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Google: Eric Schmidt restera altri 10 anni. Per lui, intanto, ‘liquidazione’ da 100 mln di dollari

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Cento milioni di dollari: tanto porterà a casa,  in azioni e stock options, il quasi ex Ceo di Google Eric Schmidt che, dopo 10 anni alla guida del gruppo, lascerà il posto dal 4 aprile al cofondatore Larry Page.

Sia Schmidt che i due fondatori Page e Brin – tutti e tre azionisti di controllo della società – hanno limitato per molti anni il loro stipendio a 1 dollaro all’anno. Il 2 febbraio, Schmidt riceverà 44,4 milioni di dollari di opzioni d’acquisto di azioni che potrà esercitare su un periodo di 4 anni e per circa 55,6 milioni di azioni.

Secondo un documento pubblicato la scorsa settimana, Eric Schmidt, che comunque resterà top executive di Google col ruolo di presidente esecutivo, detiene circa 9,2 milioni di azioni Google, che corrispondono a circa il 2,9% delle azioni in circolazione, al 9,6% del potere di voto e a un valore di 5,63 miliardi di dollari sulla base del prezzo di chiusura del titolo di venerdì scorso. Parallelamente, nell’ambito di un piano di trading precedentemente stabilito, Schmidt potrebbe apprestarsi a vendere 534 mila azioni di Classe A per circa 327 milioni di dollari. Se il piano verrà seguito, il Ceo disporrà del 9,1% del potere di voto.

Per mettere un freno al profluvio di ipotesi sul suo futuro – c’è chi lo vede alla guida di Apple al posto di Steve Jobs, chi pensa che il manager stia cercando di ritagliarsi uno spazio in Tv – Schmidt ha quindi affermato che  intende restare altri dieci anni all’interno della compagnia, che quest’anno assumerà migliaia di di nuovi dipendenti, in risposta a coloro che invece hanno deciso di lasciare il gruppo per cercare fortuna altrove.

Il manager si è detto ‘emozionato’ per il prossimo decennio che lo attende sempre in seno a Google e ha affermato di volersi concentrare sui problemi di governance e di immagine dell’azienda.

 

Conti e stock options a parte, Google – che durante la gestione Schmidt ha visto i profitti salire dagli 86.43 milioni di dollari del 2001 ai 29.32 miliardi di dollari del 2010 – si appresta a entrare in una nuova era, mentre la stampa americana punta il dito sulle molte, recenti gaffe di Schmidt. Alcune dichiarazioni pubbliche, in particolare, non sono state molto apprezzate –  il New York Mag ne ha subito fatto una lista – come quando affermò: “Vi possiamo suggerire quello che vi interessa e quello che farete. Immaginate, sappiamo dove siete e quello che amate”. Un’uscita non proprio felice, resa proprio mentre il gruppo sta tentando di convincere le autorità per la privacy di mezzo mondo di non essere uno ‘spione’: tesi difficile da sostenere anche alla luce del recente caso Street View, con le macchine incaricate di mappare le città che hanno raccolto anche i dati privati delle reti Wi-Fi incontrate sul loro cammino.

Altri quotidiani hanno invece puntato il dito sull’incapacità di Google a replicare il successo di Facebook e Twitter, che hanno attaccato proprio sul suo territorio, quello della pubblicità e della distribuzione dei contenuti: la società, ha sottolineato The Guardian, si è limitata a tentare di clonare Twitter con Google Buzz, un servizio molto controverso oggetto anche di una class action da parte degli utenti Gmail che si sono  ritrovati iscritti loro malgrado.

E poi, c’è Google Wave, “un servizio talmente innovativo che nessuno è ancora riuscito a spiegare la sua utilità, neanche tra i membri di Google” e ancora il mancato acquisto di Groupon, una società che “ha preferito l’indipendenza alla mistica di Google”, ha spiegato l’analista Tricia Salineto.

Il motore di ricerca aveva messo sul tavolo 6 miliardi di dollari, ma l’offerta è stata giudicata insufficiente dai vertici di Groupon. Secondo la Salineto, l’affaire Groupon “potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso”.

Altro segno dell’invecchiamento del gruppo sta nel fatto che sempre più ingegneri e manager che hanno contribuito al suo successo stanno passando alla concorrenza: Sheryl Sandberg è passato a Facebook, Tim Armstrong ad AOL. Emorragia che ha spinto Google ad aumentare del 10% gli stipendi per frenare la fuga di cervelli.

Per questo in molti vedono il ritorno al comando di Larry Page come un tentativo di ‘ringiovanire’ un’azienda che di colpo si sente ‘vecchia’ di fronte alle ultime tendenze del web.

Riuscirà il 37enne Page nel suo compito? Le aspettative sono divergenti: c’è chi lo ritiene troppo ‘geek’ per avere il sangue freddo necessario nelle decisioni strategiche che, invece, pensa che Schmidt, in realtà, fosse semplicemente un ‘ambasciatore’ del duo Page & Brin, il cui compito si limitava a parlare ai media e durante le conferenze.

Per difendersi dalle molte accuse di violazione della privacy, intanto, google ha annunciato una nuova funzione per il browser Chrome. Il nuovo strumento “Keep My Opt-Outs” permette agli utenti di non subire il monitoraggio della navigazione web attraverso cookie.

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