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Privacy: fallito il ‘Quit Facebook Day’, mentre in Australia proseguono le indagini sulle violazioni di Facebook e Google

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La prima giornata di sciopero indetta per protestare nei confronti della gestione della privacy su Facebook, e che si doveva sviluppare attraverso la cancellazione in massa dei tanti utenti del maggiore social network al mondo, per lanciare un segnale forte di malcontento nei confronti dell’azienda, non ha prodotto i risultati sperati e il ‘Quit Facebook Day‘ si è, a sorpresa, trasformato in un vero e proprio flop.

 

Su Quitfacebookday.com, il contatore si è, infatti, fermato a 34.025 adesioni, pari a meno dello 0,01% del totale dichiarato di utenti Facebook nel mondo.

Percentuale decisamente bassa rispetto al raggruppamento di utenti annunciato, e che i promotori dell’iniziativa sperano ora possa essere invertita nella giornata del 6 giugno, data fissata per il secondo appuntamento destinato a convincere i ‘facebookiani’ ad abbandonare il sito. No log in, no messaggi, e soprattutto niente “Mi piace” in nessun sito che implementa il nuovo pulsante.

 

E, mentre il popolo di Facebook promette ma, nei fatti, non pratica, in Australia si continua a parlare di social network che non rispettano il diritto di privacy dei propri utenti. Nell’occhio del ciclone stavolta, non solo Facebook ma anche Google.

Sul caso, la Commissione per la privacy ha avviato indagini separate sulle due compagnie per il modo in cui raccolgono dati e contenuti da milioni di persone, mentre il gruppo no profit Australian Privacy Foundation annuncia la presenza di solide basi per avviare un’azione legale per violazioni alle leggi sulle telecomunicazioni e la privacy.

 

Su internet, due i tipi di informazioni raccolte, sulle quali la Commissione per la privacy sta indagando: il materiale che gli utenti scelgono di caricare, come le foto di vacanze su Facebook, e i dati raccolti durante l’attività in rete, come gli argomenti ricercati usando Google. Quest’ultimo è oggetto d’indagine anche per avere ammesso di aver raccolto dati personali da utenti di computer che usano le connessioni WiFi.

Non solo, appena una settimana fa, la stessa web company veniva accusata dal ministro delle comunicazioni Stephen Conroy della “più grave violazione della privacy nel mondo occidentale”.

 

Nel contempo, il gruppo per le libertà civili online Electronic Frontiers Foundation, ha accusato Facebook di rendere intenzionalmente complicati i settaggi per rendere riservati i propri contenuti “perché – ha detto il portavoce Geordie Guypiù informazioni gli utenti mettono a disposizione, più Facebook guadagna“.

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