Brevetti: società hi-tech sempre più una contro l’altra in tribunale, ma a chi giova?

di Alessandra Talarico |

Si moltiplicano le cause legate alla protezione della proprietà intellettuale, mentre la competizione si snoda anche negli spot in cui le società si prendono gioco dei prodotti rivali.

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Proprietà intellettuale

Appena pochi anni fa, gli smartphone sembravano essere destinati ai manager superimpegnati e costretti a stare sempre con un occhio sulla posta elettronica per non perdere importanti affari. Oggi, grazie soprattutto all’iPhone di Apple che ha introdotto gli schermi touch e le apps, questi dispositivi sono diventati popolarissimi e alla portata della maggior parte dei consumatori, innescando una feroce competizione tra produttori che spazia dai prezzi alla pubblicità, passando anche – sempre di più – per le aule dei tribunali.

Si stanno infatti moltiplicando le cause legate alla violazione dei brevetti utilizzati negli smartphone per i più diversi aspetti del loro funzionamento, dal touch screen alle tecnologie usate per ottimizzare la durata della batteria: Nokia fa causa ad Apple, Apple porta in tribunale HTC, Microsoft accusa Motorola e così via.

La scorsa settimana, ultimo caso in ordine di tempo, Nokia ha presentato ricorso contro Apple in Gran Bretagna, Germania e Paesi Bassi, con un’azione che segue la causa intentata dalla società di Cupertino contro la rivale – sia negli Usa che in Europa – per la violazione di 13 brevetti, a sua volta in risposta alla causa intentata a ottobre dell’anno scorso dal gruppo finlandese, che aveva denunciato Apple alla Corte Federale del Delaware con l’accusa di aver violato 10 dei suoi brevetti relativi ai protocolli Gsm, Umts e Wi-Fi, praticamente le tecnologie più utilizzate nella telefonia mobile. A maggio 2010, quindi, la società finlandese ha accusato nuovamente la rivale di aver violato 5 dei suoi brevetti nell’iPad, nello specifico, quelli utilizzati per migliorare la velocità della trasmissione dati, per l’utilizzo dei dati di posizionamento nelle applicazioni, e alcune innovazioni relative alle antenne che permettono di realizzare dispositivi più compatti.

Una serie di denunce e controdenunce che la dice lunga sul clima che si respira nel mercato dei nuovissimi dispositivi – smartphone, tablet, ecc. – per la connessione a internet in mobilità: a marzo di quest’anno, la società di Steve Jobs ha accusato anche HTC di aver violato 20 brevetti collegati all’interfaccia utente, che sta alla base dell’architettura e dell’hardware dell’iPhone. La società taiwanese, a sua volta, ha presentato una controquerela alla International Trade Commission con la stessa motivazione: Apple avrebbe violato 5 brevetti di sua proprietà, relativi alla gestione della rubrica telefonica e del consumo energetico dei telefonini. Negli Usa, l’International Trade Commission dovrà riferire sulla vicenda il prossimo anno, mentre i giudici del Delaware si pronunceranno nel 2012. A novembre, quindi, Microsoft ha portato in tribunale Motorola per la violazione di nove brevetti.

 

Dispute legali che secondo molti esperti sono legate al fatto che vincere in tribunale sia molto più redditizio della vendita delle licenze stesse, ma che sottintendono la grande sfida all’innovazione nel settore dell’elettronica di consumo. Innovare, equivale a guadagnare e proteggere la proprietà intellettuale vuol dire quindi tutelare i profitti a essa legati.

Queste cause si risolvono in genere dopo anni (i processi, insomma, durano più dei dispositivi) e solitamente si chiudono con contratti di licenza per le tecnologie al centro del le controversie: alla fine, insomma, nessuna azienda prevale sull’altra, sostengono gli analisti, ma i risultati dei contenziosi determineranno in che modo i profitti saranno distribuiti tra i diversi attori in campo.

Secondo la Ocean Tomo, una merchant bank con sede a Chicago, che monitora il mercato della proprietà intellettuale, il mercato delle licenze vale circa 500 miliardi di dollari. La società di ricerca IDC stima quindi che quest’anno saranno venduti circa 270 milioni di smartphone, con una crescita del 55% rispetto allo scorso anno.

Cause e controcause, insomma, servono a distrarre un rivale, o a renderlo meno attraente agli occhi del pubblico, mentre la vera battaglia continua a giocarsi sull’aggiunta di nuove funzionalità e sul continuo aggiornamento dei software che fanno funzionare i nuovi dispositivi, ma anche sulla pubblicità.

Negli Usa, ad esempio, Verizon e Motorola hanno impostato la campagna del Droid sulla maggiore capacità e potenza del dispositivo, prendendo in giro Apple per i problemi di ricezione e per i limiti dei suoi dispositivi. sullo stesso tono lo spot di T-Mobile per il MyTouch 4G.

In un mercato così competitivo, gli accordi sui brevetti e anche le cause legali di sicuro aumenteranno, dicono gli esperti in proprietà intellettuale, ma ciò non vuol dire che le compagnie si esaltino al pensiero di dover perdere tempo e soldi per risolverle e che, idealmente, non vorrebbero competere solo sui prodotti e non facendosi causa l’un l’altra.