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Mobile World Congress. Colao (Vodafone) contro Google, ‘Ue e FCC garantiscano la concorrenza a tutti i livelli’

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Mentre Google punta sempre di più sui cellulari – “sarebbe incredibile non farlo, tutto passa da lì”, ha detto il Ceo Eric Schmidt – gli operatori telefonici cominciano a manifestare una crescente apprensione nei confronti dei rischi di monopolio non solo nei mercati della ricerca online e dell’advertising, ma anche in quello, appunto, della telefonia mobile. 

L’edizione 2010 del Mobile World Congress è stata dunque occasione anche per manifestare questo dissenso e la necessità di garantire la parità delle regole per tutti i giocatori in campo. La Commissione europea e la Federal Communications Commission americana – ha affermato ad esempio il Ceo di Vodafone Vittorio Colao – dovrebbero collaborare per garantire l’apertura e la competitività del mercato tlc, soprattutto in particolari segmenti come quello della pubblicità, al momento stradominato da Google.

Il dibattito in corso negli Usa e in Europa sulla neutralità della rete – ossia sulla rimozione delle restrizioni sulle applicazioni e i servizi – dovrebbe essere occasione, ha detto Colao, per assicurare mercati aperti e una più equa distribuzione dei profitti, in particolare nei due segmenti monopolizzati dalla società di Mountain View.

“Per quanto riguarda Google dobbiamo essere in grado di trattare liberamente su e giù per la catena di valore. Il fatto che l’80% della pubblicità online vada in un solo canale è qualcosa che dovrebbe essere esaminato nel futuro dibattito sulla neutralità della rete”, ha affermato Colao, aggiungendo che la Commissione europea e la FCC dovrebbero garantire regole che consentano “una concorrenza a tutti i livelli”.

 

Colao ha quindi spiegato che sono tre le chiavi per lo sviluppo del mercato della telefonia mobile: “…piattaforme aperte, sistema competitivo, profittabilità degli investimenti”, ma ha aggiunto anche che bisognerà torvare nuovi modelli di sviluppo, magari procedendo con una segmentazione della rete in diverse fasce, con un sistema a 15-20 livelli, in quanto “non possiamo usare la stessa rete per il traffico dati aziendale e per scaricare canzoni nello stesso momento e allo stesso prezzo”.

Bisogna quindi guardare – ha concluso – “…all’intera questione della portabilità delle applicazioni e a chi possiede i dati una volta che sono stati pagati”.

 

La questione dello strapotere di Google nel search advertising era stata sollevata di fronte alla Commissione europea e alla FCC anche dal vicepresidente Microsoft Brad Smith, secondo il quale l’antitrust europeo dovrebbe occuparsi della “enorme quota di mercato” di Google nel mercato del search advertising, che è ormai diventato “il motore economico fondamentale, nonché la principale porta d’ingresso ai contenuti online”.

 

La questione, è emerso anche a Barcellona, sta evidentemente a cuore a molti e soprattutto agli operatori tlc che stanno cercando nuove fonti di guadagno dopo la contrazione dei profitti dei servizi tradizionali, causata dalla crescente competizione e dagli interventi regolatori stringenti sulle tariffe di terminazione e sul roaming. Mentre insomma, i produttori si sfregano le mani prevedendo ottime vendite per i loro dispositivi – sulla scia del successo dell’iPhone tutti guardano agli smartphone come al futuro del mobile computing – sembra che gli operatori siano rimasti soli a preoccuparsi di come fare per tornare al profitto proprio in un momento caratterizzato dal delicato e oneroso passaggio alle reti di nuova generazione.

 

L’operatore spagnolo Telefonica, ad esempio, sta pensando di far pagare i motori di ricerca per l’uso delle reti: Cesar Alierta ha sottolineato che i motori di ricerca “…usano le nostre reti senza pagare niente. È un colpo di fortuna per loro e sfortuna per noi”.

 

Le ricerche internet da siti come Yahoo! e Google occupano una grossa fetta della larghezza di banda sulle reti degli operatori tlc: “Noi abbiamo messo la rete, abbiamo messo in piedi il sistema, ci occupiamo dell’assistenza dei clienti, delle installazioni, dei servizi…ma questo cambierà, ne sono sicuro”, ha aggiunto.

 

Google, che nei giorni scorsi ha anche annunciato l’intenzione di testare una rete in fibra ottica da 1Gb, respinge però al mittente queste pretese: dalle pagine de Il Sole 24 Ore, Eric Schmidt ha ribadito la diversità sostanziale tra il business di Google e quello degli operatori telefonici: è vero che questi ultimi, ha detto, “…hanno costi molto fissi alti”, ma è vero anche che Google offre servizi, e non intende “…entrare in una gara che non è nostra”.

Sul fatto, poi, di pagare l’accesso alle reti, la risposta è ancora più categorica: “…perché dovremmo?…Non percepiamo in alcun modo ricavi da loro, la gente paga la connessione agli operatori non a noi”. Se, insomma, le telecom hanno ancora l’opportunità di vedere una crescita degli utenti, è anche grazie a Google e ai suoi servizi innovativi.

Servizi che, però, per il troppo successo rischiano di mandare in tilt la rete: l’allarme arriva da Research in Motion produttore del BlackBerry: secondo il  co-CEO Mike Lazaridis, la rete arriverà presto al collasso se i produttori di smartphone non cominceranno a sviluppare prodotti e servizi meno avidi di banda.

 

L’industria, insomma, è a un crocevia: da un lato c’è la necessità – come ha spiegato Lazardis – di preservare la capacità delle reti dal collasso, ma c’è anche l’urgenza di accelerare lo sviluppo di nuovi modelli di business, per garantire agli operatori che le devono gestire un adeguato ritorno economico.

 

Per farcela, ha affermato quindi Colao, “…è necessario che tutti gli operatori, i proprietari di contenuti, gli sviluppatori di applicazioni, i produttori di sistemi operativi e di motori di ricerca sviluppino nuovi modelli di business, per permettere agli operatori di continuare a investire in reti nuove e più veloci”.

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