Rai: i vertici in Commissione Vigilanza per chiarire il ruolo delle società appaltatrici di fiction

di Antonietta Bruno |

Intanto si continua a discutere del progetto di privatizzazione dell'emittente pubblica, in difficoltà per via delle perdite pubblicitarie a vantaggio delle reti concorrenti.

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Tra i botta e risposta quotidiani su una gestione ritenuta ‘malsana’ dell’azienda; tra contratti degli ospiti in standby; tra questioni rimaste aperte sul tanto agognato rinnovo del contratto di servizio e quant’altro, ad appesantire l’avvio di una serena conduzione della Tv di Stato, si aggiunge ora anche l’allarme lanciato dal presidente della Commissione di Vigilanza Rai, Sergio Zavoli a margine dell’incontro con i vicedirettori generali Antonio Marano e Lorenza Lei, e del direttore di Rai Fiction Fabrizio Del Noce, sul fronte degli appalti legati alle fiction e sui contratti d’acquisto degli sceneggiati costati all’azienda, nel solo 2010, ben 190 milioni di euro.

Sulle società appaltatrici, che secondo quanto sostenuto anche dai dirigenti Rai davanti alla Commissione di Vigilanza “devono rispondere a precisi criteri e fornire idonee garanzie prima di sottoscrivere i contratti”, si è concentrata l’intera seduta convocata a seguito di un’istruttoria condotta dal segretario della commissione Enzo Carra.

 

Nell’occhio del ciclone oltre alla ‘Endemol‘ – partecipata Mediaset – e alla ‘Ares Film‘ – partecipata al 30% da Rti – anche la ‘Albatross Entertainment’ e la ‘Lux Vide‘, controllata al 18,53% da Tarak Ben Ammar, imprenditore tunisino socio in affari di Silvio Berlusconi e con la quale l’azienda pubblica avrebbe chiuso contratti per oltre 20 milioni di euro.

Tutte “composizioni societarie poco chiare” secondo Carra che nella sua istruttoria aveva fatto riferimento anche all’Ellemme Group di Massimo Ferrero. Società quest’ultima, che secondo indiscrezioni – smentite poi dagli avvocati – sarebbe legata a Giancarlo Tulliani, cognato di Gianfranco Fini, e controllata dalle due società inglesi Elmhold Limited e Artgold Limited.

E mentre i vertici della Tv pubblica ribadiscono che “tutte le società devono compilare un’autocertificazione prima di sottoscrivere contratti e che ogni due anni devono fornire i certificati antimafia”, Carra sottolinea che “Bisogna evitare che il denaro pubblico finisca chissà dove o alla concorrenza. E’ necessario inoltre limitare le produzioni all’estero, perché in Italia c’è un problema di occupazione”.

Altro argomento cruciale che ha acceso i riflettori sullo stato di salute della Rai, ha riguardato poi i cosiddetti ‘diritti primari e secondari’ dell’emittente televisiva e la raccolta pubblicitaria. Riguardo la prima questione, Antonio Marano ha spiegato che “la Rai è stata in grado di riempire di contenuti i nuovi canali grazie alle sue teche”. Inoltre, secondo quanto aggiunto da Lorenza Lei “viene fatta una valutazione attenta sugli ascolti, dove per attenta si intende anche tener conto della collocazione di una fiction in una serata dove su un’altra rete viene mandato in onda un prodotto comunque fortissimo”. In sostanza, si tiene conto della “disparità di impatto della programmazione sui telespettatori”.
 

Sul fronte pubblicitario invece, e sul fatto che a quanto pare “in Rai aumentano gli ascolti ma diminuisce la raccolta degli spot commerciali a tutto vantaggio delle reti concorrenti” in molti sono concordi sul fatto che per salvare la Tv pubblica ormai sulla soglia del “fallimento poiché già si paventa – e a sottolinearlo è vicepresidente vicario del gruppo Fli alla Camera Benedetto Della Vedova – che nel 2012 le perdite supereranno l’ammontare del capitale sociale, c’è bisogno di rilanciare il progetto di privatizzazione dell’azienda”. “Tanto più che la soluzione proposta – ha aggiunto – ovvero la cessione degli asset immobiliari dell’azienda per finanziare le perdite, porterebbe alla distruzione di valore per la Rai, anticamera del fallimento dell’azienda. Le mosse recenti ai piani alti di Viale Mazzini, in questo contesto, assomigliano sempre più ai balli nelle ultime ore del Titanic”.

“Privatizzare la Rai – ha concluso Della Vedova – oggi vuol dire salvarla, evitare che i costi della malagestione e della inevitabile occupazione vengano pagati dai contribuenti e dagli stessi dipendenti dell’azienda”.