Musica e web: nella settimana dopo il Festival di Sanremo i download sono cresciuti del 164%

di di Giandomenico Celata |

Italia


Gianni Celata

“Conta l’acquisto di impulso dopo aver ascoltato i cantanti in televisione…..  Il social network è determinante per la promozione della musica…. Le pagine dedicate ai fan hanno raggiunto un picco in occasione del Festival…. Tra i giovani, poi, è diffuso il multitasking: guardano i cantanti in televisione, commentano in diretta su Facebook e si collegano su Internet per acquistare canzoni”.

 

Di chi sono queste dichiarazioni? Di un addicted del Web? Di un socio in affari di Pirate Bay? Di una rediviva Banda della Magliana su Internet?

No, dell’Associazione che raggruppa le industrie discografiche che fino a qualche tempo fa, parodiando l’Iran, parlava di Internet come male assoluto. Quindi, dalle parti dell’industria musicale, si smettono finalmente i panni dello Sceriffo di Nottingham e si comprende che gli Allegri Compari di Robin Hood non sono banditi ma, nel nostro caso, audience alla ricerca di una offerta sul mercato.

 

Non solo, ma i cascami di questi chiamiamoli male intendimenti del fenomeno del filesharing, hanno portato il Governo Italiano, ancora un mese fa  a tassare le periferiche di memorizzazione, così come a suo tempo è stato fatto con i compact disk, ree di favorire la cosiddetta pirateria. L’operazione aveva la sigla: equo compenso per compensare i mancati guadagni della SIAE a causa della pirateria. In termini grammaticali una  sequenza di ossimori da Guinness World Records.

In termini economici: uno scambio tra un beneficio di breve periodo contro la sostenibilità dell’ecosistema musicale nel medio. In termini di saggezza popolare: tentano di uccidere la gallina che porta le uova.

 

E invece cosa è successo?

 

Mentre le associazioni gridavano al lupo e misuravano pecore azzannate che non c’erano mai state e che non potevano esserci e l’Incredible Bondi ci credeva,  nel frattempo, l’industria ha incominciato ad organizzarsi. In ritardo ma meglio tardi che mai. Ha spostato l’offerta sul Web; si è adeguata con qualche distinguo ai prezzi ragionevoli pretesi dalla nuova piattaforma dove  vende i brani singoli e non il molto spesso ipocrita  album. Insomma, l’industria si sta riorganizzando sulla base delle nuove tecnologie di distribuzione del prodotto.

E i social network?

Svolgono quell’essenziale supporto promozionale, di valorizzazione e enfatizzazione del passaparola, da sempre magico circuito di validazione dei prodotti media: tipico degli  experience good. Che è esattamente quello che aveva illustrato la ricerca socio-economica indipendente misurando quanto l’effetto promozione del filesharing superasse l’ effetto sostituzione. Certo è un acquisto più motivato, più consapevole. Il Web ci dà un consumatore più evoluto ma, nello stesso tempo, capace di dare risposte rapide alle sue emozioni. E’ il mercato  che cambia bellezza! Che il Web prova a rendere non a senso unico ma aumentando il peso della sovranità del consumatore.

 

Un  eBook che uscirà a breve dal titolo Blowin’ in the Web- L’ Industria della Musica a Tempo di Web proverà a raccontare tutto ciò.

 

Secondo una ricerca di Deloitte nel 2009 il settore della musica digitale ha fatturato in Italia 11,2 milioni di euro, con un incremento del 24% rispetto al 2008. Intanto, iTunes, su cui l’industria discografica aveva emesso un wanted da far west, ha appena tagliato il traguardo dei 10 miliardi di brani venduti; negli ultimi quattro mesi del 2009 il business della piattaforma tecnologica per gestire e acquistare canzoni ha fruttato 520 milioni di dollari.

 

Sarebbe bello che adesso le industrie discografiche ammettessero che il filesharing ha insegnato la  strada al mercato e che Internet e il Web hanno aperto ad un prodotto immateriale come la musica prospettive che i supporti fisici mai gli avrebbero dato.

 

Questi dati di Sanremo portano anche ad altre riflessioni. La prima riguarda quel corto circuito virtuoso, per gli amanti del genere, tra i talent show televisivi e un festival come Sanremo come paradigma di lancio dei nuovi pop idol.

La seconda riguarda il modo e i tempi con cui l’industria musicale può immettersi in quella insorgente ibridazione tra broadcaster e broadband che è il tema dei prossimi anni; come può connettersi a queste audience che tendono ad essere misurate sempre in più in termini cross mediali e come le può trasformare in consumatori. Ed infine, come può utilizzare La Lunga Coda di Internet per ampliare le possibilità, specie per le discografie minori rispetto ai colossi anglo americani, e per le tendenze musicali meno mass market, di proporre al mercato globale che il Web rende ubiquo i titoli  delle proprie library.

 

Avanzo ai discografici una proposta, trasformare la FAPAV-Federazione Anti – Pirateria Audiovisiva da KGB della creatività in Federazione per l’Aumento della Produzione Audiovisiva che affronti tutti questi temi. Presumo che i produttori cinematografici, per le cose che va dicendo da diverso tempo il loro Presidente, saranno d’accordo.

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