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Fastweb. Attesa decisione Procura su rinvio commissariamento mentre continua la campagna dei dipendenti: FASTWEB siamo noi. Credi in noi

Italia


E’ incominciata sui principali quotidiani, e proseguirà fino al 18 marzo, una campagna stampa che vede protagonisti i dipendenti Fastweb. L’idea è partita proprio da chi in Fastweb lavora: sono circa un migliaio i dipendenti che hanno inviato i loro ritratti decisi a difendere la reputazione dell’Azienda mettendoci, è il caso di dirlo, la faccia.

 

Il testo della campagna recita: “Fastweb è una bella azienda italiana: noi che ci lavoriamo ci crediamo. Siamo persone oneste, trasparenti, che non hanno nulla da nascondere. Siamo tutti noi a fare la differenza: mettendo il nostro impegno, ogni giorno, per migliorare il servizio che diamo alle imprese e alle famiglie italiane. E’ questo il modo migliore per far valere la nostra reputazione. Noi difendiamo Fastweb e ci crediamo. Credi in noi.”

 

La società è al centro delle indagini della Procura di Roma insieme a Telecom Italia Sparkle per presunto caso di riciclaggio e frode.

Le due aziende si sono dichiarate estranee alle contestazioni e “parti lese” dei reati eventualmente commessi dagli indagati.

 

Man mano che gli inquirenti proseguono con il loro lavoro, emergono elementi nuovi. Da un settimanale, Profil, è emerso che tre banche austriache avrebbero avuto un ruolo, tra il 2005 ed il 2007, nel “riciclaggio di due miliardi di euro” al centro dell’inchiesta.

Le operazioni contestate dalla Procura sarebbero infatti passate per 14 conti presso Raiffeisen Zentralbank, Bank Austria (del gruppo Unicredit), e la filiale austriaca di Anglo Irish Bank. Anche la magistratura di Vienna avrebbe aperto una inchiesta.

I tre istituti, scrive France Press, non hanno voluto commentare le indiscrezioni ma hanno indicato di aver collaborato con le autorità.

A giugno 2007, secondo il periodico austriaco, in seguito ad una richiesta degli inquirenti italiani i magistrati austriaci avevano disposto una ispezione sui 14 conti bancari ma a quel punto, probabilmente, già erano considerati non più sicuri da chi li utilizzava.

 

E’ inoltre emerso che il 29 gennaio di tre anni fa l’amministratore delegato di Fastweb, Stefano Parisi, segnalò con tanto di denuncia alla Consob e alla procura di Milano manovre speculative sul titolo rientranti in una “pericolosa strategia speculativa e di scalata“. La lettera è contenuta negli atti che la procura di Roma ha messo a disposizione di tutte le parti e che fanno parte della maxi-inchiesta su un’associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio di due miliardi di euro. Parisi aveva puntato il dito contro un articolo di un quotidiano nazionale del 23 gennaio 2007 che dava notizia dell’inchiesta per evasione fiscale aperta a Roma. Tale informazione, secondo l’ad, faceva parte di questa strategia speculativa.

Appare evidente – scriveva nella lettera Parisi – che qualcuno si sta avvalendo di tali artifici nell’ottica di una operazione di rastrellamento”. Nella stessa Parisi rilevava il ruolo “marginale” ricoperto da Fastweb nella vicenda giudiziaria.

 

Potrebbe intanto arrivare oggi la decisione del giudice Aldo Morgigni sul rinvio chiesto dai pm della Procura di Roma in merito alla decisione sul commissariamento per Fastweb e TI Sparkle. Giovedì scorso, infatti, secondo fonti giudiziarie, i pm avevano chiesto al gip uno slittamento della decisione per poter studiare la documentazione presentata dalle due aziende con l’obiettivo di scongiurare l’ipotesi di commissariamento.

 

Venerdì il gip non ha fatto conoscere la sua decisione quindi, con tutta probabilità, un’indicazione sui tempi potrebbe arrivare già all’inizio della settimana. Se il giudice accogliesse la richiesta dei pm, che in sostanza chiedono un lasso di tempo di 7-10 giorni per vagliare le proposte avanzate dalle due società, si arriverebbe a venerdì prossimo, o al massimo a lunedì 15 marzo.

 

Nell’intento di evitare il commissariamento, Fastweb ha depositato tramite gli avvocati Franco Coppi e Gildo Ursini una proposta per la nomina di un commissario speciale che per 9 mesi si occupi della gestione operativa e del controllo della divisione Wholesale. La proposta è ritenuta dall’azienda sufficiente perché tutti i fatti contestati sono accaduti in quell’area che era gestita autonomamente. Senza contare, è il senso ultimo della proposta, che in Fastweb l’attività di rivendita all’ingrosso è abbastanza marginale rispetto a quella dell’intera azienda, mentre l’arrivo di un commissario avrebbe conseguenze per l’intera società.

 

Da segnalare tra l’altro che l’arrivo del commissario giudiziale significa che il profitto derivante dalla prosecuzione dell’attività’ viene confiscato. Il che, per una società quotata in borsa, significa l’impossibilità di conferire dividendi agli azionisti ed è quindi considerata l’eventualità peggiore.

 

Anche TI Sparkle ha depositato la sua documentazione in cui spiega anche di avere deliberato di conferire a un terzo indipendente l’incarico di svolgere una verifica del sistema di controllo interno e del Modello Organizzativo. La società ha fatto inoltre presente che i dipendenti indagati sono stati tutti cautelativamente sospesi mentre gli indagati che all’epoca dei fatti ricoprivano la carica di amministratori in TI Sparkle hanno, nel frattempo, lasciato il gruppo.

 

L’ex senatore del Pdl, Nicola Di Girolamo, arrestato nell’ambito dell’inchiesta, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Una decisione che i due legali di Di Girolamo, Carlo Taormina e Pier Paolo Dell’Anno, hanno motivato spiegando che il loro assistito ‘in ragione della complessità e del tecnicismo della vicenda ha ritenuto di fornire solamente nel proseguo i necessari chiarimenti all’autorità investigativa non essendo l’interrogatorio di garanzia davanti al gip, al quale si riconosce estremo rispetto, la sede più adatta”.

Di Girolamo vorrà quindi raccontare in un nuovo interrogatorio ai pubblici ministeri la sua verità in una vicenda giudiziaria che lo vede accusato di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio di ingenti somme di danaro effettuato a livello internazionale attraverso una miriade di società estere e, con riferimento alla sua elezione a senatore con il voto degli italiani all’estero, di violazione della legge elettorale e di scambio elettorale aggravato dal metodo mafioso.

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