Dal broadcast al broadband. Il piano per un nuovo sistema audiovisivo richiede buone regole

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di Dom Serafini (Editore e Direttore di Video Age International)

Mondo


Dom Serafini

Sono passati esattamente 16 anni da quando, nel 1994, proposi una riforma del sistema audiovisivo italiano con il libro “‘O sole mio. It’s now or never“. In quel periodo Internet aveva poco più di 9 anni e solo 5 anni dopo si incominciò ad intravedere una nuovo modo di fruire i programmi audiovisivi tramite il protocollo Internet. Infatti, nel 1999, scrissi uno dei primi libri dedicati a questo argomento: “La televisione via Internet. Una nuova frontiera“. In seguito, nel 2002, riuscii ad identificare ed elaborare come i vari elementi legati alla banda larga potessero operare in armonia, nel libro “The ten commandments for the tv of the future“.

Da quell’embrionico stato sono passati solamente 8 anni ma i progressi si sono evoluti a una tale velocità da far diventare in poco tempo realtà un’idea originalmente piuttosto astratta e futuristica.

 

Ora però non si può più parlare di “riforme”, bensì di piani o di agenda per il digitale.

 

La parola “riforma” denota un elemento legato al mondo analogico, perciò non adatto o adattabile al mondo creato dalla tecnologia digitale e dai collegamenti a banda larga.

Oggi infatti, sia a livello governativo che industriale, tutti sono alla ricerca di un modello audiovisivo che ci porti al passo con i tempi: la Commissione Europea con la sua “Agenda digitale“, la Fcc americana con “Il piano per la banda larga“, ed anche il governo inglese con il proprio “Britannia digitale“.

L’argomento é di importanza vitale non solo per il settore audiovisivo, ma per tutta la società. Oggi sono pochi coloro che ignorano il fatto che tra poco i programmi radiotelevisivi verranno trasmessi esclusivamente tramite la larga banda: uno standard (protocollo) Internet unico per tutti i ricevitori, siano questi televisori a largo schermo che quelli di un Pc o di un palmare. Uno standard che permetterá la fruizione dei contenuti audiovisivi in “qualsiasi modo e luogo”, mobile o fisso, a casa o fuori. Uno standard compatibile per la 2D e 3D.

 

Poi, se le varie Autorità sapranno sfruttare l’attuale apertura verso nuove forme di regolamentazione, ci sarebbe anche l’opportunità di imporre provvedimenti contro l’obsolescenza, in modo che i consumatori non dovranno più scartare apparecchi elettronici perfettamente funzionali solamente perché incompatibili con i nuovi modelli. Per colpa della de-regolamentazione si é creata una situazione per la quale radio e televisori costruiti negli anni ’40 sono ancora funzionali, mentre un apparecchio digitale costruito quattro anni fa é reso inutile da una obsolescenza programmata. Naturalmente questa particolare imposizione verrà ostacolata dalle società di software (programmi) e hardware (apparecchiature) che ora fanno miliardi con l’obsolescenza.

 

Ciò nonostante, il fatto che un piano per la larga banda sia urgente e vitale per il mondo intero é una cosa riconosciuta da tutti: sia coloro che auspicano regole più rigide che coloro che vorrebbero una regolamentazione meno invadente.

Il difetto principale delle proposte finora presentate é che tutte si prefiggono di rendere i loro paesi “leader” nel campo digitale, piuttosto di prevedere come primo articolo lo sviluppo di un piano che sia equo, innovativo e competitivo.

Il “Piano per la banda larga” proposto dalla Fcc, l’autorità delle telecomunicazioni Usa, é stato subito criticato da Yochai Benkler, professore alla Harward Law School, per il fatto che non stimola la concorrenza. Inoltre, secondo il “New York Times”, la Fcc ha un’autorità troppo limitata per un impegno del tipo proposto.

 

Le tre proposte principali ora all’esame hanno ulteriori difetti. Quella europea vorrebbe regolare l’utilizzo (per arrivare, ad esempio, ad un unico mercato digitale), piuttosto che agire sui vari componenti del sistema che fa perno alla banda larga. La  proposta Britannica introdurrebbe molte più regole del necessario con lo scopo che l’Ofcom, l’Autorità di controllo sulle telecomunicazioni, acquisisca più poteri. Tutti e tre i piani, inoltre,  si concentrano principalmente sull’aspetto specifico della banda larga, senza prendere tanto in considerazione i vari elementi legati all’universo che vi ruota intorno. Infatti, sarebbe impossibile regolamentare la banda larga ed i servizi  ad essa associati senza coinvolgere i fornitori di contenuti e di servizi.

 

Un piano digitale veramente equo e funzionale deve per forza essere uno “zero-sum game“, cioè la sottrazione ad un settore é l’aggiunta ad un altro, in modo che la somma rimanga sempre uguale e non sia sbilanciata a favore di nessuno.

Prendendo un esempio dall’America, per ottenere una copertura “wireless” (Wi-Fi e Wi-Max) nazionale entro il 2020, la Fcc ha bisogno di uno spettro elettromagnetico di 500 MHz. Per questo motivo la Fcc vorrebbe riappropriarsi di 120 MHz dai broadcaster Tv, visto che molte stazioni Tv non sembrano disposte a programmare tutti i canali offerti dal multiplex.

 

Spettro, però, che questi non vogliono cedere. Quando sono passate dall’analogico al digitale, le stazioni Tv hanno restituito alla Fcc 108 MHz di spettro. Inoltre il multiplex é una cosa nuova, affermano, e richiede tempo per sfruttarlo. Naturalmente i broadcaster vogliono volutamente trascurare il fatto che, negli Usa, solo il 15% delle famiglie riceve programmi televisivi tramite antenna, pertanto sarebbe più economico trovare un modo affinché queste famiglie possano fruire la Tv tramite altri mezzi e che le stazioni Tv cedessero le frequenze ora non più necessarie.

 

Ad ostacolare poi il progresso verso un sistema digitale equo ci sono interessi incrociati che si pensa di risolvere con disposizioni del tipo “open access“, dove società che costruiscono le strutture per la banda larga dovrebbero vendere ai concorrenti l’accesso alle loro reti affinché queste possano competere sulle stesse reti. Logicamente un tale provvedimento soffocherebbe gli sviluppi di banda larga a livello nazionale, ritarderebbe l’innovazione e darebbe stimolo a Wall Street per ulteriori integrazioni verticali a scopi speculativi (che tra l’altro sono pericolose per la sicurezza nazionale).

 

Un sistema piú equo e razionale si avrebbe se le società telecom ed altri operatori di reti potessero costruire, gestire e sfruttare in modo esclusivo le loro reti, a patto che queste società si dissocino da tutti le altre attività relative alla banda larga, tipo fornitura di contenuti e di servizi. In questo modo la concorrenza tra le reti verrebbe garantita dai vari operatori di cavo, doppini per Dsl, wireless, linee elettriche e satellite. Inoltre, le reti non dovrebbero essere integrate orizzontalmente. Ad esempio, una rete per la banda larga tramite Dsl non dovrebbe operare sia nel campo fisso che in quello wireless nella stessa area (mercato) di servizio.  Affinché i fornitori di banda larga possano ottimizzare i loro investimenti, questi devono essere anche in grado di gestire l’ultimo miglio e le bollette del canone.

 

Questi ultimi provvedimenti risolverebbero anche il problema della “neutralità della rete“, visto che i fornitori di broadband gestirebbero delle “reti stupide” e quindi non dovrebbero piú sottrarre o ridurre banda ai concorrenti. Inoltre, la concorrenza tra le varie reti di banda larga eliminerebbe anche la questione del pagamento o meno di un pedaggio extra per servizi prioritari oppure dell’offerta di rete su di una base non discriminatoria.

In effetti, delle buone regole alla fine creerebbero il risultato di avere meno regole.  Realizzare un piano regolatore per la banda larga che possa essere valido per i prossimi 50 anni, come lo é stato il modello Tv analogico, é molto più semplice di quanto si pensi. Gli ostacoli esistono solamente perché ora ci sono conflitti d’interessi che si contrastano a vicenda.

In una situazione paragonabile, si immagini un gruppo finanziario che possiede un’autostrada, una società di trasporti merci e passeggeri ed una di aree di servizio per la sua autostrada.

 

Questo gruppo sarebbe disposto a far sì che altre società di trasporto potessero liberamente percorrere la sua autostrada oppure permettere ad altre aree di servizio di operarvi?

Inoltre, per tutto il suo tratto autostradale, converrebbe ai consumatori che questo gruppo controllasse anche il servizio treni merci?

Le società fornitrici di banda larga si trovano nelle stesse condizioni. Appena le società proprietarie delle superstrade dell’Internet vengono tolte da situazioni di attività conflittuali, queste si concentrerebbero sul loro business  per meglio monetizzare la superstrada senza creare posti di blocco.

 

Un esempio attuale di modello industriale per la banda larga arriva dal settore dell’energia elettrica, il quale una volta era integrato verticalmente a regime di monopolio. Oggi questo settore é diviso tra i generatori di elettricità, la rete di trasmissione ed il circuito di distribuzione. Quest’ultimo elemento é l’equivalente dell’ultimo miglio per la fornitura della banda larga.

Un esempio storico è invece offerto dal sistema televisivo Usa prima della disastrosa riforma delle telecomunicazioni effettuata dal presidente Bill Clinton nel 1996. Prima di allora i  ruoli e compiti dei vari elementi che componevano l’industria audiovisiva erano ben definiti, regolamentati e protetti (infatti venivano chiamati “licenza per stampare soldi”) e tutte le società coinvolte erano in grado di produrre guadagni. Le stazioni Tv facevano soldi con la pubblicità senza rischi finanziari per i programmi acquistati dai produttori. I produttori facevano soldi con la syndication utilizzando fasce orarie a loro riservate nelle stesse stazioni Tv.

 

La Fcc si é data come scadenza il 2020 per una copertura nazionale completa con la banda larga, una data realistica, in quanto attualmente il 95% della popolazione americana ha accesso alla banda larga fissa (con una velocità minima di 4 Mbps).

Per quanto riguarda l’Italia, l’Adsl arriva al 96% della popolazione, seppur scenda all’87% per velocità superiore a 2 Mbps. Per il wireless, la copertura é del 95% della popolazione. Inoltre, Fastweb, Vodafone e Wind hanno in progetto di costruire un’unica rete di fibra ottica per portare la superbanda in Italia  a 10 milioni di persone entro il 2020. Attualmente la penetrazione della fibra é dell’1% delle famiglie. ciò nonostante, il 62% della popolazione Italiana é coperta dalla superbanda. Poi, con il passaggio della Tv broadcast e satellite alla banda larga si libererebbero frequenze per il wireless che andrebbero ad estendere ulteriormente la copertura nazionale della banda larga.

 

In considerazione di queste statistiche, l’Italia potrebbe benissimo sviluppare in modo rapido un sistema audiovisivo innovativo da essere preso come modello dagli altri paesi. Gli obiettivi di qualsiasi nuovo modello audiovisivo in un universo digitale devono quindi essere:

 

1)            Aumentare la concorrenza.

2)            Creare una concorrenza leale.

3)            Stimolare l’innovazione.

4)            Sistemi standard aperti, interoperabili (condivisibili) e anti-obsolescenza.

5)            Internet aperto e neutrale.

6)            Un servizio di banda larga robusto.

7)            Ottimizzare le risorse.

8)            Monetizzazione a tutti i livelli

9)            Sicurezza contro le frodi e disastri umani (come scoppi nucleari che paralizzano le comunicazioni digitali ed il cyber-terrorismo). Deve inoltre offrire protezione ai consumatori e scoraggiare le speculazioni sulle infrastrutture.

10)         Salvaguardare i diritti sui contenuti e limitare contratti esclusivi per i contenuti (per evitare la formazione di cartelli e/o posizioni dominanti).

 

In pratica, affinché si possano ottenere i migliori risultati possibili per tutti gli interessati, i vari elementi operanti dentro la banda larga devono essere ben definiti e separati senza interessi finanziari incrociati, possibilmente divisi nel modo seguente:

 

I)             La rete a banda larga, sia questa fissa, wireless o satellitare.

II)           I fornitori di contenuti: produttori, distributori, aggregatori, motori di ricerca, servizi P2P e stampa.

III)          Fornitori di servizi: Isp, società di telefonia (audio e video) e negozi virtuali.

 

In questo modo, tutte le società coinvolte con la banda larga hanno possibilità di successo e tutte saranno interessate a fornire il miglior servizio al prezzo più basso possibile.

Una struttura ben definita garantirebbe anche un miglior controllo sui diritti audiovisivi e risolverebbe la questione della ” giusta concorrenza”, evitando, ad esempio, che gli operatori della banda larga aggiungano all’abbonamento anche altri servizi (come audio e video) a prezzi sottocosto allo scopo di ottenere più abbonati e, allo stesso tempo, eliminare la concorrenza per i servizi audiovisivi. Affinché il sistema sia equo ed efficiente, i fornitori di banda langa devono competere solamente in base alla qualità, convenienza e prezzo della loro rete, non di servizi ausiliari di sotterfugio che nascondono lacune nel “core business”.

 

Quando le società multinazionali e multimediali invocano la legge non scritta della “convergenza” per rimanere  inefficacemente strutturate sia verticalmente che orizzontalmente, questa deve essere presa come una scusa per evitare che tutto il sistema legato alla banda larga possa progredire e per far sí che il settore possa continuare ad essere sotto l’influenza di una pericolosa speculazione finanziaria. Per portare il settore della banda larga verso il 21mo Secolo, la parola d’ordine per qualsiasi piano digitale deve essere “divergenza”.

 

Capito l’importanza della “divergenza”, le stazioni Tv che non avranno più bisogno delle frequenze elettromagnetiche devono scegliere tra essere fornitori di contenuti o di banda larga via wireless. Le reti telco e cavo Tv devono decidere se restare nel business della banda larga o quello dei contenuti e/o servizi. I fornitori di servizi Isp (tipo Yahoo) devono optare verso l’Isp oppure verso i contenuti.

In un sistema così regolamentato, l’utente prima si abbonerebbe ad un servizio di banda larga a lui più conveniente: sia questo fibra, doppini, wireless, satellite o fili elettrici, ed in base al costo, velocità di scaricamento e volume di byte.

“Una volta collegato alla banda larga, l’utente si abbona (gratis o a pagamento a seconda del modello di business offerto e/o preferito) ad un Isp per i servizi Internet (eMail, telefonia in video ed audio). L’utente potrá anche scegliere a quale fornitore di contenuti abbonarsi (anche in questo caso gratis o a pagamento).”

Ed ecco quindi che, con questo piano per il digitale su larga banda, l’Italia potrebbe presentarsi al mondo con un modello veramente innovativo, equo e produttivo, affermandosi come vero leader per una strategia digitale internazionale.

 

 

 

 

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