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Google: l’Europa troppo dura? Bartz (Yahoo!), ‘Clima preoccupante, non auguro a nessuno di finire nel mirino dell’Antitrust’

Unione Europea


“Preoccupante” il clima che si respira in Europa per le società hi-tech americane: anche dal dipartimento di Stato americano sono piovute critiche sulla decisione del Tribunale di Milano di condannare tre dirigenti di Google Italia a sei mesi di carcere (con pena sospesa) per la mancata rimozione dal sito Google Video di un filmato contenente vessazioni nei confronti di un ragazzo down.

Ieri, intanto, anche il Ceo di Yahoo!, Carol Bartz, è intervenuto nelle vicende che vedono coinvolta la rivale, affermando che i recenti accadimenti rendono l’Europa un terreno incerto per le internet company americane.

Michael Posner, funzionario del Dipartimento di Stato americano responsabile del settore ‘Democrazia e Diritti umani’, ha definito “spiacevole” la sentenza in base alla quale i dirigenti del sito avrebbero dovuto agire da ‘censori’ dei contenuti postati dagli utenti e si è detto “preoccupato” per le ripercussioni che una simile sentenza potrebbe avere in tutto il mondo.

Penso che le società debbano avere la responsabilità di monitorare i contenuti ma questa società, secondo me lo stava facendo”, ha affermato Posner, che – pur non volendo sminuire l’importanza e la gravità del caso, ha stigmatizzato il fatto che i tre dirigenti siano divenuti “il bersaglio del governo”, pur avendo agito in modo appropriato.

 

Le vicende sono note: la scorsa settimana il Tribunale di Milano ha condannato David Carl Drummond (ex presidente del Cda di Google Italia), George De Los Reyes, (ex membro del Cda), e Peter Fleischer, responsabile delle strategie per la privacy per l’Europa, a sei mesi di reclusione, con pena sospesa, per violazione della privacy, mentre l’antitrust europeo ha aperto un’indagine per presunto abuso di posizione dominante nel settore della ricerca online, in seguito al ricorso di tre competitor del gruppo di Mountain View, compresa Microsoft.

 
I fatti risalgono al settembre del 2006: le immagini incriminate, riprese con un telefonino, mostravano le vessazioni subite da un ragazzo di 17 anni, insultato e percosso nell’indifferenza del resto della classe. Immagini di umiliazione e violenza che hanno fatto in un batter d’occhio il giro della rete a hanno aperto un acceso dibattito sulla responsabilità, oltre che degli autori del gesto, anche dei siti che ospitano questo tipo di contenuti generati dagli stessi utenti. 

L’operato di Google  è stato difeso, quindi, anche dal Ceo della rivale Yahoo!, Carol Bartz, che, nel corso della conferenza stampa per i 15 anni della società, alla domanda se anche Yahoo! si ritenesse vulnerabile di fronte alle istituzioni europee,  ha risposto: “…neanche Google pensava di essere vulnerabile fino a un mese fa”.

 

“Non auguro a nessuno di finire nel mirino dell’antitrust – ha affermato ancora la Bartz – né in genere mi interesso degli interventi dei governi, ma sono convinta che, nella maggior parte dei casi, il mercato faccia la sua parte e io preferisco essere competitiva sul mercato”. Non, dunque, a colpi di cause per azzoppare i concorrenti.

 

La società di Sunnyvale – che per mesi ha resistito a un tentativo di acquisizione da parte di Microsoft, per poi ripiegare su un accordo inerente alla ricerca online che ha ricevuto l’Ok delle Autorità europee – manterrà dunque una posizione defilata nell’indagine avviata dalla Ue, che al momento non è comunque ‘ufficiale’. Google dovrà infatti rispondere alle accuse e poi l’esecutivo procederà eventualmente con l’apertura di un’inchiesta formale.

 

Le denunce – presentate alla Ue da Microsoft (attraverso la controllata Ciao ), dal francese Ejustice.fr e dal sito britannico di comparazione dei prezzi Foundem – mirano a dimostrare che Google, attraverso un artificio inserito nell’algoritmo di ricerca, penalizza i servizi concorrenti ponendoli in fondo alla lista dei risultati e quindi rendendoli meno visibili agli utenti.

A Google, che controlla il 90% del mercato globale della ricerca online, i competitor contestano anche lo strapotere sul mercato della pubblicità online, che distorcerebbe la concorrenza permettendo al gruppo di Mountain View di imporre prezzi eccessivamente alti agli altri player.

 

Sul fronte delle prospettive future di Yahoo!, la Bartz ha affermato che il gruppo si concentrerà su piccole acquisizioni che apriranno le porte a nuove fette di pubblico, apporteranno alla compagnia nuovi strumenti analitici e ne espanderanno la portata geografica.

La quota di Yahoo! sul mercato della ricerca online Usa è scesa lo scorso anno del 3%, attestandosi al 17%: la Barz, che ha preso il posto di Jerry Jang – silurato per la posizione poco convincente mantenuta nelle trattative con Microsoft – ha affermato che ci vorrà ancora del tempo prima che la trasformazione avviata dalla sua gestione veda i primi frutti.

“Nessuno ha la bacchetta magica – ha affermato – pensiamo a fissare degli obiettivi e a raggiungerli e poi a fare delle proiezioni”.

 

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