Tv: analisi Ue delle riforme del servizio pubblico davanti all’avanzata dei New Media con focus su Italia, Germania e Spagna

di Raffaella Natale |

Unione Europea


Broadcasting

Le attuali tendenze europee sul finanziamento delle radiotelevisioni pubbliche stanno vivendo un profondo mutamento strategico. Recentemente il Tribunale Ue ha dato il proprio OK alla Francia per una linea di 150 milioni di euro alla Tv pubblica France Télévisions nonostante la dura battaglia delle emittenti private TF1 e M6.

 

Al centro del dibattito la questione delle sovvenzioni ai nuovi servizi media dei broadcaster pubblici e i problemi in materia di concorrenza.

 

Sull’argomento l’Osservatorio europeo dell’audiovisivo, che fa parte del Consiglio d’Europa, sta per pubblicare l’ultimo Rapporto IRIS dal titolo “Financing and supervision of public service broadcasting” realizzato dall’Istituto di diritto europeo dei media di Saarbrucken.

 

L’autore, Christian Bron, lega l’attuale confronto sul finanziamento delle Tv pubbliche alla Raccomandazione 1878 dello scorso anno dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa secondo la quale “i telespettatori accettano sempre meno il finanziamento del servizio pubblico visto l’aumento dei contenuti audiovisivi disponibili sul web”.

 

Bron apre il Rapporto con la presentazione del quadro legislativo europeo per quanto riguarda il finanziamento e il controllo dei broadcaster di Stato.

Il Protocollo di Amsterdam del 1997 consente di finanziare il servizio pubblico solo per il conseguimento della sua missione e senza alterare le condizioni di scambio e di concorrenza.

 

Nella Comunicazione del 2009, successivamente rivista, sulla radiotrasmissione, la Commissione distingue tra due tipologie di sovvenzione: “finanziamento unico“, che avviene solo grazie a fondi pubblici, e il “finanziamento misto” nel caso in cui le Tv possono essere sostenute da risorse statati o da entrate provenienti da attività commerciali, come la vendita di spazi pubblicitari o programmi.

Il Consiglio d’Europa ha, inoltre, pubblicato diverse Raccomandazioni su finanziamento e controllo delle emittenti pubbliche e la Corte europea dei diritti dell’uomo ha spesso avuto l’occasione di esaminare diversi aspetti della legge sul broadcasting.

 

Il Rapporto propone anche un’analisi Paese per Paese dei modelli di finanziamento del servizio pubblico nell’ambito della Ue.

Focus anche sull’ultima decisione della Germania di fissare il canone per famiglia e non più in base al possesso del televisore. Tutto questo mentre anche l’Italia studia drastici interventi per cercare di arginare le perdite dovute anche alla forte evasione.

Sul versante nazionale, il legislatore si è fatto carico delle esigenze di trasparenza e responsabilità connessi all’utilizzo del finanziamento pubblico prevedendo, all’art. 47 del Testo unico della radiotelevisione, l’obbligo per la concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo di tenere una contabilità separata finalizzata alla determinazione del costo di fornitura del servizio pubblico. Ne consegue che la Rai deve predisporre il bilancio d’esercizio indicando in una contabilità separata i ricavi derivanti dal gettito del canone e gli oneri sostenuti per la fornitura del servizio pubblico.

 

Analisi anche dei provvedimenti adottati in Austria, Finlandia, Francia e Paesi Bassi per finanziare la trasmissione radioTv pubblica.

 

Uno Studio che evidenzia anche le forti differenze tra i modelli adottati ma anche gli elementi in comune che riguardano il processo di riforma in atto dei sistemi di finanziamento e delle governance per adattare le emittenti pubbliche alle nuove esigenze di mercato. Particolare attenzione anche ai new media, alle nuove modalità di trasmissione dei contenuti. Un capitolo del Rapporto è dedicato al controllo dell’uso dei fondi pubblici.

L’analisi rileva anche che nella maggior parte dei casi gli Stati hanno adottato, o si apprestano a farlo, cambiamenti nelle legislazioni correnti prevalentemente a seguito dei provvedimenti intrapresi dalla Ue nelle sue funzioni di controllo dei finanziamenti pubblici com’è stato, per esempio, in Spagna dove la Commissione ha aperto una procedura formale d’esame per valutare un nuovo sistema di sovvenzione della Tv pubblica Rtve.

 

In Italia proprio ieri, Paolo Romani, viceministro alle Comunicazioni, ha annunciato contro l’evasione del canone “una norma per agganciare il canone al possesso dell’utenza elettrica”.

Romani spera che la norma possa essere approvata ‘entro l’anno’ e ha spiegato che il provvedimento si basa sul presupposto che “chi è proprietario di un’utenza elettrica ha un televisore. Se non ce l’ha, deve fare un’autocertificazione per comunicare di non possedere la tv. Si inverte l’onere della prova”. E ha poi spiegato che non è possibile agganciare il canone alla bolletta elettrica per la presenza di circa 250 gestori, ma ‘ci faremo dare dai gestori la lista dei loro clienti’.

Essendo il canone legato a un’utenza in maniera precisa, gli evasori saranno colpiti inviando la tassa non pagata all’Agenzia delle Entrate, che erogherà le multe.

L’evasione, ha ricordato il viceministro, è di 685 milioni e, con questo provvedimento “si punta a recuperarne circa la metà”.

 Grazie alla lotta all’evasione si potrà dunque “diminuire il canone stesso e pagare i canali tematici digitali del servizio pubblico”.

il consigliere di amministrazione Rai, Angelo Maria Petroni, ha proposto “con 20 euro in più all’anno di canone, avremmo più finanziamenti per il servizio pubblico e si potrebbe anche ridurre l’evasione”.

 

Misura non condivisa da Luca Borgomeo, presidente dell’associazione di telespettatori cattolici Aiart, per il quale “Ancora una volta sul canone Rai, pur di fare cassa e trasfusioni ad una Rai dissanguata e stremata, si avanzano proposte non solo scarsamente efficaci, ma risibili e molto discutibili sul piano giuridico’.

Sarebbe auspicabile – continua Borgomeo – una riflessione serena sulle cause dell’evasione del pagamento del canone; tra queste la principale riguarda i telespettatori, insoddisfatti, indignati, critici per un servizio pubblico che ha abdicato a svolgere il suo ruolo al servizio della comunità nazionale, omologandosi ogni giorno di più alle reti Mediaset nel servizio informativo”.

 

Bron conclude il Rapporto precisando che diversi Paesi sono al momento impegnati nella sostituzione del vecchio modello che prevede il canone per sostituirlo con un “contributo media” più generale o somme imputate direttamente al bilancio dello Stato.

Tuttavia, a prescindere da quale sia il modello di finanziamento adottato e la procedura di controllo messa in atto sulle sovvenzioni pubbliche, l’autore del Rapporto insiste sulla necessità di preservare l’indipendenza della programmazione come prevede il Diritto Ue ma anche le costituzioni di diversi Stati europei.