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Telecom-Telefonica. Il Governo smentisce ancora: ‘Nessun via libera né paletto a fusione’. Scajola, ‘Troppe chiacchiere’

Italia


“Nessun incontro, nessun contatto, nessun paletto”. La presidenza del Consiglio ha smentito “nella maniera più totale” le indiscrezioni pubblicate dal quotidiano La Repubblica sul presunto via libera del Governo alla fusione tra Telecom Italia e Telefonica.

Anche il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola – che si trova in Israele e il cui ritorno è atteso, secondo il quotidiano, per definire gli ultimi dettagli dell’accordo – ha smentito l’esistenza di “un parere favorevole del governo”.

Nessun fatto nuovo concreto, dunque, ma “…molte parole, molte chiacchiere. Troppe”, secondo il ministro, che comunque giovedì ha in agenda un incontro coi vertici del gruppo telefonico italiano.

 

Mentre il gruppo spagnolo, di contro, si è trincerato dietro un no comment – “…il governo italiano ha smentito le notizie. Noi non commentiamo”, ha riferito un portavoce – gli analisti iberici hanno subito bollato come ‘assurda’ e ‘ridicola’ l’ipotesi di offerta pubblica di scambio ventilata da Repubblica, visto che l’operazione andrebbe a ridurre i poteri di Telefonica in Europa. Secondo alcuni osservatori citati dal quotidiano economico L’Expansion, una Ops “…non creerebbe alcun valore per gli azionisti Telefonica. Il gruppo dovrebbe piuttosto puntare all’acquisizione di una società di dimensioni più piccole”. Gli analisti ritengono inoltre che l’operazione sarebbe un errore dal punto di vista strategico, viste le ulteriori difficoltà che si creerebbero con le autorità antitrust, soprattutto in Sudamerica.

 

Secondo il quotidiano diretto da Ezio Mauro, fonti governative avrebbero confermato che la fusione tra le due società “…non è più evitabile” e si sarebbe trovato un accordo su un’Offerta pubblica di scambio che il gruppo di Cesar Alierta dovrebbe presentare in tempi brevi.

Le due società, secondo lo scenario ipotizzato dalla stampa, sarebbero controllate da una holding – Telecom Europa – a sua volta controllata da un nuovo soggetto che nascerà dalla fusione di Criteria (secondo azionista di Telefonica dopo il Banco di Bilbao, col 5,1%) e Telco, la holding che controlla Telecom Italia.

 

La nuova società, secondo La Repubblica, sarebbe controllata dagli spagnoli, ma il Governo avrebbe posto come prima condizione che la gestione delle rete nazionale resti in mano italiane. Altri paletti riguarderebbero l’inserimento di una clausola di ‘lock up’ per evitare l’uscita in tempi brevi dei soci italiani (Generali, Mediobanca e Intesa Sanpaolo), che dovrebbero essere anche coinvolti “ai massimi livelli” nell’amministrazione del “colosso” e dell’eventuale nuova società che andrà a gestire la rete.

Si, perché proprio la rete è e resta lo scoglio principale in questa operazione: nei giorni scorsi, il sottosegretario allo sviluppo economico Paolo Romani, aveva sottolineato che anche in caso di fusione, l’infrastruttura Telecom – su cui passano dati estremamente sensibili anche per la sicurezza nazionale – deve restare italiana.

Basterebbe a questo punto, anticipa sempre La Repubblica, prendere Open Access – la divisione da cui già oggi dipendono 20 mila lavoratori Telecom e che gestisce i lavori di manutenzione di circa 7 mila tecnici di ditte esterne – “…e trasformarla in una Spa”.

Operazione più semplice a dirsi che a farsi, dal momento che bisognerà prima “…definire la struttura patrimoniale della nuova società, il valore degli asset trasferiti”.

 

Romani aveva anche ribadito la necessità di tutelare gli investimenti nel nostro Paese nel caso in cui la governance passasse in mani spagnole: “quel tipo di governance – aveva detto Romani – potrebbe decidere di fare investimenti in Brasile, Argentina, Spagna e poi forse in Italia”.

Problema che si ripropone ora in tutta la sua evidenza: in un momento in cui l’occupazione è su livelli estremamente bassi, trasferire all’estero la divisione acquisti potrebbe implicare la perdita di migliaia di posti di lavoro nell’indotto.

 

Queste preoccupazioni, non hanno comunque inciso sul titolo Telecom che ha aperto stamani in forte rialzo, anche se poi il rally è stato frenato dalla smentita arrivata da Palazzo Chigi.

Le contrattazioni sono iniziate con un progresso di oltre il 2% e poi hanno allungato il passo, tanto da segnare un +8,7%, attestandosi a 1,175 euro con volumi boom. A metà mattinata, quindi, il titolo segnava un +3,7%, mentre a Madrid le azioni di Telefonica perdevano l’1% attestandosi a 17,15 euro.

 

Visto lo scatto in Borsa, la Consob ha intanto fatto sapere di avere avviato “tutti gli accertamenti del caso”, a cominciare da quelli sull’operatività sul titolo.

La Commissione di controllo sulla Borsa era già intervenuta diverse volte con accertamenti sui movimenti del titolo del gruppo telefonico, in particolare il 5 e il 22 gennaio scorso.

Domani alle 15:00, intanto, si terrà un Question Time alla Camera su Telecom Italia, proposto da Linda Lanzillotta, ex ministro degli Affari regionali e attuale membro della Commissione Affari Costituzionali. Insieme all’ex ministro Paolo Gentiloni e ad altri esponenti dell’opposizione, la Lanzillotta ha presentato un’interrogazione parlamentare a risposta immediata per conoscere la posizione ufficiale dell’esecutivo.

“Mi auguro – ha detto la Lanzillotta – che domani il governo prenda posizione in modo ufficiale sui diversi interrogativi che la vicenda Telecom sta suscitando”. “Telecom Italia è proprietaria di un’infrastruttura strategica per il paese qual’è la rete di telecomunicazioni, ne condiziona lo sviluppo e le condizioni di accesso. Per questo – ha concluso – il governo deve dire al Paese se non ritenga indispensabile intervenire, e come, per evitare il passaggio del controllo della rete a una società straniera”.

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