Italia si sta orientando sono corretti, e in particolare si è riferita a: “il ricorso a forme di partenariato pubblico-privato e le politiche di stimolo alla domanda (come l’eGovernament e l’erogazione di incentivi per l’acquisto di computer o la sottoscrizione di abbonamenti a banda larga“.

Spazio, poi, ai panelist del workshop. Pier Luigi Parcu, direttore Florence School of Regulation, ha parlato di un “sostanziale ritardo dell’Italia per le nuove reti, un ritardo tuttavia non eccezionale se rapportato ai principali Paesi europei. Siamo in buona compagnia“. Parcu ha inoltre auspicato la “spinta necessaria della politica industriale“.

Contrastante la posizione di David Bevilacqua, Amministratore delegato di Cisco Italia, secondo il quale “non siamo di poco in ritardo, ma molto in ritardo“. A suo avviso occorre uscire dall’ambiguità della ADSL. E per rendere più efficace il concetto ha usato una metafora: “Diciamo che l’ADSL sta alla banda larga come la Salerno-Reggio Calabria sta a un’autostrada“. Occorre guardare da dove siamo partiti, al livello di penetrazione dell’ADSL dieci anni fa, e così “ci renderemo conto che rispetto a quella posizione di privilegio oggi siamo fermi“. Per Bevilacqua la “killer application” della Rete di oggi è il video. “Se immaginiamo le drammatiche esperienze di videoconferenza che oggi tutti abbiamo, come possiamo ipotizzare agli sviluppi della telemedicina e al caso in cui un paziente si possa fidare del contatto video col proprio medico per avere una diagnosi attraverso la Rete?” In definitiva, per Bevilacqua, l’Italia è stata superata in fatto di reti anche dai paesi dell’Est Europa o nordafricani.

Occorre rivedere i modelli di business e affrontare il tema della sostenibilità della rete, secondo Franco Micoli, Head of Regulatory & Public Affairs – Central Mediterranean Countries di Alcatel-Lucent. Al centro del suo intervento, il ruolo che in questo momento stanno giovando i cosiddetti “over the top” negli Stati Uniti, citando Google, YouTube e Facebook, e rapportarlo al ruolo degli operatori europei e italiani. Inoltre si è soffermato sul tema della sostenibilità ambientale della Rete e sulle policy da attuare per non rimanere fermi. “Il rischio è grande, ci sono Paesi come la Cina che stanno puntando allo sviluppo dell’economia basato sulla conoscenza, noi stiamo rimanendo indietro“.

L’esperienza dell’Intergruppo parlamentare 2.0 è stata raccontata dal deputato del Partito democratico Guglielmo Vaccaro. L’Intergruppo si propone di lanciare una vasta consultazione online che coinvolga tutti i soggetti competenti o in qualche modo legati al Web (esperti, imprese piccole e grandi, e soprattutto i singoli utenti). Attraverso questa iniziativa l’Intergruppo mira a conoscere e capire meglio le dimensioni e i soggetti del mondo 2.0 per arrivare insieme a soluzioni e regole condivise con riferimento ai temi più significativi del web: libertà di espressione, privacy e identità in rete, diritto d’autore, eccetera. La problematicità che è stata sollevata è che all’Intergruppo appartiene ancora solo il 3% dei parlamentari italiani.

Sul fronte dell’Agcom è intervenuto al dibattito Antonio Perrucci, vice segretario generale, che ha illustrato nel dettaglio i cinque pilasti indicati dall’Autorità alla base della strategia regolamentare in materia di reti di nuova generazione: incentivi al co-investimento degli operatori nella realizzazione delle nuove reti. Remunerazione per il rischio dell’investimento; rispetto del principio della scala degli investimenti (“ladder of investment“); considerazione delle differenze nelle condizioni competitive tra aree geografiche; valutazione di possibili obblighi simmetrici in presenza di “colli di bottiglia”‘ per la competizione.

Dal lato, invece, della Commissione Europea, è intervenuto Nicola Pesaresi, Direttore Unità Aiuti di Stato, che ha delineato puntualmente il quadro che fa da sfondo alla pratica decisionale della Commissione sugli investimenti per le nuove reti, con riferimento al periodo 2003-2010. Ha anche tracciato le differenze, in fatto di investimenti pubblici europei, tra gli Stati membri, con in testa il Regno Unito, poi la Germania e al terzo posto l’Italia, seguita dalla Spagna.

Due contributi molto interessanti, sul piano operativo, che hanno descritto progetti che in questo momento stanno raccogliendo buoni frutti, sono stati quelli di Riccardo Riccardi, assessore alle infrastrutture, mobilità, pianificazione e lavori pubblici della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, e di Marcello Raimondi, assessore all’ambiente, energia e reti della Regione Lombardia; il primo ha descritto un intervento da 120 milioni di euro, di cui già 70 spesi per interventi di investimento; il secondo ha parlato di due obiettivi istituzionali, quello di azzerare il digital divide e quello della fornitura della connessione ultra veloce. Per Fausto Boni, di 360 Capital Partners, una venture capital per le start-up, “il ritardo negli investimenti per le reti in Italia non può essere giustificato da una mancanza di risorse, ma da una mancanza di volontà politica“. Boni ha portato al tavolo della discussione l’esempio dell’esperienza francese di una piccola start-up sostenuta dalla sua società nel 2004, che ha realizzato “una piccola Fastweb nella città di Parigi“.

Il 2010 è stato un anno interessante, perché sono stati raggiunti obiettivi fondamentali. Lo ha sostenuto Mario Mella, Chief Technology Officer di Fastweb. Gli obiettivi cui si riferisce sono la crescita di penetrazione della banda larga in Italia, il tavolo aperto dal Ministero dello Sviluppo Economico che ha portato maggiore chiarezza sulla questione dell’infrastrutturazione del Paese, nonché il successo di Fastweb, che ha lanciato i 100 mega di copertura in fibra arrivando alla possibile copertura di due milioni di famiglie per il servizio di rete a banda ultra larga. “In Italia abbiamo bisogno di un piano che ci consenta ogni anno di raggiungere il tetto dei due milioni di famiglie“, ha concluso Mella.

Molto ottimista sui risvolti positivi del “tavolo Romani” anche Bianca Maria Martinelli, direttore affari pubblici e legali e consigliere di amministrazione di Vodafone Italia. “Partecipare al Tavolo Romani con un piano B in tasca significherebbe indebolire un’azione sostenuta dal Ministro dello Sviluppo Economico chepuò rappresentare un punto di condivisione dell’industria e un’occasione di sviluppo per il Paese“, ha affermato Martinelli. Il tavolo Romani, insieme al Memorandum of Understanding firmato dagli operatori, “rappresenta una fondamentale iniziativa per la realizzazione di una nuova rete in fibra per l’Italia con la partecipazione di tutti i principali operatori del Paese. È un modello che consentirebbe di traguardare in Italia la realizzazione di una rete NGN, efficiente, aperta alla concorrenza e con un business plan sostenibile“.

Prima delle conclusioni, affidate a due rappresentanti istituzionali, la parola è andata a Oscar Cicchetti, direttore Technology & Operations di Telecom Italia, che ha dichiarato: “Tutte le reti che stiamo sviluppando oggi sono a prova di futuro. In questo contesto è importante avere un quadro di regole e sono convinto che tutte le discussioni sollevate in questi mesi sono giustificate dal fatto che stiamo parlando della realizzazione di qualcosa di grande che oggi ancora non c’è“. L’intervento pubblico, secondo Cicchetti, deve “rispettare la salvaguardia dei profili di un’industry che è stata capace di generare tanto valore per i consumatori e per il Paese“.

A tirare le somme del workshop sono stati Mario Valducci, Presidente della commissione Trasporti e Telecomunicazioni alla Camera, e Roberto Sambuco, Capo dipartimento per le comunicazioni del Ministero dello sviluppo economico. Il primo ha lasciato correre sulla provocazione del moderatore del dibattito, che lo ha incalzato sul perché i leader politici, e il premier in particolare, non abbiamo mai affrontato pubblicamente il tema della banda larga, soffermandosi, invece, su alcuni dati. “L’Italia è nella media europea, in tutto – ha affermato Valducci – siamo un po’ carenti sulla presenza della rete fissa, ma siamo sicuramente abbondanti sulla rete mobile“. Si è inoltre detto convinto che il settore delle telecomunicazioni rappresenti uno dei maggiori comparti di sviluppo per il paese anche dal punto di vista economico. Molto ottimista anche l’intervento di Sambuco, secondo il quale “non siamo così in coda, grazie al piano di sviluppo integrato che ha visto il Governo collaborare con le regioni ben tre milioni di italiani sono fuori dal digital divide“. Senza la soluzione del nodo del digital divide, ha concluso, è difficile far arrivare i servizi ai cittadini; “non voglio fare l’industrialista, ma a mio avviso rimane fondamentale il driver dell’infrastruttura, poi da questo viene tutto il resto“.