Fondazione Barbareschi. ‘Figli di un male minore’: le malattie rare in Italia, necessità dei pazienti e risposte della politica

di Flavio Fabbri |

Italia


Luca Barbareschi

Per il secondo anno consecutivo si rinnova l’appuntamento con il convegno “Figli di un Male Minore. Il diritto alla cura è un dovere sociale“, organizzato dalla Fondazione Luca Barbareschi ONLUS, con il sostegno di Farmindustria e il patrocinio di importanti istituzioni. Un momento di riflessione pubblica, che ricorre proprio in occasione della Terza Giornata Mondiale delle Malattie Rare, dal titolo ‘Pazienti e ricercatori: partner per la vita‘, in cui dare spazio non solo alle aziende, ma soprattutto delle famiglie e a coloro che ne soffrono in prima persona. Le malattie rare rappresentano oggi circa il 10% di tutte le malattie che affliggono l’umanità e parliamo di 20-30 milioni di malati rari in Europa, con 20.000 nuovi casi ogni anno e circa 5 nuove malattie riportate ogni settimana nelle pubblicazioni scientifiche. Sono i numeri che le stesse associazioni che lavorano sul campo da decenni, come l’Istituto Superiore di Sanità, Uniamo, Orphanet, l’ Associazione Giuseppe Dossetti e il Centro Nazionale Malattie Rare, hanno voluto rendere pubblici proprio in occasione del convegno. Molto spesso, anche nel 50% dei casi, si registra drammaticamente una mancanza di risultati nella fase di screening, con il 25% dei pazienti che ha atteso da 5 a 30 anni per avere la conferma della diagnosi e il 40% degli individui che inizialmente l’ha avuta sbagliata. Un altro 25% delle persone affette da tali patologie, inoltre, deve spostarsi da una regione all’altra, il 2% addirittura in un altro Paese e solo per ricevere delle visite accurate, non certo delle cure.

 

In Italia sono circa 6.000 le malattie rare censite, ma c’è chi sostiene possano arrivare anche a 8.000 a seconda dei criteri adottati, coinvolgendo da 1,5 a 2 milioni di persone. A fronte di tali dati, negli ultimi anni, si è registrata una maggiore attenzione da parte delle Istituzioni e della società civile per le malattie rare, a cui anche l’appuntamento della Fondazione Barbareschi, ‘Figli di un Male Minore‘, ha certamente contribuito facendo informazione e alimentando un pubblico dibattito. Un’attenzione che deve essere estesa soprattutto alle famiglie dei pazienti, che in maggioranza hanno a che fare con malattie di difficile cura e dalle conseguenze sociali ed economiche devastanti per i genitori, oltre che per i figli. Le statistiche ci dicono infatti che il 32% dei padri e il 46% delle madri sono costretti a modificare la situazione occupazionale e nei casi più gravi (23%) le rinunce riguardano entrambi i genitori. Il 38% dichiara infine di aver bisogno di un sostegno psicologico e di un aiuto maggiore nella vita di tutti i giorni, dovendo sovente affrontare anche il problema della distanza, in quanto nel 45% dei casi il centro clinico di riferimento è situato fuori della regione di residenza, senza contare tutte quelle persone che devono comunque spostarsi dalla loro città,  per raggiungere i presidi dove effettuare la terapia specifica.

 

Oltre ai problemi, però, è importante sottolineare anche i grossi cambiamenti avvenuti nel corso degli ultimi anni, grazie all’impegno dei governi, dell’industria farmaceutica, delle associazioni, della classe medica e ai progressi della ricerca. Ecco così che i tempi di attesa per la diagnosi si sono notevolmente abbassati, passando da alcuni anni a un massimo di 5 mesi, mentre l’80% dei pazienti ha ottenuto come prima diagnosi quella definitiva. Merito di tutti gli attori che lavorano quotidianamente a fianco dei soggetti affetti da malattie rare e forse per una volta anche dell’industria, che ha rinunciato a un pezzetto di profitto a favore del bene del singolo e di una visione più etica dei propri obiettivi. Come ha affermato Sergio Dompé, Presidente di Farmaindustria: “Il lavoro che abbiamo svolto durante questi ultimi anni è stato prevalentemente di raccolta delle informazioni e di miglioramento dei livelli di comunicazione tra centri di ricerca, aziende, Istituzioni e centri sanitari“. “Oggi abbiamo 1050 richieste di assegnazione di medicinali orfani – ha spiegato Dompé – di cui 300 in sviluppo e 50 già autorizzati, e l’Italia, per qualità della ricerca e per risultati, rappresenta una leadership nel settore delle malattie rare, con il 10,4% delle pubblicazioni scientifiche a livello internazionale“. Il presidente di Farmaindustria ha così aperto la prima tavola rotonda della giornata, titolata “Le risposte della politica alla ricerca sui farmaci orfani“, moderata da Roberto Arditti, direttore del quotidiano ‘Il Tempo‘, e dedicata appunto ai risultati ottenuti in campo legislativo in Europa e in Italia, da cui ovviamente discendono quelli sul campo, nella ricerca e nell’assistenza sociale.

 

Serve una corretta informazione – ha risposto Fernando Aiuti dell’Università di Roma ‘Sapienza’ – che i media siano in grado di veicolare al pubblico, ma in primo luogo tra i centri medici di base, a cui aggiungere una riorganizzazione del sistema sanitario nazionale che al momento assegna alle regioni la gestione dei fondi“. Regioni che, per Leonardo Santi del CNBBSV, Comitato Nazionale Biosicurezza e Biotecnologie, proprio in questo momento di piena campagna elettorale, andrebbero sollecitate maggiormente su questo punto: “Chiedendo ai diversi candidati degli impegni precisi, che poi dovranno mantenere una volta eletti, passando dalla fase progettuale a quella esecutiva“.  Un piano di riordino nazionale che per Bruno Dallapiccola, Presidente di Orphanet: “Non può prescindere dalla clinica come punto di partenza per la fase la diagnostica e le cure da somministrare al malato, che nel 75% dei casi sono riconoscibili e gestibili solo in ambiente clinico“. Momento molto delicato questo, proprio per la migliore identificazione della patologia di cui si è affetti e delle più idonee tecniche di analisi del patrimonio genetico, sempre più utilizzate per lo studio di queste malattie. “Oggi possiamo sequenziale il nostro patrimonio genetico – ha ricordato in video da Boston Luigi Notorangelo del Program on Primary Immunodeficiencies – identificando nel minor tempo possibile dove risiede il difetto, mentre lo sviluppo dell’utilizzo delle cellule staminali apre un secondo fronte d’intervento per la cura, andando alla radice stessa della malattia“.

 

Da un punto di vista politico, dopo la sollecitazione della Comunità Europea nel 2000, oggi si sta lavorando alacremente per raggiungere l’obiettivo di una comunità di Stati membri in cui ogni paese sia in grado di affrontare efficacemente il problema delle malattie rare entro il 2013. Per far questo, ha sottolineato nel suo intervento Laura Bianconi, senatrice del Pdl: “Serve una legge quadro per la formazione del personale medico di base, lo sviluppo di conoscenze avanzate, la mappatura dei centri di ricerca e di competenze sul territorio, una maggiore collaborazione delle aziende farmaceutiche“. Un punto molto delicato quest’ultimo, anche perché la ricerca si sta muovendo nella direzione giusta, ma l’accesso alle medicine è ancora limitato, sia per scarsità, sia per i costi spesso esorbitanti. Secondo i calcoli della senatrice: “Sono da mettere in conto almeno 100 milioni di euro, da riversare in un fondo transitorio a sostegno di tutti coloro sono impegnati nel difficile lavoro di cura e sostegno dei malati e dei famigliari“. Stesso ragionamento è stato offerto dal senatore in quota Pd, Daniele Bosone, che nel suo intervento ha chiesto tempi brevi per la legge quadro e un maggior impegno da parte del governo: “Nel sostenere il lavoro quotidiano delle associazioni, della famiglie e dei ricercatori, provvedendo alla defiscalizzazione della ricerca e andando ad incidere sui costi delle aziende farmaceutiche, che da parte loro così si impegneranno a diminuire i costi delle medicine al consumatore“. Prezzi che secondo Dompé rimangono alti soprattutto per gli imponenti costi di produzione che ogni aziende deve sostenere: “Su 1000 molecole solo una viene commercializzata e i tempi di incubazione sono lunghissimi, anche 10 o 12 anni. Basti pensare che su 3 farmaci immessi sul mercato solo 1 riuscirà a coprire i costi di produzione sostenuti“.

 

Grande aiuto e sostegno arrivano anche dalle iniziative di Telethon e Francesca Pasinelli, che ne è direttore generale, ci ha raccontato come i tanti fondi raccolti, quasi 400 milioni di euro, siano destinati proprio alla ricerca clinica e al sostegno delle famiglie dei pazienti, soprattutto per l’acquisto dei prodotti farmaceutici, perché con i soldi raccolti si riesce in parte a diminuendone i costi al dettaglio delle medicine. Un processo di inversione sul mercato di fondamentale importanza per i nuclei famigliari con a carico un paziente, ha sostenuto Gianfranco Ferraccioli del Policlinico Gemelli di Roma: “Inserendo nei piani di ricerca quelle patologie neglette nella maggioranza delle popolazione e che poi maturano ed emergono spesso in età adulta“. Non sono mancati ovviamente momenti di intrattenimento per la platea, dove sedevano anche alcune classi delle scuole medie ed elementari, a cui la Rimbamband e Maurizio Battista hanno strappato qualche sorriso, mentre Lucrezia Lante della Rovere, Beppe Fiorello e Margot Sikabonyi hanno raccontato esperienze e storie di vita che da vicino toccano il disagio, la malattia e la sofferenza. Dopo le note in jazz di Marco Zurzolo si è poi aperta la seconda tavola rotonda, moderata dal medico e conduttore televisivo Livia Azzariti e dedicata a “Le risposte della politica alle necessità dei pazienti“. Una sessione più vicina all’associazionismo di base e alle famiglie, di cui queste ultime sono spesso parte attiva, e che è stata aperta da Luca Barbareschi con la lettura alla sala del personale messaggio di saluto del presidente della Camera, Gianfranco Fini. “C’è bisogno di fare rete – ha affermato Renza Barbon Galluppi di Uniamo – tra gli ambienti industriali, gli enti pubblici, i ricercatori e i centri di eccellenza, per fare in modo di diffondere conoscenza e comunicazione“. Fattori critici su cui lavorare per poter procedere sulla strada difficile della cura e la prevenzione delle malattie rare, a cui va aggiunta una nuova idea di formazione del personale medico di base, necessaria per implementare i risultati in fase di diagnosi. Ma certo servono soldi e Dorina Bianchi, senatrice Udc, ha rivolto un appello al ministro della Salute, Ferruccio Fazio: “I progetti della commissione igiene e sanità  sono stati depositati, ma ora spetta al ministero assicurare i fondi per la loro copertura. Il ministro ha parlato di 20 milioni di euro già pronti e disponibili nel Fondo Sanitario Nazionale, utilizzabili anche per lo screening prenatale, un mezzo utilissimo nella pre-diagnosi, ma aspettiamo un suo segnale“. A questo proposito Domenica Taruscio del Centro Nazionale Malattie Rare, ha ricordatogli obiettivi del progetto triennale EUROPLAN, che punta su una strategia di condivisone di tutte la fasi del progetto da parte dei 18 Paesi che ne fanno parte e che cerca di riunire le varie informazioni inerenti le diverse patologie rare distribuite sul territorio europeo. Riscrivere in qualche modo le regole, quindi, per arrivare ad una legge quadro a livello di singoli Paesi che sia in grado di riunire le conoscenze, le diverse esperienze e le azioni intraprese dalle Istituzioni sanitarie, in modo tale da poter valutare l’impatto dei diversi piani nazionali ed adottarli, qualora si rivelino proficui, anche in altre realtà.

 

Entro fine anno – ha ricordato Flavio Bertoglio della Consulta Malattie Rare – il disegno di legge  o Ddl 52 sugli incentivi alla ricerca e per l’accesso alle terapie nel settore delle malattie

Rare, dovrebbe diventare legge e finalmente verrà istituito il fondo sanitario nazionale per le patologie rare“. Un auspicio, più che una sicurezza, perché nonostante l’ottimismo in certi casi non debba mai venir meno, i dubbi rimangono, tant’è che lo stesso Bertoglio ha voluto rimarcare la latitanza evidente delle Regioni in questi tavoli, gli stessi enti che al momento hanno la responsabilità di gestire i fondi per la sanità pubblica. Soldi che in parte dovranno anche esser destinati ad un aiuto diretto alle famiglie, come ha specificato Leopoldo Torlonia dell’Associazione Italiana Sindrome di Williams: “Spesso chiuse in un silenzio assordante, indice di solitudine e di rassegnazione“. Tutti fattori chiave che devono essere tenuti a mente per meglio inquadrare il mondo delle malattie rare, per il quale, ha ribadito Ombretta Fumagalli Carulli dell’Associazione Dossetti: “Si ha l’urgenza di una maggiore tutela costituzionale dei diritti dei pazienti alla salute, soprattutto in relazione alle malattie neglette, sia all’opinione pubblica, sia al mondo istituzionale“. Sfide dall’alto valore morale e culturale, ha infine commentato il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, che intervenendo in chiusura di convegno ha evidenziato i progressi legislativi degli utlimi tempi: “I nuovi Livelli Essenziali di Assistenza, LEA, comprendono oggi 109 classi di malattie, oltre alle 600 che già conosciamo, con modalità diverse di erogazione delle risorse per l’assistenza domiciliare integrata e residenziale, andando a dividere così l’autosufficienza dalla non autosufficienza e rendendo più semplice e diretto l’accesso alle cure per chi ne ha necessità“. “Il provvedimento – ha concluso Fazio – è adesso sul tavolo del ministero dell’Economia che, dopo esser passato al vaglio preliminare delle regioni, ci auguriamo possa diventare esecutivo al più presto“. Anche in questo caso un auspicio, che per il prossimo appuntamento con ‘Figli di un male minore’, in molti sperano nel frattempo sia divenuto una realtà per milioni di persone affette da malattie rare.

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