Browser: valeva davvero la pena di imporre a Microsoft la ‘screen choice’? Ecco come è cambiato il mercato

di Alessandra Talarico |

Sono in molti a ritenere che la decisione dell'Antitrust europeo fosse inutile: la concorrenza, dicono, avrebbe sortito gli stessi effetti.

Europa


Internet Explorer 9

A sei mesi dalla decisione dellla Commissione europea di imporre a Microsoft di attuare un meccanismo che permettesse ai suoi 200 milioni di utenti europei di scegliere tra i diversi browser internet a diposizione, poco sembra essere cambiato e Internet Explorer, nonostante il declino della sua market share, resta sempre lo strumento di navigazione web più utilizzato dagli utenti.

 

Dietro denuncia di uno dei rivali Microsoft, Opera, secondo cui l’incorporazione sistematica del navigatore internet Explorer a Windows, presente sul 90% dei computer del pianeta, conferiva un vantaggio competitivo rispetto agli altri sistemi di navigazione concorrenti (Firefox, Google Chrome, Safari di Apple, Opera), la Ue aveva aveva aperto un’indagine per abuso di posizione dominante, in seguito alla quale la società americana si è impegnata a fornire per cinque anni nell’Area economica europea, attraverso il meccanismo di update di Windows, una “screen choice” per permettere agli utenti di Windows Xp, Windows Vista e Windows 7 di scegliere quale browser vogliono installare o aggiungere a internet Explorer.

 

Nel frattempo, la quota di mercato di IE a livello mondiale è scesa sotto la soglia del 60%, al 59,65%, mentre in Europa è passata dal 44,8% di gennaio al 39,8% di ottobre. Il browser di Google, lanciato nel 2008, nel frattempo, ha raddoppiato la propria quota in Europa, passando dal 5,8% di gennaio all’11,9% a ottobre, mentre Firefox è passato dal 39,9% al 38,8%, Opera dal 4,3% al 4,5% e Safari dal 3,7% al 4,5% (dati StatCounter).

Nel 2009, IE ha perso il 5,5%, mentre nel 2008 il calo era stata dell’8%. Secondo gli analisti, dunque, la quota di Microsoft sarebbe scesa comunque come effetto ‘fisiologico’ di una concorrenza sempre più agguerrita.

 

Servono davvero, dunque, queste misure antitrust?

 

I browser per la navigazione internet sono strumenti gratuiti, ma rappresentano la porta attraverso cui le società come Microsoft, Google, Apple, Mozilla e altre creano profitto grazie alla pubblicità.

Per il portavoce del Commissario Ue alla Concorrenza, Joaquin Almunía, i recenti dati di mercato indicano che la competizione tra i produttori di browser sta crescendo, a conferma della validità del meccanismo di scelta multipla introdotto per imposizione dell’Antitrust europeo.

Prima dell’intervento dell’Antitrust europeo, ha sottolineato il Commissario Ue per l’Agenda Digitale, Neelie Kroes, “era come andare al supermercato e trovare soltanto una sola marca di shampoo mentre le altre marche erano nascoste e nessuno le conosceva, oggi tutte le marche di shampoo sono nello scaffale”.

 

Secondo il responsabile Google Chrome Brian Rakowski, anche se impossibile quantificare gli effetti del cosiddetto ‘ballot screen’, il rimedio ha sicuramente accresciuto la consapevolezza dei consumatori riguardo l’esistenza di un’ampia scelta di prodotti alternativi a Internet Explorer.

Microsoft, da canto suo, non ha mai commentato gli effetti della decisione dell’Antitrust sulla market share di IE. La società si è adeguata ai dettami europei dopo un decennio di battaglie con la Commissione riguardo altri aspetti delle sue attività: il legame inscindibile tra Windows e Windows Media Player e il segreto mantenuto sui codici necessari ai concorrenti per creare software compatibili con Windows.