NGN. Dai Comuni appello al buonsenso: si parta dal riuso delle infrastrutture già disponibili

di Alessandra Talarico |

Rapporto Cittalia-Anfov: serve un nuovo impianto normativo e un maggiore coinvolgimento dei Comuni, oltre che un censimento delle condutture già disponibili e non utilizzate, che potrebbero da subito permettere una serie di interventi a bassissimo costo.

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Il centro ricerche delle città e dei comuni d’Italia (Cittalia), in concomitanza con la stipula del memorandum d’intesa tra il Ministero dello sviluppo economico e gli operatori, ha presentato il rapporto “Le reti di nuova generazione nei Comuni: Infrastrutture e regole per internet veloce”, che nasce dalla convinzione condivisa che il miglioramento delle infrastrutture di comunicazione, e quindi il passaggio alle reti in fibra ottica, possa rappresentare un volano essenziale per la crescita economica e sociale del nostro Paese.

L’attuale rete in rame, che pure ha sostenuto bene fin qui l’evoluzione dalle telecomunicazioni di prima generazione – essenzialmente le chiamate vocali – alla società dell’informazione, caratterizzata dal massiccio scambio di dati attraverso internet, comincia infatti a mostrare i suoi limiti alla luce del costante incremento nell’utilizzo dei diversi servizi, sempre più voraci di banda.

 

Dalla diffusione su scala nazionale di quella che è ormai definita la ‘banda larghissima‘ beneficeranno i cittadini, viste le notevoli ricadute attese per l’occupazione, nonché per la possibilità di essere, allo stesso tempo, creatori e fruitori di servizi e contenuti innovativi, e le istituzioni che potranno snellire i loro processi organizzativi, migliorare i rapporti coi cittadini-utenti e rendere più trasparente il loro operato.

Alla luce, quindi, delle ricadute positive per la produttività delle imprese – che come ha sottolineato ieri il commissario Neelie Kroes, in Europa sono svantaggiate nei confronti delle rivali attive in Asia, dove la fibra ottica è già una realtà grazie agli imponenti investimenti pubblici – l’accelerazione dello sviluppo della fibra ottica rappresenta un’opportunità unica per la competitività dei territori che si basa spesso, in Italia, sull’attività di imprese medio-piccole, le quali potranno così migliorare i processi organizzativi, ampliare i mercati di riferimento, offrire servizi e prodotti nuovi e in grado di competere sulla scena internazionale.

 

Come si è sottolineato peraltro anche ieri a margine della stipula del MoU tra MSE e operatori, la parte più difficile viene ora, che si dovranno elaborare nuove regole per la transizione alla fibra – tutte le telco hanno sottolineato la necessità di un unbundling equo e di garantire i principi di apertura e condivisione – regole che permettano di superare l’attuale impianto normativo, inadeguato al mutamento tecnologico in atto.

Alla luce dei riscontri effettuati a partire dai documenti forniti da 11 città italiane, ad esempio, emerge chiaramente la necessità di un ‘censimento‘ delle infrastrutture di rete già disponibili e sottoutilizzate in chiave NGN, di cui si ha una conoscenza pressoché nulla. Carenza  che rappresenta un freno al riuso di queste risorse, elemento sul quale si basa la strategia dei futuri interventi.

 

Il documento, hanno spiegato Nino Catania (Direttore Generale Anfov) e Pierciro Galeone (Segretario Generale Cittalia – Anci Ricerche), vuole quindi rispondere “…a chi si chiede se in un paese come il nostro dove le attuali dotazioni di rete non sono pienamente utilizzate e la domanda tende a stabilizzarsi, sia necessario investire in misura importante in attività dispendiose (sia in termini economici che di disagio per i cittadini) come gli scavi e la posa dei cavi”.

Perchè, dunque, non utilizzare sistemi di scavo meno invasivi e già ampiamente collaudati, così da risparmiare tempo e denaro preziosi alla luce del ritardo accumulato dal nostro Paese? Perchè, poi, non sfruttare le condutture già disponibili e non utilizzate, che potrebbero da subito permettere una serie di interventi a bassissimo costo? E, soprattutto, perché non coinvolgere i Comuni, che, spiegano ancora Catania e Galeone, “…oltre a conoscere da vicino le esigenze di cittadini e imprese, sono i soggetti istituzionali preposti alla regolazione dell’utilizzo del sottosuolo nelle città”?