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eContent: per Ernst & Young, in Italia il 40% della popolazione è disposto a pagare per contenuti di qualità

Italia


Le aziende più innovative del settore media & entertainment (M&E) stanno finalmente monetizzando i propri contenuti, creando pacchetti premium di prodotti e servizi personalizzati e costruiti per migliorare l’esperienza vissuta dai clienti e quindi la loro soddisfazione.

E’ quanto emerge dallo Studio “Monetizing digital media: creating value consumers will buy” di Ernst & Young che analizza i casi di successo ed evidenzia quali strategie di monetizzazione dei contenuti digitali si stanno dimostrando maggiormente efficaci.

 

Si delineano quattro modalità principali per costruire un’offerta di valore per i consumatori e, di conseguenza, massimizzare fatturato e profittabilità:

 

* Format e contenuti aggiuntivi: distribuire contenuti e informazioni in format specifici pensati in funzione delle esigenze dei consumatori e degli “schermi” sui quali saranno fruiti si sta dimostrando un modo efficace di valorizzazione. La possibilità di fornire contenuti esclusivi costituisce un ulteriore vantaggio per i consumatori, e quindi un’ulteriore fonte di ricavi.

 

* Timing: il secondo modo di monetizzare i contenuti fa leva sulla crescente richiesta di flessibilità nel momento della fruizione. I consumatori si accontentano sempre meno di un modello di distribuzione lineare dei contenuti, ma richiedono di accedere ad essi “quando vogliono” e sono sempre più disposti a pagare per farlo. Un’interessante possibilità per le Media Company di assecondare questa tendenza è, ad esempio, offrire contenuti Premium quali film o serial in anteprima, in anticipo sulle tradizionali finestre temporali di distribuzione.

 

* Disponibilità e interoperabilità: i consumatori vogliono poter accedere a contenuti di loro interesse indipendentemente da dove si trovano e dal terminale (TV, PC, smart phone) da loro utilizzabile in quel momento. Le media company possono rendere possibile una reale fruizione multi schermo dei contenuti, abilitando a pagamento un “digital locker”, archivio virtuale dal quale accedere con le modalità preferite ai contenuti a pagamento precedentemente archiviati o acquistati.

 

* Condivisione: si tratta di un concetto che sta cambiando radicalmente. I contenuti gratuiti possono diventare Premium nella misura in cui i consumatori hanno la possibilità di condividerli all’interno dei propri social network o sono abilitati a fornire suggerimenti, commenti o a personalizzarli. Concedere ai consumatori la possibilità di arricchire e diffondere contenuti altrimenti a basso valore costituisce una notevole opportunità per le Media Company, ancora in gran parte da esplorare.

 

Un esempio di questa tendenza sono le stazioni radio su internet che stanno spostando l’attenzione dai contenuti free ai servizi premium che offrono a quanti li sottoscrivono una più vasta selezione di programmi, una fascia di alta qualità, assenza di pubblicità e la possibilità di realizzare e ascoltare canali personalizzati sui dispositivi mobili.

 

Luca Pellizzoni, Partner di Ernst & Young in Italia, ha commentato che “I consumatori progressivamente si stanno abituando a nuove modalità di accesso e fruizione, rese possibili dai media digitali. Sfruttando questa trasformazione, le aziende del settore avranno l’opportunità di monetizzare i propri contenuti sviluppando strategie di valorizzazione capaci di individuare e soddisfare le reali aspettative dei consumatori con offerte a pagamento mirate”.

 

Capire con precisione la propensione all’acquisto di contenuti digitali costituisce un elemento chiave nel disegnare le strategie di monetizzazione. Lo studio Ernst & Young mette in evidenza come il livello di consumo dei contenuti online gratuiti non è indicativo dell’effettiva propensione all’acquisto degli stessi. Fattori quali il reddito medio, l’incidenza della pirateria, l’età dei consumatori e la maturità del mercato orientano in modo sostanziale le abitudini di acquisto.

Ad esempio, nel caso della musica, in paesi emergenti quali Cina e India oltre il 60% dei navigatori accede regolarmente a contenuti musicali online, ma con dei livelli di spesa pro capite compresi tra 0,2 e 0,5 dollari/anno. Viceversa, paesi come il Giappone o gli Stati Uniti hanno tassi di penetrazione dei contenuti musicali più contenuti (rispettivamente 25% e 34%) ma sviluppano una spesa musicale pro capite di circa 10 dollari/anno per navigatore. Analogamente, nel caso dei social network l’Italia e la Gran Bretagna mostrano tassi di utilizzo identici: in entrambi i casi circa il 75% dei navigatori accede con regolarità a siti di Social Network. Tuttavia, in Gran Bretagna la spesa pro capite in Social Gaming ammonta a 19 dollari mentre in Italia è limitata a 7 dollari.

Una corretta comprensione della propensione all’acquisto di contenuti digitali da parte degli utenti Internet è quindi fondamentale per orientare le scelte strategiche dei media player, in particolare per quanto riguarda il mix più adeguato tra contenuti finanziati dalla pubblicità e contenuti a pagamento.

 

Per quanto riguarda il nostro Paese, Jean-Pierre Fabre Bruot, Executive Director Ernst & Young in Italia, ha affermato che “l’analisi dei più recenti dati Nielsen indica una propensione mediamente elevata all’acquisto dei contenuti digitali”.

Secondo le ultime rilevazioni, in Italia il 40% della popolazione di età superiore ai 14 anni si dichiara disponibile a pagare per accedere a contenuti di qualità, percentuale che sale ad oltre il 50% nella fascia d’età compresa tra i 14 ed i 44 anni. Si tratta di circa 11,5 milioni di individui, interessati prevalentemente a film e musica e, in misura minore, a quotidiani, corsi online e contenuti televisivi.

 

Lo studio evidenzia inoltre che la crescente propensione alla spesa per contenuti digitali è legata ad un’offerta di contenuti sempre più capillare e con un basso valore unitario. I consumatori hanno così la possibilità di acquistare solo gli specifici contenuti di interesse, attraverso micro transazioni. Rendere possibili tali micro transazioni richiede tuttavia la capacità di gestire in modo efficiente ed efficace un crescente ammontare di micro pagamenti. A questo proposito, le esperienze sviluppate nel Social Gaming sono molto significative.

 

“Dopo l’IStore di Apple e il Paypal di EBay, Facebook ha recentemente lanciato i Facebook Credits, vera e propria moneta elettronica ideata per favorire le microtransazioni legate ad acquisto di beni virtuali, come i trattori del social game di grande successo “Farm Ville” – ha aggiunto Jean-Pierre Fabre Bruot – I Facebook Credit sono un vero e proprio borsellino virtuale, alimentabile tramite carta di credito ma anche, negli Stati Uniti ed in Inghilterra, tramite ricariche acquistabili sugli scaffali di grandi catene di supermercati”.

 

Negli Stati Uniti, il giro d’affari dei beni virtuali ha raggiunto 1.6 miliardi di dollari nel 2010, cifra alla quale il mercato dei social game ha contribuito per 835 milioni di dollari. Altro mercato dei social game in rapido sviluppo è quello cinese, per il quale le stime ammontano a 105 milioni di giocatori virtuali. Le vendite per i beni virtuali nel 2009 sono state stimate a 2,2 miliardi dollari.

Al momento non sono disponibili dati specifici sul mercato italiano del social gaming, ancora in una fase embrionale. Va però ricordato che la raccolta in Italia dei cosiddetti “skill games” (giochi online dove prevale la componente dell’abilità, quali scacchi, bridge e poker) ha totalizzato ben 2,6 miliardi di Euro nei primi 10 mesi del 2010.

 

A frenare lo sviluppo del mercato rimangono i costi di processing (ossia di gestione) dei micro pagamenti, ancora troppo elevati. Attualmente il costo di processing di una transazione è di circa 20 centesimi di dollaro, eccessivo se confrontato ad un importo medio delle transazioni uguale o inferiore a 1 dollaro. Malgrado ciò, i leader di settore continuano ad investire su questa opportunità, contribuendo a rendere il mercato del processing dei micro pagamenti sempre più competitivo e favorendo, a tendere, l’acquisto d’impulso di contenuti digitali. (r.n.)

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